Un arresto clamoroso, avvenuto dopo trentanni di latitanza, il 16 gennaio 2023, quasi in concomitanza con un altro importante anniversario – la cattura di Totò Riina per mano dei carabinieri del Ros di Palermo, il 15 gennaio 1993. Una coincidenza di date, sicuramente, la fine della carriera criminale di Matteo Messina Denaro. Lui, il boss invisibile, l'ultimo dei “corleonesi” della stagione stragista, scortato fuori da una clinica oncologica senza le manette ai polsi, come un criminale che si è arreso. È l'immagine che diventa un'icona. Ma quest’ultimo Matteo Messina Denaro conosciuto attraverso i giornali, morbosamente attenti ai suoi gossip amorosi e al design interno del suo covo a Campobello di Mazara, non è quello emerso in anni di inchieste e indagini della magistratura. Per capire quello di cui parliamo, basta leggere l'ultimo libro di Giacomo Di Girolamo e Nello Trocchia, “Una vita tranquilla. Latitanza e cattura, verità e misteri di Matteo Messina Denaro”, pubblicato da Zolfo Editore.

Giacomo, come si evolve il tuo approccio alla figura di Matteo Messina Denaro nei tuoi tre libri dedicati a questo importante boss di Cosa Nostra?

Facendo il giornalista, ci si deve occupare di quello che si ha accanto ed io da quando ero giovane, ho capito di avere davanti un’importante storia criminale, quella di Messina Denaro e della mafia della mia zona. Ho cominciato così ad occuparmi di Cosa Nostra e sono arrivato alla fine ad avere un patrimonio di conoscenza di storie, di fatti, di personaggi su cui non potevo non scrivere un libro: il primo, “L'invisibile”, che è la biografia di Messina Denaro ma anche un romanzo criminale del territorio.

Sulla ricerca di Messina Denaro all'inizio eravamo in pochissimi ad occuparcene; poi un po’ di più e ad un certo punto ci siamo trovati in tantissimi su questo personaggio. Devo dire che con gli anni il mio interesse è cambiato: mi sono sempre preoccupato non tanto del boss imprendibile che è diventato per molti anche un alibi, ma delle sue connessioni criminali, quelle che ancora oggi mi interessano di più e per le quali poi ho avuto sempre più problemi: minacce, intimidazioni, querele. D’altronde quando tocchi con mano le connessioni della mafia con il resto del mondo, la capisci di aver toccato dei fili elettrici.

A questo punto più che inseguire il fuggitivo che era diventato lo sport nazionale, ho preferito raccontare qualcosa di più profondo, proprio come a voler mettere le mani nelle viscere del male. Così è nata l'idea di fare un libro al quale sono molto legato, che è “Matteo va alla guerra”; è il tentativo di raccontare i primi anni Novanta, quelli delle stragi di mafia, visti dalla parte della mafia. Non per una questione di empatia p di comprensione ma per comprendere e chiarire le dinamiche dentro l'organizzazione mafiosa e l'ascesa criminale dello stesso Messina Denaro. Proprio in quel periodo, fermo la mia rubrica in radio, “Dove sei, Matteo?”, che avevo iniziato nel 2009. Coincidenza vuole che l'abbia terminata proprio qualche settimana prima della cattura di Messina Denaro. Non la volevo portare avanti, perché volevo raccontare quello che è girato attorno a lui. Ovviamente dopo la sua cattura, sono stato assorbito come tanti dal racconto quotidiano di quella che è stata a tutti gli effetti una delle notizie dell'anno. Poi ho approfittato che tutto fosse scemato - l’Italia è quel paese in cui ogni storia dura tre giorni, nel suo caso un po’ di più - e dopo la sua morte, quando ho visto che le storie di mafia erano tornate a non fare più notizia, mi sono detto che era il caso di tornare ad occuparmi di questa storia per l'ultima volta. Così è nato “Una vita tranquilla”, scritto e firmato insieme a Nello Trocchia. E in questo libro non solo raccontiamo com’è stata la sua latitanza, ma anche la storia della sua cattura e della sua morte.

In questo nuovo libro, oltre ad approfondire la figura di Messina Denaro, insieme a Nello Trocchia raccontate la fine della sua lunga latitanza. Ci sono secondo te dei punti che resteranno sempre irrisolti?

Per quanto è stato scritto e proposto, non abbiamo assolutamente elementi per dire che non sia andata così. Eppure siccome noi siamo giornalisti, noi non coltiviamo certezze ma abbiamo granitici dubbi per cui è anche giusto avere rispetto alla vulgata monocorde che tende ad esaltare più la coreografia dell'operazione e la bontà dei gesti che addentrarsi nelle cose. Noi non sapremo mai non tanto la verità sulla cattura di Messina Denaro - perché la verità è quella che viene proposta, senza altri elementi che la possano mettere in discussione - quanto cosa passasse nella testa del boss. Non c’è stata una trattativa – e guai a dire il contrario senza elementi di fatto, per puro complottismo - ma la sensazione, mettendo insieme i pezzi, esercizio che ognuno di noi dovrebbe fare rispetto a una scena criminis - è che Matteo Messina Denaro abbia voluto fare per l’ultima volta un gioco di prestigio: come il padre si era fatto trovare già morto pronto per il funerale, lui, Matteo, ha sublimato il tutto, si è goduto lo spettacolo degli altri che iniziavano a fargli il funerale.

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