Il palazzo del Csm è diventato palazzo Bachelet, perdendo definitivamente il nome di palazzo dei Marescialli, che portava dal 1935 quando era la sede dei marescialli d’Italia.

L’intitolazione della sede del consiglio a Vittorio Bachelet, vicepresidente dal 1976 al 1980 quando venne assassinato dalle Brigate rosse, è avvenuta con una cerimonia a cui ha partecipato e preso la parola anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella, che è anche presidente del Csm.

Il cambio di nome è stato fortemente voluto dal vicepresidente in carica, Fabio Pinelli, e la decisione era stata approvata all’unanimità dal plenum il 7 febbraio scorso.

Alla cerimonia hanno preso la parola Pinelli, l’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia per la commemorazione di Bachelet e il figlio Giovanni Bachelet. A chiudere, l’intervento del Quirinale, che è stato molto legato a Vittorio Bachelet, presidente dell’Azione cattolica di cui sia Mattarella che i suoi fratelli hanno fatto parte.

L’intervento di Mattarella

Le parole di Mattarella per ricordare Bachelet sono suonate come un monito non solo all’attuale Csm ma anche alla politica in generale. Come sempre accade, infatti, gli interventi del Colle hanno carattere generale ma se ne colgono i riferimenti al presente.

«Essere uomo del dialogo è stata fin da subito una caratteristica della sua attività politica e sociale. Il dialogo rappresentava per lui l'essenza della democrazia più che un metodo. La ricerca del confronto non era strada agevole e talvolta da taluno nemmeno apprezzata in una stagione tra le più tormentate e conflittuali della storia repubblicana. In quegli anni drammatici, Vittorio Bachelet esprimeva la convinzione che il rafforzamento delle istituzioni democratiche si realizzasse non attraverso lo scontro ma con scelte quanto più possibile condivise, di piena e coerente attuazione dei princìpi della nostra costituzione», ha detto Mattarella. Un richiamo al dialogo e al confronto e non alla contrapposizione ideologica che è suonato forte in una sala gremita di esponenti del mondo politico, tra cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il presidente del Senato, Ignazio La Russa e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. 

Una parte del suo intervento, invece, ha riguardato direttamente il Csm. Il Colle ha sottolineato la cifra della vicepresidenza di Bachelet: «Bachelet era convinto che nonostante tutte le difficoltà fosse possibile ricomporre le divisioni mettendo da parte gli interessi particolari e recuperando il senso più alto della politica. Per questo l'intitolazione a lui della sede del Csm assume un grande significato: richiamare il valore del suo impegno e seguirne l'insegnamento». Infatti, «Anche con riferimento a questi valori nati dalla figura di Bachelet, il Csm è chiamato all'impegno di contribuire ad assicurare la massima credibilità alla magistratura, con decisioni sempre assunte con senso delle istituzioni. I nostri concittadini chiedono una giustizia trasparente ed efficiente».

Il riferimento è stato diretto a tutti i consiglieri in carica, oltre che al vicepresidente Pinelli: «I valori della collaborazione e della lealtà istituzionale erano evidenti nel suo stile di ascolto e nella sua visione autenticamente aperta al confronto, al punto di vista altrui. Di questo costituisce, in qualche modo, testimonianza anche la votazione che lo portò alla vicepresidenza del Csm. Bachelet prevalse per un solo voto su Giovanni Conso ma l'amicizia e la stima tra queste due personalità era alta e tale rimase. In quel momento della storia repubblicana -ha ricordato il Capo dello Stato- fu un segno di unità perché, senza rinunciare alle proprie convinzioni, il loro inalterato rapporto assunse un valore cruciale per la salvaguardia di questa istituzione, per il suo funzionamento, la sua credibilità. Con questo spirito, Vittorio Bachelet ha guidato l'organo di governo autonomo della magistratura, coniugando fermezza di principi e disponibilità al dialogo nella ricerca di convergenza tra prospettive diverse».

Infatti, «nella sua azione era guidato dalla convinzione che, nonostante tutte le difficoltà, fosse possibile ricomporre le divisioni, mettendo da parte gli interessi particolari e recuperando così il senso più alto della politica al servizio delle Istituzioni».

