Un’imbarcazione spersa nel mare in burrasca a nord della Sardegna non sa se affrontare o meno l’insidia delle Bocche di Bonifacio. A bordo, una coppia quantomeno singolare: Marco Ferreri, il regista più anticonformista del cinema italiano, e Marcello Mastroianni, l’attore che per tutto il mondo è il paradigma del latin lover. Mastroianni vuole raggiungere a tutti i costi il porto di Ajaccio.

«Devo tornare a Parigi», continua a blaterare. Quell’insistenza un po’ infantile potrebbe trarre in inganno: ha già cinquant’anni suonati, una moglie e parecchi flirt alle spalle (oltre che uno spropositato numero di film girati). Ha perfino due figlie, l’ultima delle quali è appena nata dalla sua relazione con Catherine Deneuve.

«Ma non vedi che c’è burrasca? Ti vuoi ammazzare?», risponde secco Ferreri. Marcello allora s’imbambola, fissando attraverso gli schizzi d’acqua salata un punto lontano dell’orizzonte. Forse la Corsica è proprio laggiù, poco più sopra o poco più sotto… Ha bevuto troppo, come può capitare che succeda. Lo star system, di cui volente o nolente fa parte, ha una liturgia molto precisa da seguire riguardo alla voce “autodistruzione”. E Marcello, che ha sempre dichiarato di essere una star involontaria, in questa giornata di tempesta – emotiva prima che marina – ha proprio voglia di una fine da grande schermo.

Una storia esaurita

Già s’immagina i titoli dei giornali: «Marcello Mastroianni è morto nel disperato tentativo di ricongiungersi a Catherine Deneuve». Perché un amore è tale soltanto quando finisce. E Deneuve, con quella determinatezza femminile che per lui ha sempre rappresentato un mistero, è stata fin troppo chiara. Un bel giorno gli ha detto: «La nostra storia si è esaurita. Non ho più stimoli, quindi trovo inutile trascinare le cose sull’onda dell’abitudine e della noia».

Adesso ci sono altre onde da affrontare, bianche di spuma come belve con la bava alla bocca. Continuare la traversata potrebbe sembrare un capriccio, anzi lo è. D’altronde Marcello non ha mai fatto niente per nascondersi, per apparire diverso da quello che è: un bambino troppo cresciuto che ha bisogno di cambiare amore ogni volta che cambia set. Scrolla la testa.

Catherine, nonostante sia ancora giovanissima, è nel mezzo della tempesta almeno quanto lui. Ha avuto una storia con il regista Roger Vadim (il mentore di un altro mito francese: Brigitte Bardot), in seguito s’è lasciata conquistare da François Truffaut e dal movimento della Nouvelle Vague, e adesso ha lasciato il fotografo inglese David Bailey (non ha mai saputo spiegare se le sue infatuazioni procedessero dall’uomo all’opera, o viceversa). Che cosa ci possono fare, Marcello e Catherine, che colpa ne hanno se mezzo mondo li acclama come sex symbol?

Lui nel 1960 ha girato La dolce vita di Federico Fellini, e quel bagno smarrito nella Fontana di Trevi insieme ad Anita Ekberg l’ha consacrato come l’amante che tutte vorrebbero avere: una miscela irresistibile di fascino e timidezza, spavalderia e goffaggine; lei nel 1967 è stata la protagonista di Bella di giorno di Luis Buñuel, tramutandosi nell’incarnazione del desiderio erotico in chiave psicoanalitica, scisso tra castrazione borghese e lascivia animale.

Due persone autentiche

Forse i sex symbol non dovrebbero frequentarsi tra di loro. Dovrebbero scegliere partner più discreti, più solidi. Eppure la celebrità è soltanto un guscio vuoto, una stupida armatura per andare alla conquista del mondo. Al di là dell’etichetta ci sono due persone autentiche, addirittura più fragili del normale. Tutti e due non hanno mai risposto con troppa convinzione alle sirene di Hollywood.

