Nell’autunno del 1969, mentre in tutta Italia gli operai delle fabbriche si mobilitavano, scioperavano, gli studenti scandivano slogan, proteste scoppiavano una dietro l’altra, le città erano assordate da sirene della polizia e il cielo oscurato da cortine di fumogeni, in una verde pineta della Maremma, a due passi da Castiglione della Pescaia, l’atmosfera era invece piuttosto tranquilla. L’unico rumore, a parte la risacca del mare sulla spiaggia, era l’operoso martellare dei carpentieri sulle travi, lo spalmare della cazzuola. Lì l’autunno non era caldo, anzi era freschino: ben ventilato, come sempre, il cielo sgombro da fumi, limpido tra le chiome dei pini marittimi.

Due ex-redattori della casa editrice Einaudi, che nel frattempo erano migrati alla Mondadori dove, tra le altre cose, dirigono la collana di fantascienza Urania, assistevano ai lavori, parlottavano con le maestranze, si sarebbero lasciati anche andare a consigli, soprattutto uno dei due, Franco Lucentini, romano classe 1920, che oltre a tradurre dal russo e dal greco, era un uomo dalla dichiarata manualità, uno a cui piaceva costruire, fabbricare, smontare e rimontare. L’altro, Carlo Fruttero, nato a Torino nel 1926, è il committente del cantiere e la casa che i carpentieri stanno tirando su è la sua; anzi saranno due case affiancate, una sua e una dell’amico fraterno Gianni Merlini, anche lui di ambiente editoriale, essendo il direttore della casa editrice Utet. 

Fruttero & Lucentini, ancora ignoti al pubblico con la sigla da bottega artigiana che li renderà famosi, non sono lì in Maremma solo per vigilare sul cantiere, ma soprattutto perché proprio in quei mesi stanno ultimando, molto lentamente, una storia scritta a quattro mani, il cui titolo provvisorio è La signora torinese, e che poi cambierà in La donna della domenica

Il loro metodo è fondamentalmente questo: parlare tantissimo, leggere tantissimo, discutere tantissimo su minimi dettagli – specialmente l’ansioso Lucentini, il che significa per esempio stare ore a decidere se la camicia di un personaggio abbia o no il taschino – e poi scrivere a penna su un quadernone, e poi battere a macchina, cancellare, buttare, riscrivere e ribattere. Quando il romanzo, un giallo venato di sagace umorismo, dopo sette anni di lavoro nel 1972 finalmente esce per Mondadori, riscuote un grandissimo successo, è un vero best-seller. Non stupisce: è un bellissimo romanzo, con ottimi personaggi: il commissario Santamaria e la bella e borghesissima Anna Carla (Marcello Mastroianni e Jacqueline Bisset nel film che ne fece Luigi Comencini). E altri personaggi, tra cui l’architetto Garrone che viene trovato morto con la testa spaccata da un gigantesco fallo di pietra. È l’inizio di un tipo di giallo che ha fatto scuola fino ad oggi (pensiamo solo ad Andrea Camilleri), ma Fruttero & Lucentini devieranno per molti altri sentieri narrativi, con un incrollabile spirito di ironia e understatement. 

Il bosco degli scrittori

Ma torniamo alla pineta: come ci erano arrivati in quel posto ancora quasi del tutto disabitato? Era stato il critico letterario Pietro Citati, che svernava in una casa nell’entroterra maremmano, a segnalare loro che su quella spiaggia, sotto i pini, si vendevano dei lotti edificabili, per lo più in modo molto discreto: un’architettura che, in sostanza, doveva mimetizzarsi nella macchia. Niente di più consono al temperamento di Carlo Fruttero, e anche di Lucentini, che nel frattempo aveva trovato come rifugio un ex-granaio su un canale a nord di Parigi. Scomparire era un po’ la loro ambizione, e pur tuttavia restare anche presenti; presenti nella sostanza delle cose e nello spirito del tempo, ma senza spintoni, senza sgomitate, senza strilli. Niente di più naturale che un altro amico, di lì a poco, finisse per approdare pure lui in quel luogo di alberi e rami, di ombre e di luci: Italo Calvino.

A metà anni Settanta, anche la sua casa di Roccamare era pronta, e da maggio in avanti lo scrittore ligure, fino alla sua morte nel 1985, trascorrerà i mesi estivi laggiù. Dal 1970, per altro, un’altra casa era sorta: quella dello sceneggiatore Furio Scarpelli, anch’egli abituato a lavorare in coppia, con Agenore Incrocci (detto Age), i maestri della commedia all’italiana, autori di capolavori, da La grande guerra a C’eravamo tanto amati. E pure della sceneggiatura de La donna della domenica. Negli stessi anni, per altro, faranno le loro case di villeggiatura i genitori degli scrittori Edoardo Albinati e Sandro e Giovanni Veronesi. Ci verranno Claudia Cardinale, Roger Moore, il direttore d’orchestra ungherese Georg Solti e parecchi altri. 

