Grazie al passaparola di TikTok si vendono molti libri. Perché il suo algoritmo può moltiplicare a milionate le visualizzazioni di post e di video che parlano di libri. TikTok è un social medium che pubblica brevi video e che, negli ultimi tempi, ha contribuito a creare alcuni dei maggiori successi del mercato editoriale. Per esempio il Fabbricante di lacrime di Erin Doom – Matilde è il vero nome di questa trentenne emiliana laureata in giurisprudenza - ha venduto mezzo milione di copie per Magazzini Salani ed è il libro più venduto in Italia del 2022.

L’esposizione sulla piattaforma ha catapultato molti autori – l’americana Colleen Hoover è un caso globale - nella classifica dei best seller. I post con tag #ColleenHoover sono stati visualizzati più di 4,2 miliardi di volte e i suoi libri hanno venduto più di 24 milioni di copie nel mondo.

Il suo romanzo It ends with us. Siamo noi a dire basta, la storia di una moglie maltrattata cresciuta in una famiglia violenta che tenta di fermare il ciclo di abusi, è da 112 settimane nella classifica dei best seller del New York Times. In Italia, pubblicata da Sperling & Kupfer, le copie sono circa 300mila.

Del caso della Canzone di Achille, l’Iliade narrata dal punto di vista dell’amore del Pelìde con Patroclo, abbiamo più volte parlato, è un altro libro pubblicato da tempo, nel 2012 negli Usa e nel 2013 in Italia, riattualizzato e rilanciato fino al mezzo milione di copie per Marsilio grazie a TikTok; un libro che continua vendere mille copie alla settimana così come Follia di Patrick McGrath un perturbante romanzo pubblicato da Adelphi negli anni Novanta. Una specie di insperato bancomat per le case editrici che ne beneficiano. Miracolate dall’algortimo di TikTok. 

Le librerie, sia Barnes & Noble a Manhattan o la Feltrinelli a Milano o la Ubik a Roma, creano espositori e scaffali che presentano i libri popolari sull’app.

Diventare editore

Ora il New York Times dà la notizia che prima o poi sapevamo sarebbe giunta. E aspettavamo con giusta preoccupazione. TikTok si fa editore. Pur sullo sfondo di una industria culturale in cui la categoria «libro» si è mostrata più resistente di altre alle trasformazioni dell’èra digitale.

Ricordate l’insistenza dei media di qualche anno sul tema della scomparsa del libro di carta a favore dell’ebook? Non se ne occupa più nessuno. Nel 2005 la maggior parte degli scrittori, ricordate anche questo, boicottava Amazon, considerato una minaccia per le librerie fisiche. Ora ne compulsano quotidianamente le classifiche. 

Al contrario dei libri, cinema e televisione sono state inglobate nella più ampia categoria di contenuto digitale. L’effetto TikTok muta anche la percezione e il consumo: la brevità e la capacità di raccogliere attenzione in pochi secondi fa tutta la differenza del mondo. Sul social sono trenta al massimo, sforare è un danno, perché l’algoritmo ti danneggia.

Nell’èra digitale

La casa editrice Mondadori ha pubblicato per la prima volta i propri dati digitali e con 37mila follower su TikTok supera buona parte degli editori internazionali. Tra gli altri colossi come Random House (10k) e Penguin Uk (29,5k). Michela Murgia capitalizza oltre 1 milione di views in 3 video virali relativi al suo libro Tre ciotole; Il video essay in animazione dedicato al Meridiano su Leon Battista Alberti, la prima volta di un Meridiano e cioè il prodotto culturalmente più curato dell’editoria italiana, ha prodotto 145 mila views; il video di Aldo Cazzullo sul suo libro Mussolini il capobanda, con oltre 2 milioni, mantiene il record assoluto di visualizzazioni tra gli editori italiani. Quante vendite di libri convertono questi numeri? Ancora nessuno lo sa bene.

Quello che è certo è che la possibilità di lavorare come scrittore e artista dipende sempre più dalla capacità di generare questo capitale di contenuti centrati sul proprio status di scrittore (o di artista o di politico) in quanto performer destinati alle proprie comunità di riferimento, e di allargarle.

Su questi temi è appena uscito da Einaudi il saggio Content. L’industria culturale nell’èra digitale di Kate Eichhorn che insegna Culture e Media Studies alla New School di New York.

La storia

Ma torniamo alla notizia che è, ripeto, che TikTok si fa editore. Il suo proprietario oltre fare vendere i libri degli altri editori li vuole pubblicare in proprio. Ci ha già provato anche Amazon, senza grande risultato. Facciamo un po’ di storia.

Il proprietario di TikTok è ByteDance una società cinese attiva nel settore informatico con sede a Pechino e fondato da Zhang Yiming nel 2012. Il 9 novembre 2017 ha acquisito Musical.ly per una cifra di circa 1 miliardo, unificandola il 2 agosto 2018 all’app TikTok.

Come molte altre aziende cinesi, ByteDance ha una commissione interna del Partito comunista cinese a cui fanno riferimento gli impiegati che sono membri del partito; il vice presidente Zhang Fuping è il segretario di questa commissione.

L’azienda ha suscitato l’attenzione dell’opinione pubblica, con accuse di aver collaborato con il partito per censurare e sorvegliare i contenuti relativi ai campi di rieducazione dello Xinjiang e ad altri argomenti ritenuti controversi circa il partito.

