Due milioni di persone in Italia hanno una malattia rara in Italia. Sono circa 8.000 le patologie accertate. E il 15 per cento dei pazienti è costretto alla mobilità. Ecco perché è necessario assolutamente imprimere un’accelerazione alla messa a terra del uovo Piano malattie rare, puntando sulla tempestività della diagnosi e sulla omogeneità delle cure e dei servizi sul territorio nazionale.

Uniamo le nostre forze e usiamole bene per completare un percorso durato tre anni che ci ha condotti alla redazione del nuovo Piano nazionale malattie rare, uno strumento essenziale per offrire il necessario supporto ai pazienti e alle loro famiglie e soprattutto per colmare, o quanto meno attenuare, il gap da sempre esistente tra il nord e il sud del nostro paese. Tocca ora alle regioni, entro la fine di questo mese, recepire formalmente il Piano e revisionare la propria rete, individuando così i centri di eccellenza, di riferimento e di coordinamento.

L’impegno delle regioni

Le regioni hanno lavorato molto fin dall’emanazione del Dm 279/2001, costruendo le reti regionali che nel loro insieme formano la rete nazionale; con l’arrivo delle Ern (Reti europee di riferimento) l’offerta si è ulteriormente ampliata con gli Healthcare Provider che hanno passato la selezione europea. Lo sforzo che chiede il Piano nazionale è quello di collegarsi ulteriormente con i servizi territoriali, dando anche la valutazione del danno evolutivo che fungerà da raccordo con le commissioni Inps.

Inoltre tutti gli attori di sistema dovranno migliorare i percorsi e i processi, in modo da assicurare una diagnosi precoce, una presa in carico davvero olistica, la disponibilità omogenea dei trattamenti (farmacologici e non) e sviluppare, ottimizzare, efficientare la ricerca, anche con sinergie con il privato.

Alcuni dei punti del piano, come l’accordo sui farmaci di fascia C e gli integratori alimentari, da inserire nei Lea; o la lista delle prestazioni di abilitazione e riabilitazione, anche queste da garantire dappertutto con gli stessi criteri, sono obiettivi sfidanti ma che potranno cambiare in maniera sensibile la qualità di vita delle persone con malattia rara.

Tutti i punti del Piano sono stati basati sui bisogni effettivi delle persone rare e tendono a risolvere criticità che sono state rilevate nel corso degli anni. Alcuni obiettivi e azioni tendono a far si che le differenze di velocità (di approvazione di farmaci nei prontuari, di accesso alla diagnosi, di prestazioni esigibili) possano essere colmate.

Le priorità

Migliorare la qualità di vita delle persone affette da malattie rare e dei caregivers è la mission di Uniamo, che da oltre venti anni federa le associazioni di persone con malattie rare in Italia. Siamo sempre stati convinti che sarebbe stato possibile raggiungere questo obiettivo solo attraverso una esplicita e duratura sinergia tre le istituzioni, governative e locali, le altre associazioni di pazienti, i professionisti e gli esperti della salute e il comparto farmaceutico. Un esempio lo abbiamo avuto al ministero della Salute nel nostro recente incontro “Il nuovo Piano Nazionale Malattie Rare: una sfida al centro del futuro in Italia”, organizzato da Maim e promosso anche grazie al contributo non vincolante di Msd. Un evento che ci è servito per fare il punto della situazione e per esprimere le nostre priorità rispetto alla concreta attuazione del piano.

In questi anni ho capito che siamo diventati una squadra, con la stessa sensibilità e i medesimi intenti, un team rodato dove ognuno ricopre un ruolo sempre utile e un compito spesso propedeutico per facilitare il percorso che circa il 3 per cento degli italiani deve affrontare: prima la diagnosi, poi la cura e i trattamenti, e infine la convivenza con una patologia non di rado poco conosciuta e riconoscibile.

Perché, non dimentichiamolo mai, una parte delle persone che scoprono di avere una malattia rara hanno l’obbligo non solo di accettarla, ma anche di imparare a dividere spazi e tempi della propria vita con essa. Come avere un ospite a casa.

Dunque, uniamo le forze di tutti perché le malattie rare siano davvero un tema nazionale. Perché la capienza del fondo a disposizione possa presto aumentare, e perché finalmente i pazienti non si sentano soli e ancor più vulnerabili, ma parte integrante del team. Uniamoci e facciamo squadra.

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