Mattarella ha anche ricordato il compito costituzionale del Csm: «Dare concretezza all'indipendenza della giurisdizione, come valore irrinunciabile della nostra democrazia. Proprio per questo, il ruolo che si assume quali componenti del Consiglio rappresenta una funzione di garanzia e, in ogni momento, di grande responsabilità per l'equilibrio fra i poteri costituzionali. I componenti del Csm si distinguono soltanto per la loro provenienza. Hanno le medesime responsabilità nella gestione della complessa attività consiliare e sono chiamati a svolgere il loro mandato senza doversi preoccupare di ricercare consenso per sé o per altri soggetti. Laici e togati interpretano, con doverosa piena indipendenza da ogni vincolo, un ruolo fondamentale nel funzionamento del nostro sistema, sempre seguendo, quindi, il dettato costituzionale». Del resto, «la composizione delle diversità non si realizza ricorrendo a logiche di scambio, che assicurano l'interesse di singoli o di gruppi. Un metodo del genere rappresenterebbe la negazione del pluralismo democratico, che ispira le nostre istituzioni repubblicane e che Vittorio Bachelet ha sempre promosso».

Parole che sono risuonate forti in un consiglio che si è spesso diviso davanti alle ultime scelte importanti, dalla nomina del segretario generale approvato non all’unanimità, sino alle polemiche per la scelta dei componenti della Scuola superiore della magistratura.

Il ricordo di Bachelet

Il vicepresidente Pinelli, nel suo intervento, ricordato che Bachelet «stava concentrando il suo impegno di vice presidente per orientare l'azione del Consiglio superiore della magistratura non solo a porre rimedio alle disfunzioni della giustizia, ma soprattutto per dare impulso all'adeguamento dell'ordinamento giudiziario ai principi costituzionali e alle esigenze della società». E rispetto al presente ha detto che «Sappiamo che le cause di questo momento drammatico, le cause del malessere, delle disfunzioni della giustizia non sono solo le cause relative a procedure o a carenze di strutture giudiziarie ma sono cause anche assai più generali, delle quali ciascuno di noi non può non tener conto; ma sappiamo anche che il nostro compito principale in questa sede è di venire incontro per la nostra parte a questa situazione: garantendo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e dei singoli giudici in un momento in cui l'amministrazione della giustizia è diventato un compito di prima linea, e creando, nonostante tutto, in questa situazione le condizioni per il buon andamento della Giustizia. Mi pare che questo ci richieda di pensare a rimedi assai concreti con i quali le disfunzioni esistenti possono essere sanate, ma ci richieda anche di essere capaci di dare il doveroso impulso a quell'adeguamento dell'ordinamento giudiziario ai principi costituzionali e alle esigenze della società».

Pinelli ha poi sottolineato l’importanza del ruolo di guida del Colle, che rappresenta appunto il culmine ma anche il punto di equilibrio per gli organi di rango costituzionali. Alla saggezza istituzionale del Quirinale «il Vice Presidente ed il Consiglio Superiore tutto intendono oggi tributare, in questa solenne e commossa occasione, il più deferente segno di riconoscenza; ad essa faranno sempre fidente appello nel comune impegno per la coesione del Csm. La garanzia dell'equilibrio dei poteri, riassunta nella figura del Presidente della Repubblica, è la condizione per preservare l'unità della comunità nazionale nel suo divenire nel tempo. Anche a questo risponde il principio della separazione dei poteri e quello di autonomia e indipendenza della Magistratura. L'equilibrio dei poteri, senza sovrapposizioni non contemplate nel disegno costituzionale, fa sì che le comunità non solo siano ordinate, ma soprattutto possano tendere ad essere autenticamente in pace vivificando i principi costituzionali di democrazia e libertà».

Ha infine fatto un accenno molto chiaro al presente, parlando dell’etica del magistrato, «il quale deve sempre adeguare i propri comportamenti al precetto dell’art. 54 della Costituzione. In questo senso – come ci indica l’esempio di Bachelet uomo delle Istituzioni – ogni magistrato deve sentire il compito di custodire, nell’esercizio quotidiano della funzione, la fiducia dei cittadini nella Giustizia. Equilibrio, sobrietà di comportamenti dentro e fuori le aule di giustizia, prudenza e rigore nell’interpretazione della legge, capacità professionale sempre sorvegliata ed arricchita, sono i tratti irrinunciabili del magistrato di oggi e di domani, il corredo delle modalità di un esercizio corretto della funzione».

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