Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ha una strana idea dell’informazione. Secondo lui, tutto quanto c’è da sapere sta nella rassegna della stampa locale e negli atti ufficiali del comune. Chi scrive qualcosa di diverso, compie un illegittimo attacco politico. Al quale, in un ragionamento non molto consequenziale, si risponde per via giudiziaria, con la minaccia di azioni di risarcimento danni che sono lo strumento preferito di chi ha visibilità pubblica per replicare ai giornalisti.

Le inchieste di Domani, in particolare gli articoli di Giovanna Faggionato sui conflitti di interesse del sindaco, hanno suscitato molte reazioni a Venezia e generato alcune interrogazioni parlamentari. Brugnaro ha l’ambizione di diventare un politico di livello nazionale, con il suo partito Coraggio Italia, ma se un quotidiano nazionale si occupa di lui ecco che scatta la rappresaglia.

Un consiglio comunale straordinario dedicato proprio agli intrecci tra l’attività privata dell’imprenditore Brugnaro con quella del sindaco Brugnaro si è trasformato in un’arringa contro Domani e le nostre inchieste: “L’avvocato sta quantificando la richiesta danni che sarà ingente, il risarcimento sarà devoluto in beneficenza per attività rivolte alle giovani generazioni”. 

Già dopo il primo articolo, a inizio settembre, Brugnaro aveva perso il controllo via Twitter: «Una pagina vergognosa di un giornalismo meschino, ridicolo, offensivo, che prova a intimidire un potenziale avversario politico. Forse è il prezzo che una persona onesta deve pagare per provare a cambiare il paese”. In consiglio comunale ha parlato di “qualche articolo malamente scritto da Roma».

Lesa maestà

Nel suo monologo in una sede istituzionale, Brugnaro contesta il reato di lesa maestà: non si può mettere in discussione nulla di chi amministra la città di Venezia come «un buon padre di famiglia». C’è solo un piccolo dettaglio: che ci fosse una questione di conflitti di interessi lo ha riconosciuto lo stesso Brugnaro, che al momento di entrare in politica ha costruito un blind trust per separare le sue attività imprenditoriali dal ruolo pubblico. Il blind trust detiene, tra l’altro, la quota di controllo della sua società Umana (lavoro interinale) e altre aziende.

Un blind trust, per essere davvero blind, cioè cieco, dovrebbe avere manager indipendenti che si occupano solo di amministrare i beni conferiti al meglio, senza collegamenti con l’azionista originario, altrimenti è perso lo scopo di tutta quell’architettura giuridica. Come ha ricostruito Giovanna Faggionato, invece, il blind trust è gestito dagli storici manager di Brugnaro.

Ammettiamo pure che il trust sia comunque almeno miope, che gli amministratori abbiano cancellato perfino il numero di telefono di Brugnaro dalla rubrica. Resta il problema che Brugnaro sa perfettamente cosa è contenuto dal trust LB Holding e quale effetto le scelte da sindaco possano avere. Il bilancio 2020 di LB Holding, per esempio, rivela che un terreno acquistato da Brugnaro nel 2006 per cinque milioni di euro oggi ne vale 70,3. Si tratta proprio dello stesso terreno su cui, nell’ambito del nuovo piano della mobilità sostenibile Venezia 2030, il comune ha deciso di far arrivare i turisti diretti in città.

Brugnaro dedica gran parte del suo intervento in consiglio comunale a parlare di questa “area Pili”, per discolparsi, ma così facendo conferma il conflitto di interessi nei fatti: da sindaco ha perfettamente chiaro l’impatto che le sue scelte possono avere sui beni contenuti nel trust. E questo non c’è dichiarazione o minaccia che possa cambiarlo (certo, il trust potrebbe vendere il terreno ma ovviamente non lo fa). “Non può essere messo in dubbio da un quotidiano che il blind trust sia efficace”, dice Brugnaro.

Un po’ comodo così, no? Basta creare un trust, di qualunque genere, e poi nessuno può più dire nulla. Uno schermo perfetto: nella versione di Brugnaro, basta riconoscere il conflitto di interessi, ostentarlo costruendo il blind trust, per farlo scomparire. E poi minacciare chi osa occuparsi della cosa.

Comunque, Brugnaro ha tutto il diritto di attivare gli avvocati se si sente diffamato. Noi abbiamo quello di continuare a scrivere. Finora, ogni volta che abbiamo cercato di avere la sua versione ha preferito non darcela per poi attaccarci via Twitter o su Facebook. Noi siamo sempre pronti al confronto, magari anche a un bel dibattito a Venezia sui suoi conflitti di interesse. Lui ha comunque il diritto di sottrarsi e nascondersi dietro ai suoi avvocati. Ma non siamo certo noi a temere una discussione nel merito.

© Riproduzione riservata