«A Rebibbia ci sono solo la scuola e parco Cicogna», dice Alex che frequenta il secondo anno dell’Istituto comprensivo Palombini, mentre fissa il vuoto davanti a sé.
«Beh, ci sono anche il Mammut e il museo di Casal de’ Pazzi», risponde Kmar, che invece è in prima media, nello stesso istituto.

Nel quartiere romano di Rebibbia manca tutto, ma la scuola, insieme alle altre realtà che da anni sono attive nel territorio, il doposcuola popolare Mammut, la biblioteca, i comitati, le associazioni ci sono. Ci sono e si sono messe insieme per creare una comunità educante larga e accogliente: una rete di persone che si sforza di costruire relazioni significative, spazi di riconoscimento, per una comunità multiforme e dalle più svariate provenienze, che si ritrova per qualche incastro del destino a condividere lo stesso posto dove abitare, vivere, studiare.

Le problematiche di un quartiere del genere sono molteplici e individuare le reali esigenze delle persone è davvero un impegno prioritario, che richiede un continuo confronto tra le varie parti. Questo è possibile solo vivendo attivamente il territorio; occorre tempo, fatica, incontro e scontro, occorre starci.

Dimensionare

La notizia di qualche giorno è che vogliono dimensionare l’istituto comprensivo Palombini. Istituto comprensivo vuol dire una scuola che contiene vari plessi per i gradi diversi di istruzione (nel nostro caso: scuola dell’infanzia, primaria, e secondaria di primo grado ossia medie: studenti da 3 a 14 anni).

Dimensionare invece è un eufemismo tecnico che vuol dire tagliare alcune classi, alcuni plessi, togliere un istituto, chiudere un pezzo o tutta una scuola. Fuori dal gergo burocratico, dimensionare la scuola vorrebbe dire deportare, disperdere di nuovo, persone che già in partenza si sentono disperse, dimensionate dalla vita.

Persone che solo con tanto impegno e costanza stanno iniziando a sentirsi comunità, a vedere nella scuola e nelle realtà che vi ruotano intorno un punto di riferimento, magari l’unico, ma meglio di niente.
Infatti, sono anni che la comunità educante, e le sue singole componenti, hanno costruito un dialogo con le famiglie, hanno sviluppato qui a Rebibbia progetti che davvero tengono conto dei bisogni e dei desideri dei suoi abitanti, a partire dai piccoli, ma coinvolgendo anche i grandi: mobilitandosi per la riapertura di Villa Tiburtina, che è l’unico presidio sanitario della zona; facendo realizzare screening odontoiatrici gratuiti, sostenendo famiglie su temi quali la violenza di genere o nell’accesso ai servizi pubblici – in particolare per le numerosissime famiglie straniere, attraendo risorse di diversa natura e provenienza.

Meno scuole

Ora il ministro ha deciso di spostare gli alunni della Palombini alle aule di un altro quartiere come se stesse spostando casette a Monopoli. Purtroppo, le leggi non tengono conto dell’umanità su cui insistono: si uniscono così istituti che hanno storie completamente diverse, che operano in realtà che hanno decisamente esigenze diverse, perché Talenti (il quartiere della scuola di arrivo) e Rebibbia sono lontane come Napoli e Milano. 

La legge di bilancio 30/12/2022 (con il decreto interministeriale 127 del 30/06/23 che specifica tempi e modalità attuative del dimensionamento) decide di risparmiare proprio sulla scuola pubblica, che già piange miseria ed è piegata in due dagli ultimi anni di Covid: togliendo dirigenti e segreterie, assemblando classi, creando istituti dal massimo numero di alunni possibile.

Dai calcoli risulta che ciò deve avvenire soprattutto nel sud e nelle periferie delle grandi città, i luoghi socialmente più fragili. E avviene sotto il silenzio dei più. Perché anche molti insegnanti non lo sanno. Eppure sta già succedendo.

Il decreto interministeriale sul dimensionamento pubblicato il 17 settembre scorso afferma che il numero di sedi scolastiche attivabili annualmente in ogni regione sia determinato dividendo il numero complessivo di alunni per un fattore stabilito nel decreto per tre anni. Per l’anno scolastico 2024-2025: 961; per l’anno scolastico 2025-2026: 949; per l’anno scolastico 2026-2027: 938. Questo fattore determina una contrazione nel numero di scuole, e la Palombini come altri comprensivi di Roma, considerati poco numerosi, è nell’elenco delle scuole da ridefinire, con accorpamenti o smembramenti.

Esclusi

Così si riorganizza in base al risultato di parametri scioccamente numerici, come se un alunno figlio di due professori universitari che magari suona il violino e parla quattro lingue avesse bisogno dalla scuola degli stessi interventi che richiede un bambino in casa famiglia, con difficoltà di relazione, che con i suoi non parla italiano.

Alla faccia di qualsiasi percorso in atto, della continuità progettuale di una scuola sul suo territorio, della presenza fondamentale degli enti in luoghi della periferia dove non ci sono cinema, teatri, librerie. Togliamo ora anche la direzione della scuola, che sta benissimo più lontana!

Tanto poi con misure punitive sapremo contenere lo sconcerto dei giovani nelle periferie anche senza bisogno di presìdi educativi di inserimento sociale e di inclusione… La nuova scuola pensata per le periferie è una scuola di disciplina e merito. Due parole che per i ragazzini di Rebibbia sono sinonimi di esclusione.

La protesta

Avremo scuole sempre più simili al modello americano: scuole pubbliche che non riescono a contrastare il tracollo, per mancanza di risorse, per strumenti sproporzionati rispetto ai problemi su cui vorrebbero intervenire. Smontare il ruolo della scuola pubblica è un processo lento, in atto da tempo, ma a volte beneficia di importanti accelerate.

«Io non voglio», grida Alex. «Con chi devo protestare, professoressa, con la preside, con il ministro? Voglio sapere solo dove sta”.
Alex non è chiaramente una voce isolata. Nel Lazio si taglieranno 37 scuole. Nel quarto municipio ne perderemo sei. Con quale faccia, verrebbe da chiedere al ministro, si può parlare di progettare interventi di inclusione, di lotta ai divari, di contrasto alla povertà educativa?

Restano parole vuote e poco significative se poi l’intervento che lo Stato intende fare sulla scuola nel prossimo triennio è questo.

Noi comunque continuiamo a vederci, siamo una comunità educante. Il 21 ottobre alle ore 16.30 al parco di via Cicogna, nel quartiere di Rebibbia, stabiliremo insieme in quali modi entrare in contatto con la regione Lazio per far pervenire il nostro deciso dissenso.

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