Come il proverbiale orologio rotto, anche se con minore frequenza di due volte al giorno, anche al ministro e cognato d’Italia Francesco Lollobrigida capita ogni tanto di avere ragione. La ha, in particolare, per quanto riguarda il diverso significato che diverse persone possono dare al termine Antifascismo. Per molti (me incluso) il significato è univoco e universale, e cioè indica l’opposizione incondizionata a tutto ciò che riguarda il fascismo: le basi ideologiche così come la loro applicazione, tanto in Italia (dal 1922 al 1943) quanto altrove, tanto nel passato quanto nel presente.

Ma per i militanti della destra più o meno costituzionale, dal Secondo dopoguerra e in particolare dagli anni Settanta l’antifascismo è anche il pensiero che ha spinto alcuni a usare violenza e perfino uccidere alcuni dei loro camerati e comilitanti. E se identificarsi con chi aborre il Ventennio, quando costoro non erano nemmeno nati, con un po’ di sforzo si può pur fare, rinnegare la propria storia e “tradire” gli amici è comprensibilmente più difficile. E, anche, politicamente più costoso. Per quanto però questo si possa anche comprendere, è tuttavia difficile fugare il sospetto che almeno in parte si tratti di una buona scusa per non fare i conti, invece, proprio con il Ventennio.

Ed è proprio questo, invece, il fantasma che, come ha detto Antonio Scurati, non deve più «infestare la casa della democrazia italiana», e quindi su cui una parola chiara da parte della destra al governo, tutta, nessuno escluso, è necessaria e urgente. Basterebbe un sì alla domanda se si sia d’accordo con le considerazioni che seguono, e che rappresentano la verità storica e la base politica e sociale della Repubblica.

Il regime guidato da Benito Mussolini ha realizzato le idee, teorie e visione del mondo che il fascismo promuoveva. Il fascismo è una ideologia che promuove violenza, terrore, discriminazione, razzismo e sopraffazione. Che immagina una società gerarchica e segregata in cui il forte domina sul debole: il dittatore sui cittadini, il padrone sul lavoratore, l’uomo sulla donna, il bianco sul non bianco, l’italiano sullo straniero, il cristiano su chi professa altra (o nessuna) religione. Benito Mussolini ha tradotto questa visione in pratica politica e di governo per oltre vent’anni. La crescente vicinanza alla Germania nazista e ad Adolf Hitler, a partire dalla fine degli anni Trenta, ha reso Mussolini complice di due delle più grandi atrocità della storia: il progetto di sterminio sistematico e finale degli ebrei e di altri gruppi “inferiori” (Rom, Sinti, disabili, omosessuali) e la Seconda guerra mondiale. Benito Mussolini è stato uno dei peggiori criminali del Ventesimo secolo, e il regime fascista rappresenta per l’Italia il male assoluto. Onorare la Repubblica e la Costituzione significa ripudiare, espressamente e incondizionatamente, questa ideologia e quell’esperienza.

Sottoscriverebbero, i nostri governanti, queste parole? Le risposte possibili sono solo due, una sillaba ciascuna; tertium non datur. Basta un sì, e ogni ambiguità residua sarebbe risolta. Sarebbe risolta anche con un no, a dire il vero. Ma a quel punto la natura di questo governo sarebbe pericolosamente chiara.

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