Lo scorso agosto, uno studio peer-reviewed della prestigiosa rivista medica The Lancet, ha stabilito che il vaccino russo Sputnik ha un efficacia del 91,6 per cento. «Un nuovo vaccino può entrare in campo nella lotta al Covid-19».

Economico e facile da conservare, il vaccino Sputnik è uno dei favoriti dai paesi in via di sviluppo. A decine lo hanno già acquistato e mezza dozzina ha ottenuto licenze per produrlo.

Un vaccino politico

Fin dall’inizio del progetto, però, la politica e la geopolitica si sono messe di mezzo. Sviluppato dall’Istituto Gamaleya di Mosca e finanziato dal fondo sovrano russo, Sputnik è un vaccino di stato, realizzato da enti pubblici e il cui utilizzo nel mondo rappresenta per il governo del presidente russo Vladimir Putin una questione di prestigio.

Anche a causa di questa situazione, Sputnik è finito in mezzo ad ogni sorta di controversia, alcune causate dalla fretta, altre dai condizionamenti politici, altre ancora dagli scontri geopolitici che si combattono dietro le quinte.

Il risultato, è che il giudizio su Sputnik è divenuta una questione politica in Europa e Nord America e la fiducia in un potenziale nuovo alleato nella lotta al Covid-19 ne ha risentito.

Brasile e Slovacchia

L’ultimo guaio per Sputnik è iniziato questa settimana in Brasile, uno dei paesi più colpiti dalla pandemia e che ha grosse difficoltà a ottenere dosi di vaccino sufficienti per la sua popolazione.

Il governo centrale e un consorzio di stati nel nord-est del paese avevano ordinato 47 milioni di dosi di Sputnik, ma lo scorso 27 aprile, il regolatore farmaceutico federale, Anvisa, ha respinto le richieste di importazione, citando mancanza di informazioni sulla sicurezza e la produzione del vaccino. Secondo Anvisa, inoltre, in alcuni campioni di Sputnik sono stati trovati virus in grado di replicarsi, un processo che non dovrebbe verificarsi nel materiale virale presente in un vaccino.

Il fondo sovrano della Russia, che ha sponsorizzato il vaccino e che conduce un’aggressiva campagna di marketing in suo favore, ha commentato la decisione affermando che le autorità brasiliane si sono piegate alle pressioni degli Stati Uniti.

Qualcosa di simile era già accaduto all’inizio del mese, quando le autorità farmaceutiche della Slovacchia hanno dichiarato di non essere in grado di verificare l’efficacia delle 200mila dosi di Sputnik inviate nel paese. Il contenuto dei campioni esaminati, sostengono, non ha le stesse caratteristiche del prodotto presentato nello studio pubblicato da Lancet. Nel paese, la questione del vaccino russo è particolarmente delicata. Pochi giorni prima dell’annuncio, il primo ministro Igor Matovic si era dimesso dopo che era emerso un accordo segreto per l’acquisto di Sputnik.

Fretta e segretezza

Mancanza di trasparenza e una gestione delle procedure di sicurezza subordinata alle esigenze politiche sono tra le principali accuse rivolte al vaccino russo.

L’utilizzo di Sputnik è stato approvato in Russia lo scorso agosto, mesi prima di tutti gli altri vaccini, una decisione affrettata e basata su dati insufficienti, secondo la maggior parte degli esperti. Dopo l’approvazione, un sondaggio in Canada e negli Stati Uniti ha mostrato che meno del 25 per cento della popolazione avrebbe fatto uso del vaccino se ne avesse avuto la possibilità. Anche in Russia, solo il 50 per cento delle persone ha detto di essere disponibile a vaccinarsi con Sputnik.

I dati pubblicati da Lancet hanno tranquillizzato gli scienziati sulla sicurezza del vaccino, almeno in principio, ma la segretezza che avvolge i processi di produzione rende difficile dissipare lo scetticismo.

Gran parte dei paesi che hanno approvato Sputnik lo hanno fatto sulla base di procedure di emergenza che richiedono verifiche minime, mentre nessun regolatore internazionale ha potuto visitare l’Istituto Gamaleya.

Il rapporto tra il regolatore farmaceutico europeo Ema e il governo russo è stato particolarmente complesso e soltanto il prossimo 10 maggio una missione congiunta di esperti europei e dell’Organizzazione mondiale della sanità si recherà in Russia per visitare i laboratori.

Interessi e produzione

Un Europa non manca chi vorrebbe che il vaccino russo divenisse presto disponibile. Il governo tedesco, molto criticato in patria per la lentezza nell’arrivo di vaccini, è stato uno dei più insistenti affinché l’autorizzazione di Sputnik venissero accelerata.

Ci sono poi gli interessi dei produttori. La Russia non è in grado di realizzare grandi quantità di vaccini e il fondo sovrano del paese è alla costante ricerca di nuovi partner con cui associarsi (la produzione così eterogenea del vaccino è un’altra delle ragioni che contribuiscono allo scetticismo nei suoi confronti).

Regioni come il Lazio e la Lombardia, dove hanno sede i principali siti di produzione farmaceutica in Italia, sono state particolarmente insistenti nel cercare di ottenere un via libera alla produzione. Accordi preliminari per utilizzare uno stabilimento in provincia di Monza e Brianza sono stati presi a inizio marzo, mentre all’ospedale Spallanzani di Roma è in corso da circa un mese una sperimentazione sul vaccino.

Da alcune settimane, però, anche in Italia di Sputnik si è quasi smesso di parlare e lo scetticismo sembra aver preso la meglio sull’entusiasmo. La visita degli esperti europei in Russia potrebbe contribuire a una valutazione più trasparente e meno politica di questo vaccino che gli permetta finalmente, come scriveva Lancet tre mesi fa, di diventare un alleato nella battaglia contro il Covid-19.

 

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