«Chi vuole vivere per sempre?», cantavano i Queen. L’industria discografica prova almeno a sopravvivere, facendo i conti con un mercato inesorabilmente in crisi. Il rischio vero è che l’impresa riesca soprattutto ai grandi colossi, che stanno costruendo un monopolio che si basa innanzitutto sulla nostalgia. Mentre ai nuovi talenti restano solo le briciole.

È forse una lettura poco romantica, ma sta alla base di un grosso affare che starebbe per concludere la Sony, stando almeno alle indiscrezioni condivise prima da Hits e poi rilanciate da Variety, senza che nessuno le abbia finora smentite. La casa discografica starebbe dunque per acquistare i diritti per l’intero catalogo dei Queen, ad eccezione dei proventi dalle esibizioni dal vivo con Adam Lambert che resterebbero ai componenti superstiti della band. A colpire è però soprattutto la cifra che sarebbe sul piatto, circa un miliardo di sterline (quasi un miliardo e 200mila euro).

A complicare la questione – spiega Variety – c’è il fatto che parte dei diritti per Stati Uniti e Canada sono stati già acquisiti dalla Disney e a loro resteranno. La Sony potrà però mettere le mani su tutto il resto, ovvero su una discografia che continua a generare ricavi. La fama dei Queen non è mai venuta meno dai primi successi degli anni Settanta. Ma è stata rilanciata qualche anno fa da un film diretto da Bryan Singer, fortemente incentrato sulla storia, tragica ed entusiasmante, di Freddie Mercury.

Le tre grandi

L’idea di fare affari con la musica sembra purtroppo fuori moda e difatti, salvo poche eccezioni, stiamo parlando dei diritti provenienti dalle grandi glorie del passato. Non significa ovviamente che stiamo vivendo in un mondo senza colonna sonora, ma l’industria ha dovuto cedere alla tecnologia, che ha facilitato l’ascolto ma anche eroso i guadagni.

C’è però ancora un tesoretto che proviene dal passato e riuscire a metterci sopra le mani può essere un investimento anche per il futuro. La guerra coinvolge principalmente tre grosse catene: la Sony appunto, la Warner e la Universal. Ovviamente sopravvivono anche le catene discografiche più piccole e quelle indipendenti, ma giocano in un altro campionato.

Le tre grandi major si dividono da sole quasi il 70 per cento del fatturato che a livello globale supera i 26 miliardi di dollari (in Italia sono più di 370 milioni di euro, secondo i dati di Fimi, la Federazione dell’industria musicale).

La musica è piena di storie epiche di artisti che sono riusciti a rompere il giogo delle major e a produrre la loro musica da soli o affidandosi a piccole catene discografiche. Ma qui stiamo parlando di grossi numeri e solo un colosso come la Sony poteva essere in grado di spendere un miliardo di sterline.

Le briciole

Oggi gran parte dei proventi arriva dunque dallo streaming, che rappresenta il 66,7 per cento dei ricavi totali dell’industria discografica. C’è un nuovo settore in espansione che è lo sfruttamento della musica sui social network, in particolare Instagram e TikTok.

Ma il punto di partenza è sempre lo stesso: detenere i diritti, soprattutto di quegli artisti che sono dei classici e che continueranno a vendere, rimane una priorità. Soprattutto perché ci si rivolge a un pubblico più abituato ad acquistare i supporti fisici e persino i vinili (il cui mercato è sempre in crescita negli ultimi anni).

Il risultato è evidente: i nuovi talenti devono accontentarsi delle briciole. I servizi di streaming come Spotify pagano royalties che sono molto basse. Arricchirsi con la musica è insomma nella maggior parte dei casi un’utopia.

I fondi di investimento

In questo contesto, la guerra per i diritti musicali continua comunque ad essere combattuta, coinvolgendo talvolta anche i grandi fondi di investimento. Come ha raccontato tempo fa il Financial Times, anche le grandi compagnie di capitale privato, come Apollo Global Magement, Blackstone e Kkr, hanno iniziato a contendersi i diritti, cercando di costruire il proprio catalogo, che talvolta è stato poi rivenduto proprio alle case discografiche.

La vera scommessa è riuscire ad accaparrarsi le canzoni che torneranno all’improvviso di moda, per fenomeni sociali difficilmente prevedibili, come è accaduto per esempio con serie tv come Stranger things o trend apparentemente senza senso su TikTok.

L’operazione della Sony rientra in questa stessa logica, elevata però all’ennesima potenza dal fatto che i Queen sono uno dei gruppi più remunerativi nella storia della musica. Secondo il Guinness dei primati, sono stati nelle classifiche britanniche più a lungo di qualunque altro artista.

Non esistono cifre sicure su quanto la discografia dei Queen abbia venduto nel mondo, ma è certo che abbia superato ormai da tempo le 300 milioni di copie. Solo pochi altri (Beatles, Elvis Presley e Michael Jackson) hanno fatto di meglio.

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