Ritrovarsi

La pineta di Roccamare, dunque, è un luogo di ritrovamento: Calvino e Fruttero erano stati, vent’anni prima, compagni di stanza alla Einaudi. Calvino era amico di Scarpelli fin dal dopoguerra, aveva disegnato e scritto sul satirico Marc’Aurelio, rivista che Calvino divorava da ragazzo. Citati aveva passato l’infanzia in Liguria, aveva conosciuto Calvino quando l’autore de Il barone rampante aveva24 anni e lui 17, il primo a Cervo Ligure l’altro nella sua Sanremo. Quella spiaggia, quella macchia mediterranea toscana, per Calvino e Citati erano un richiamo agli odori e alle luci della giovinezza: Citati figlio di un siciliano che si occupava di navigazione, e Calvino figlio di un agronomo ligure il quale sapeva tutto, tutto, della vegetazione, delle linfe, della terra.

La spiaggia di Roccamare è la spiaggia del signor Palomar, l’ultimo romanzo di Calvino, il suo più scopertamente autobiografico. Sulla sua scrivania di Roccamare restarono incompiute le Lezioni americane, dove lo scrittore teorizza la sua, per certi versi enigmatica, idea di leggerezza. La pineta è quella in cui Fruttero & Lucentini ambientano uno dei loro libri più belli e misteriosi: Enigma in luogo di mare, nel quale – proprio con miracolosa leggerezza – affrontano uno dei temi più duri che esistano: la depressione. Ma questa leggerezza è un ingrediente della vita o della letteratura? 

Un viaggio

Ultima estate a Roccamare, il libro che ho scritto per Neri Pozza, non credo che voglia rispondere a questa domanda, ma se la pone. Potrebbe essere inteso come un libro di viaggio: iniziato proprio un giorno di novembre in quel luogo, dove avevo appuntamento con Maria Carla Fruttero, la figlia dello scrittore. Ma i viaggi cominciano sempre prima, da qualche altra parte. Per esempio, davanti al quadro Marina di Viareggio di Telemaco Signorini (1860), dove un uomo cammina solitario su una spiaggia deserta. Il viaggio, infatti, passa anche dalla Versilia di Mario Tobino e di Cesare Garboli, di Mario Marcucci e sfiora Carlo Cassola, Manlio Cancogni e molti altri. È la stessa linea tirrenica che molto a sud porta alla Sperlonga di Rosetta Loy e Natalia Ginzburg. E tutto è visto nella luce totalizzante dell’estate. 

Ogni viaggio, però, contiene sempre un altro viaggio, una scoperta più segreta. Così, indagando quella lontana estate del 1985, è saltato fuori un filo che lega Calvino a Milan Kundera e quest’ultimo a Fruttero & Lucentini, l’ossessione per la bêtise che Flaubert aveva messo alla berlina nel suo Dizionario dei luoghi comuni, di cui in quell’estate F&L danno un aggiornamento formidabile con La prevalenza del cretino

Quella era l’estate in cui arriva in Italia L’insostenibile leggerezza dell’essere, il magistrale capolavoro kunderiano sull’illusoria, crudele, fuggevolissima contrapposizione tra leggerezza e peso, che è come dire mettere di fronte l’ironia e la gravità, il comico e il tragico, la distanza e l’approssimazione, che se andiamo a vedere sono le arcane bilance della scrittura e della letteratura. 

Ogni viaggio, infine, è anche un sogno, un desiderio; e seguendo le orme di Mario Tobino, lo psichiatra e gigantesco poeta della follia, improvvisamente si incontra Federico Fellini (il cinema è, d’altra parte, presente in tutti loro, specialmente in Calvino, come inconscio rivelato), e Pietro Citati aveva capito tutto dell’inconscio di Fellini; e siccome un viaggio è andare in un luogo, e in quel luogo perdersi, solo così si scopre il vento: Roccamare è luogo di vento, ed è solo seguendo quel vento di nord est, con la sua natura ingannevole, che si poteva raccontare questa storia.


Ultima estate a Roccamare (Neri Pozza 2023, pp. 224, euro 17,00) è l’ultimo libro di Alberto Riva. Venerdì 23 giugno l’autore lo presenterà alle 18:30 alla Scatola Lilla di Milano con Antonio Franchini

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