Le elezioni sembrano già decise. In fondo è come se, in una partita a scacchi, il nero (che in questo caso non è il nero) giocasse senza gli alfieri e i cavalli.

Certo, tutto sarebbe stato diverso se ci si fosse impegnati, sin dalla nascita del governo Draghi, per cambiare la legge elettorale in senso proporzionale, come peraltro era negli accordi che il Pd di allora aveva preso con i Cinque stelle e anche con Italia Viva, al tempo del referendum sul taglio dei parlamentari.

Ma sarebbe stato diverso anche se, non cambiando la legge elettorale, si fosse almeno perseguita una strategia di alleanze coerente con l’impianto maggioritario.

Ma in queste settimane, fra l’etica della responsabilità e l’etica dei principi, i leader del fu campo largo hanno scelto la seconda sulla prima (e questo nell’interpretazione più benevola).

Ciò non toglie che la partita debba essere giocata. Spetta adesso a tutti i cittadini e le forze della società civile, che credono negli ideali democratici e progressisti, mobilitarsi per contenere la vittoria delle destre. Con questi schieramenti. E questi candidati.

Magari ricordandoci, almeno noi cittadini dopo che non l’hanno fatto i nostri leader, dell’etica della responsabilità (che insomma non è proprio il voto utile, ma ci si avvicina): illusorio aspettare l’arrivo del candidato, della coalizione o del programma perfetto. Diffidare da chi propone la purezza.

Ma affinché questa mobilitazione riesca, l’etica della responsabilità non può bastare. Alla base deve esservi un’idea dell’Italia e della società, in positivo. Senza questa idea di fondo, perfino la discussione su proposte specifiche, condivisibili o meno, non servirà a molto: non sarà dibattendo su singoli punti che il Pd recupererà lo svantaggio, se questi non sono tenuti insieme da una tela comune.

Questa tela comune è l’Europa. L’alternativa fra europeismo e sovranismo, con tutto ciò che comporta, è la vera posta in gioco di queste elezioni. Per questo occorre innanzitutto mettere in chiaro una cosa: negli anni a venire, in un mondo sempre più  conflittuale e incerto, l’unico modo per fare l’interesse nazionale è partecipare pienamente al grande progetto europeo, in tutti i suoi aspetti; inseguire le miopie e la retorica «sovranista» delle piccole patrie è invece il contrario dell’interesse nazionale.

L’Italia è forte, e anche più sovrana in verità (meno alla mercé dei giganti mondiali, politici ed economici), solo se tutta l’Europa è forte e coesa; come peraltro gli italiani hanno cominciato a capire bene durante la pandemia, grazie al Recovery.

Un’Europa forte è anche la migliore garanzia di diritti e libertà per il nostro paese: diritti civili, ma anche sociali (si pensi di recente alla direttiva europea sul salario minimo) e ambientali. L’Europa è, e deve essere, lo spartiacque di queste elezioni.

© Riproduzione riservata