Mentre la commissione Giustizia al Senato ha definitivamente licenziato il ddl Nordio che contiene l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, il Guardasigilli Carlo Nordio ha delineato lo stato dell’amministrazione della giustizia alla Camera.

Quella del ministro è stato un ribadire e un tenere duro su alcuni punti, anche controversi all’interno della maggioranza, soprattutto sul tema delle intercettazioni. Nordio, infatti, ha spiegato che «tra le spese di giustizia, una parte molto significativa è costituita dalle intercettazioni. Dico subito che non saranno mai toccate le intercettazioni che riguardano criminalità organizzata, terrorismo e i reati di grande allarme sociale, ma una razionalizzazione della spesa è necessaria».

In particolare, ha spiegato, «un decreto ministeriale ha individuato le prestazioni funzionali alle operazioni di intercettazione e per la determinazione delle relative tariffe», per evitare che ogni procura pagasse cifre diverse per il servizio. Il decreto è entrato in vigore nel 2023 e prevede l'adozione di un tariffario unico, valido per tutti gli uffici giudiziari che rende i compensi obbligatori e vincolanti.

Non solo, però. Il ministro ha ribadito la sua storica posizione: le intercettazioni sono «strumento indispensabile» per le indagini su reati gravi, evidenzia il ministro, ma se ne fa «un uso eccessivo, sproporzionato nel numero e nei costi rispetto ai risultati, e la loro spesa sfugge al controllo». Poi ha aggiunto, con riferimento alla norma contenuta nel ddl Nordio, che tutela la privacy del terzo non indagato ma finito nelle intercettazioni, «siamo intervenuti al minimo sindacale, sulla tutela del terzo. Mi pare sia una norma minima di civiltà».

Le spese 

Proprio sulle spese, Nordio ha sottolineato che «occorre una forte razionalizzazione», che verrà attuata attraverso un monitoraggio: «Ci sono vincoli Ue sulla gestione delle risorse e li dobbiamo rispettare, scelte che possono sembrare addirittura provocatorie ma che sono dettate da una frase ormai abusata “ce lo chiede l'Europa”».

Il ministro ha anche offerto nuovi dati sullo stato di avanzamento verso gli obiettivi del Pnrr, che nel settore giustizia sono molto ambiziosi. «C'è stata una significativa riduzione della durata dei processi, pari al -19% nel settore civile e al -29% nel penale. Decisa è stata in particolare la riduzione registrata in quest'ultimo anno del penale, siamo al -17% rispetto al 2022», e «la durata media di un processo penale in tutte le sue fasi è scesa sotto la soglia dei 1000 giorni. Saranno sempre tanti ma è sempre molto meglio della lunghezza biblica che connotava il nostro processo penale nei periodi precedenti», ha aggiunto. Eppure, proprio l’approvazione di ieri al Senato della nuova modifica della prescrizione per come introdotta nel 2022 dalla riforma Cartabia rischia di far tornare ad un allungamento dei tempi dei processi penali. 

Nordio ha anche spiegato che, insieme al ministro Raffaele Fitto, i vincoli europei sono stati rimodulati e «vedremo nel proseguo dell'anno una maggiore efficienza della giustizia, una migliore distribuzione delle risorse, una migliore razionalizzazione della spesa».

L’abuso d’ufficio

Ottenuto il via libera a palazzo Madama al suo ddl che prevede l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, Nordio ha ribadito come, a suo modo di vedere, «abolirlo era l'unica soluzione».

Il ministro ha rispedito al mittente ogni preoccupazione sia sull’indebolimento della lotta alla corruzione che sui vincoli europei traditi (rischio paventato anche dal Quirinale al momento del via libera in cdm del testo).

«Nessun contrasto» con le norme Ue, ha ribadito, perché l’Europa «non chiede l'abuso d'ufficio ma di incentivare al massimo la lotta alla corruzione» e «il nostro Paese figurava, in una classifica internazionale, tra gli ultimi posti in termini di affidabilità sulla corruzione. Ma la valutazione riguardava un criterio sbagliato. Abbiamo spiegato che i criteri di corruzione percepita non corrispondono affatto a quella reale, l'Italia risalirà nella graduatoria internazionale proprio perché abbiamo detto che i parametri sono sbagliati», è stato il ragionamento.

Inoltre, «l’intero sistema dei reati contro la pubblica amministrazione è un sistema obsoleto, l'esempio più eclatante è quello dell'abuso d'ufficio che è stato cambiato negli ultimi anni quattro, cinque o sei volte senza raggiungere risultati. Se fai dei cambiamenti in maniera settoriale non risolvi nulla, tanto che alla fine si è ritenuto di eliminarlo perché non c'era verso di modificarlo in altro modo. È un reato evanescente e l'unica soluzione era abolirlo», ha spiegato, e nelle sue parole risuona anche l’eco dell’accordo con Giulia Bongiorno della Lega, che in cambio del si all’abrogazione dell’abuso d’ufficio aveva però chiesto una revisione dell’intero sistema per riempire le lacune che così si formeranno.

Respinte anche le critiche sull’utilità del reato come spia di situazioni più gravi: «Questa stravaganza giuridica non meriterebbe nemmeno di essere presa in considerazione, dire che è un reato spia è un'astrazione dogmatica che rischia di essere pericoloso. Il reato ha in se stesso la sua giustificazione, si contempla da sé, non serve come garanzia per perseguire un altro reato, confligge con il buon senso: o c'è o non c'è».

Separazione delle carriere

«La separazione delle carriere fa parte del nostro programma, è un impegno che abbiamo preso con i nostri elettori, lo faremo e non andremo alla calende greche», ha detto Nordio, visto che il tema è momentaneamente uscito dal dibattito. Ma, ha aggiunto, «se si vuol fare con un minimo sindacale la riforma si può fare, ci ha già provato la mia precedente collega Cartabia», ha detto riferendosi ai vincoli posti dalla riforma Cartabia, con la possibilità di un solo passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, «se vogliamo farla seriamente occorre una riforma costituzionale».

Infine ha concluso: «Conferire questi poteri immensi al pubblico ministero come capo della polizia giudiziaria mantenendo i poteri che ha, senza essere controllato, è un pericolo. E infatti abbiamo visto dove siamo arrivati».

Carcere

Con la crescita esponenziale del numero di detenuti e del sovraffollamento, arrivato al 127 per cento per 60mila unità, il ministro è tornato anche con il suo cavallo di battaglia per risolvere almeno parzialmente il problema: utilizzare le caserme dismesse per aumentare i posti.

«Costruire nuove carceri è difficilissimo per i vincoli idrogeologici, urbanistici, per i vincoli ambientali» e «l'unica possibilità che abbiamo è quella di avvalersi di strutture già esistenti e che siano compatibili con la struttura di un carcere», dove detenere soprattutto condannati per reati minori. «Un carcere che abbia ampi spazi - ha aggiunto Nordio - consente le due due forme essenziali della rieducazione previste dalla Costituzione: il lavoro e l'attività sportiva», ha concluso. Eppure, pur dicendolo ormai da mesi, novità significative in questa direzione ancora non ci sono state.

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