- È possibile conciliare la scelta di un ministro competente con l’assenza di conflitti di interesse?
- Ritengo che non sia possibile.
- E allora, vogliamo sfatare del tutto il mito del tecnico e rivalutare il ruolo del politico alla testa di un ministero?
Il tema del conflitto di interessi sta esplodendo nuovamente e abbiamo l’obbligo di rifletterci con serietà, data l’importanza che esso assume nelle vicende politiche e i riflessi che ha sull’ordinamento giuridico. Sempre con più frequenza ci troviamo di fronte a casi che suscitano perplessità e alcune delle personalità che figurano nell’attuale governo, come Guido Crosetto alla Difesa, stanno facendo molto discutere proprio per il loro coinvolgimento personale negli ambiti in cui ricoprono la carica di ministro.
La radice del problema, tuttavia, chiama in causa luoghi comuni infondati, come quello relativo al ruolo degli esperti, o tecnici, nelle funzioni politiche. Si invoca di continuo la necessità di avere competenti tra i ministri e, addirittura, tra i parlamentari ma, con altrettanta frequenza, si lamentano i conflitti di interesse.
L’attività politica è composta da due aspetti assai diversi tra loro: voluntas e ratio. La prima, la volontà, fa riferimento alla rappresentanza di interessi, di bisogni, di fasce sociali, di ideologie intese come visioni del mondo, filosofie che animano l’azione politica e la indirizzano verso la realizzazione di modelli di società diversi tra loro.
La razionalità fa invece riferimento alle capacità tecniche di realizzare scelte e cambiamenti che siano conformi alle diverse visioni del mondo e ai valori che ciascuno ritiene prioritari. L’impiego di tecnici, competenti, in ruoli politici esecutivi, quale quello di un ministero, offusca la prima delle componenti, la voluntas, e predilige la ratio.
Ma qualsiasi razionalità deve essere a servizio di una visione politica specifica ed è sempre portatrice implicita di valori.
Un bravo ministro politico saprà avvalersi di tecnici capaci, guidandoli nella ricerca di soluzioni che attuino le sue scelte politiche. Il ministro competente, invece, proviene necessariamente da un contesto in cui ha maturato interessi, relazioni, visioni soggettive. Abbiamo avuto ministri della sanità medici che hanno teso ad avvantaggiare strutture e istituti di cui sono stati parte.
È ancora vivo il ricordo di Francesco De Lorenzo, medico, ministro della Salute fino al 1993, condannato a cinque anni di reclusione per corruzione e associazione a delinquere, e di Girolamo Sirchia, ministro tecnico del secondo governo Berlusconi che ebbe una condanna di pochi mesi solo grazie alla prescrizione.
Un insegnante al ministero dell'istruzione sarà in grado di migliorare la scuola o tenderà a occuparsi solo dei docenti? Si diceva una volta che un militare come ministro della difesa rischia di divenire il ministro della guerra. È possibile conciliare la scelta di un ministro competente con l’assenza di conflitti di interesse? Ritengo che non sia possibile.
E allora, vogliamo sfatare del tutto il mito del tecnico e rivalutare il ruolo del politico alla testa di un ministero Non c’è altra possibilità. La politica deve assumersi le proprie responsabilità e non rinunciare al proprio ruolo di portatrice di valori e visioni politiche.
La buona politica saprà contemperare interessi diversi e utilizzare tecnici ed esperti guidandoli verso la realizzazione delle misure necessarie al raggiungimento del proprio progetto di società. Senza rivalutare il ruolo della politica e pretenderlo nelle posizioni apicali, così come la democrazia vorrebbe, non si verrà a capo della tormentosa questione del conflitto di interessi. Vogliamo ministri competenti o politici di valore che sappiano utilizzare esperti capaci?
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