Dopo un anno di governo è tempo di bilanci anche per le politiche culturali. E proprio di bilancio si tratta se guardiamo ai tagli, ingenti, e allo smantellamento di interi pezzi di politiche culturali con l’obiettivo non nascosto di fare cassa, ottenere risparmi e spostare parte delle risorse in discutibili capitoli di “investimento” molto legati a quelli che sembrano essere i progetti del Ministro per il suo prossimo futuro.

Ma andiamo per gradi. C’è stato, per prima cosa, da parte dell’attuale inquilino del Collegio Romano un atteggiamento che potremmo definire iconoclasta, ovvero la “defranceschinizzazione” del Ministero della Cultura. Tutto ciò che si attribuisce all’ex ministro viene ideologicamente cancellato. Un’ossessione oltre che un approccio dannoso in sé e, ancor di più, se pensiamo che a molte misure si era arrivati in modo bipartisan. Ci sono stati poi i veri e propri disastri su 18 App (strumento apprezzato e fruito dai diretti destinatari sostituita da una carta del merito i cui destini si sono smarriti) e sull’indennità di discontinuità per i lavoratori del mondo della cultura, la cui misura attuativa è ora all’esame delle Camere.

C’è stata la norma Fuortes – clamorosamente smentita per via giudiziaria – sul pensionamento dei direttori delle fondazioni lirico-sinfoniche, seguita dall’occupazione del Centro Sperimentale di cinematografia per decreto e l’integrale revisione della struttura del ministero della cultura con il Pnrr da attuare.

Senza dimenticare la totale assenza dal Def e dalla successiva Nadef di previsioni o interventi destinati al settore della Cultura, con un approccio che fa quasi rimpiangere le battute del buon Tremonti sul settore.

Adesso si aggiunge il capolavoro di un approccio più realista del re e di diligente spending review sul tax credit cinematografico. Che toglie risorse a un’industria chiave del Paese, quella del cinema, che tra l’altro produce anche entrate, per cui il paradosso è che oltre a danneggiare il settore probabilmente causerà anche una riduzione delle entrate fiscali.

In questo panorama, desolante, non mancano però quotidiane notizie di numerose attività finanziate dal Ministro della Cultura, in una regione in particolare, proprio quella che radio Parlamento indica come possibile per una prossima candidatura dello stesso a Presidente. Sarà certamente una coincidenza ma tant’è, di “laurismo” (si veda alla voce Achille Lauro, armatore oltre che politico) è piena la storia e forse più che di miracoli e treni speciali è su questo che occorrerà porre un’attenzione particolare.

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