La svolta

Racconta il New York Times che all’inizio di quest’anno una nuova casa editrice, 8th Note Press, ha iniziato a corteggiare gli scrittori di romanzi autopubblicati. La proposta, consegnata in un’e-mail generica, era impersonale e formulaica. Le condizioni non erano generose, a volte ammontavano a poche migliaia di dollari per i diritti di un libro. Poi è arrivata la notizia decisiva. L’editore era ByteDance, la società madre di TikTok. Oltre all’anticipo e ai diritti d’autore, la società offriva servizi completi di marketing online.

Il punto è che ByteDance può raggiungere un pubblico enorme. Perché molti degli utenti di TikTok – più di 150 milioni solo negli Stati Uniti – sono interessati ai libri.

Secondo Circana BookScan, che monitora le vendite di libri stampati, le vendite di oltre 100 autori con un grande seguito su BookTok hanno raggiunto 760 milioni di dollari nel 2022, con un aumento del 60 per cento rispetto al 2021. Quest’anno le vendite sono aumentate di quasi il 40 per cento rispetto all’anno scorso.

Sempre secondo il New York Times alla fine di aprile ByteDance ha depositato il marchio della casa editrice 8th Note Press, descrivendola come un’azienda che fornisce una serie di prodotti e servizi per la pubblicazione di libri. L’azienda creerebbe un ecosistema in cui le persone potrebbero trovare, acquistare, leggere, recensire e discutere di libri.

Il problema

La società ha anche assunto Katherine Pelz, una veterana del settore romance, il genere più amato da questi lettori, in maggioranza lettrici, come editor di acquisizioni. Pescando soprattutto dalle piattaforme di selfpublishing.

E qui assistiamo al crollo di un altro confine. Quello tra lettore e scrittore. Il consumatore si fa produttore disintermediando l’editore. Non solo Wattpad, ma si pensi anche Twitter, a Instagram e a YouTube; ora al successo dei podcast su Spotify: sono tutte piattaforme in grado di offrire un pubblico a ogni astro nascente che abbia un qualche talento degno di attenzione, per parole, immagini, video, foto, registrazioni sonore e performance complete.

Il problema per tutti è: che sfruttando la capacità di TikTok di attirare l’attenzione sui libri e il suo vasto patrimonio di dati degli utenti, ByteDance potrebbe favorire i propri autori a scapito di altri e rendere BookTok meno organico e non più guidato dagli utenti.

Non solo. L’azienda potrebbe anche mettere in difficoltà gli editori tradizionali e gli autori autopubblicati. Anche se si sono affidati alla piattaforma per promuovere i loro libri, gli editori in genere hanno avuto difficoltà a produrre video virali sui propri libri, perché gli utenti tendono a rifiutare tutto ciò che sembra promozionale e aziendale, marketing oriented e non autentico. In risposta a una domanda sui suoi piani promozionali, la società ha dichiarato che 8th Note Press è un’entità separata da TikTok.

Come il cucchiaio

Cambierà le carte in tavola del mondo del libro? Non lo so, ma non direi. L’editoria – ci lavoro da trent’anni - è un mestiere difficile. Amazon c’ha provato a farla, e con scarso successo. Perché l’editoria rimane un settore ostinatamente analogico, la forma libro è inalterata e definitiva da quando agili menti cinquecentesche, come Erasmo da Rotterdam, Pietro Bembo e Aldo Manuzio, l’hanno codificata.

Un oggetto perfetto e non migliorabile. Come il cucchiaio ci insegnava Umberto Eco. E soprattutto l’editoria è un lavoro basato sulle relazioni. Fatte di pranzi e di cene. Di litigi, tradimenti e riappacificazioni. Come in amore. Con gli scrittori. Gli agenti. I distributori. I librai. Anche quelli di Amazon.

Perché costruire un’infrastruttura editoriale che funzioni è difficile. Perché ha a che fare con i soldi e assieme con i libri. È fatta di intuizioni e di scoperte. Di un corpo a corpo continuo con i gusti volubili, capricciosi e in fondo misteriosi del pubblico.

La rivoluzione

Certo è che TikTok ha già cambiato il modo in cui i libri vengono acquistati. Ma soprattutto ha rivoluzionato le agenzie di informazione attraverso cui se ne viene a conoscenza. Tradizionalmente, i lettori venivano a conoscenza di nuovi autori dai librai, dai giornali, dalla tv.

C’è un pubblico anziano e decrescente di lettori forti le cui informazioni vengono dal capitale culturale degli studi. Dalla scuola, dall’università, dalle riviste e le pagine culturali dei giornali. Dall’altro c’è il pubblico segmentato e polarizzato dal digitale e dai social.

Sono più giovani, leggono romance, fantasy, tra cui rubricano Iliade e Odissea in gran spolvero tra le loro letture, noir e crime, fumetti e manga. Hanno altre agenzie di informazione, il capitale dei contenuti digitali è per loro la fonte più importante d’informazioni. Fanno fatturare moltissimo gli editori.

Ora capita che gli editori vengano a conoscenza di autori virali dai librai che si rivolgono a loro con le richieste dirette dei lettori. E questo non era mai capitato nella storia dell’editoria.

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