Lui più che altro per pigrizia, per un’indolenza connaturata verso i cambiamenti troppo grandi (su tutto, lo spavento colossale per la lingua inglese); lei per una passione viscerale per la cultura europea, per la grande cinematografia francese e italiana. Si erano conosciuti nel 1970 sul set di Tempo d’amore di Nadine Trintignant, ma era stato Marco Ferreri a farli lavorare assieme nel film del 1971 La cagna.

Ricordandosi di questo dettaglio Marcello si rabbuia, accovacciato a poppa. «È tutta colpa tua», urla imbronciato al regista. «Non ce la faccio a portarti a Parigi in barca!», risponde Ferreri, con il suo proverbiale ghigno bonario e mefistofelico al contempo.

A Marcello basterebbe raggiungere la Corsica, poi da lì si vedrà, una cosa alla volta, non è mai stato bravo a pianificare… Sembra incredibile, ma tutto è sempre successo quasi a sua insaputa, contro la sua volontà.

A dispetto dei piano bar di via Veneto o dei Parioli, tra un colpo di maracas e l’ennesimo drink, non è altro che un pantofolaio come qualunque altro italiano di sesso maschile. Per questo è così popolare: se è ambito dalle donne (il suo machismo molle è stato il prototipo ideale per la nascente aggressività femminile anni Sessanta, fatta di minigonne e rivendicazioni sociali), agli uomini fa simpatia.

Con tutti i registi con cui ha lavorato, Fellini in testa, è sempre riuscito a instaurare un clima goliardico, da liceale. Ma ora, intrappolato su un’imbarcazione che ondeggia ma non ne vuole sapere di colare a picco, questo senso di leggerezza si sbiadisce e assume i contorni di una beffa.

Non c’è più il girotondo felliniano di 8 e ½, dove tutti, protagonisti e gregari della vita, finivano per prendersi per mano e girare in cerchio: festa un po’ cialtronesca ma sorvegliata da una commovente pietas.

Quel medesimo senso d’incoscienza stupefatta che gli permette di passare di amore in amore senza mai lasciare la moglie Flora Carabello, perché in un modo quantomeno eccentrico si ritiene un cattolico e non riesce a concepire il divorzio. In realtà non è mai riuscito a concepire la fine di niente, tranne forse in questo momento la fine di sé stesso.

Ossimori

«Portami ad Ajaccio o mi butto in mare», si lagna minaccioso verso Ferreri. «Io adesso ti riporto da tua moglie» risponde il regista mentre tenta a colpi di timone di schivare le onde. Ferreri lo sa bene che per Marcello non c’è altro porto sicuro (accadde così anche dopo la rottura con Faye Dunaway).

La stessa Flora non perse mai occasione di ribadirlo: «Lo avevo sposato per passione e sono rimasta con lui per affetto, per tenerezza, tanti sentimenti che danno origine a un’altra forma d’amore. Non mi sono mai sentita nemica delle sue donne».

Ma adesso per questo Casanova che le donne puntualmente piantano in asso non c’è niente oltre la sua Catherine, di cui si può parlare soltanto per ossimori: regina eppure sguattera (cagna, per l’appunto, come nel film girato da Ferreri), algida quanto ardente, bella ma accessibile…

«Se non attraversi le Bocche di Bonifacio mi avrai sulla coscienza», grida ancora e ancora Marcello. Ferreri allora abbandona il timone imprecando e va a prua per studiare meglio la situazione: i flutti s’addensano in gorghi bui che fanno spavento. Quando finalmente si decide a dire qualcosa la burrasca copre le sue parole. Marcello rimasto a poppa si alza in piedi, lasciando che il vento gli scarruffi un ciuffo di capelli.

Sembra la scena finale della Dolce vita, quando sulla spiaggia di Fregene il protagonista non riesce a cogliere l’invito di una vita diversa, migliore e più pura, da parte di una bambina che sgambetta sulla sabbia in lontananza. Ma stavolta è tutto vero. Ferreri si sbraccia, ripete quel che ha appena detto. E a Marcello, ancora una volta, non resta che proferire la sua battuta: «Non capisco, non si sente».

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