Cos’hanno in comune il fascismo e Katy Perry? Entrambi appartengono al passato, entrambi stanno tentando un ritorno con esiti più o meno dignitosi. Certo, uno dei due minaccia le sorti dell’Occidente, l’altra non fa male a nessuno se non alle orecchie e al buon gusto di qualcuno. Indovinate quale dei due argomenti mi sento di approfondire quest’oggi.

Nell’estate che appartiene insindacabilmente a Taylor Swift e a Charli XCX, quattro anni dopo il suo ultimo album (non pervenuto), Katy Perry torna con il singolo Woman’s World, e ci comunica così che la sua carriera di popstar, a occhio e croce, è finita. Non è solo che la canzone è moscia e il video è imbarazzante, ma il combinato disposto dei due mi ha provocato un disagio tale che sento il bisogno di parlarne con qualcuno.

L’empowerment da Ia

Chiamatela paranoia, ma mi capita sempre più spesso di chiedermi se un qualsiasi prodotto culturale (diciamo così) sia stato concepito dall’intelligenza artificiale. È un dubbio legittimo, secondo me, quando si guarda il video di Woman’s World, il cui input potrebbe essere stato: “tette e altre cose da femmine + robot”.

Analizziamo questo delirio: il video inizia con un cartello che recita “Men Working” e viene corretto con una bomboletta rosa in “WO-men working”, dopodiché troviamo Katy Perry vestita da Rosie la rivettatrice (bandana rossa, tuta da lavoro ma con le zinne a vista) seduta su una trave di ferro sospesa insieme ad altre operaie bone. Hanno martelli coperti di glitter, giacchini catarifrangenti succinti e ballano davanti agli orinatoi degli uomini.

Katy Perry beve un “whisky per donne”, mentre canta «sexy, sicura di sé, molto intelligente. È un dono del cielo, così tenera, così forte. È una vincente, una campionessa, sovrumana, la numero uno. È una sorella, è una madre» e così via con le frasette da carosello di Instagram. Nel ritornello dice «è un mondo di donne e siete fortunati a viverci», ma intanto l’immaginario dell’empowerment spiccio si fa sempre più confuso, mentre Katy Perry e le altre ballerine si minacciano con dei vibratori come fossero pistole, si passano vitamine e altri oggetti di wellness che Perry procede a gettare nel vuoto, la faccia tormentata da un gran numero di rulli di giada.

È tutto molto camp, come è sempre stato il suo stile, ma è impossibile coglierne il senso: cosa voleva fare?

Strizzare l’occhio al femminismo contemporaneo con l’ennesima canzone gigiona e facile su quando siano speciali le donne (noi, poveri panda da proteggere)? O, Dio ce ne scampi, sta facendo della satira? L’unica cosa certa è che non dovrebbe essere così difficile capirlo.

Furti e voli

Poi il ritornello finisce e la situazione si complica ulteriormente: sul finire del balletto Katy Perry viene schiacciata da un’enorme incudine di ghisa. Segue montaggio frenetico anni Novanta di donne che fanno cose (pole dance, motocross, corsa sui tacchi), che forse segna la fine della parte satirica e apre uno squarcio sul mondo reale, dopo il quale ritroviamo Katy Perry spiattellata sul cemento, con un outfit diverso da quello che indossava quando era caduta l’incudine, ma sempre con le zinne ben in vista.

Quando si risveglia si infila un pollice in bocca e si gonfia il corpo, per poi andare nel mondo in bikini, femmina sopra, uomo che cammina di Boccioni sotto. Nelle strade ora c’è una specie di apocalisse, gli unici uomini avvistati stanno limonando fra di loro, mentre le donne sembrano fuori controllo.

Rubano macchine del caffè, prendono a martellate segnali di stop, si arrampicano sui pali della luce. Intanto alla Katy si scaricano le gambe robotiche quindi si ferma a fare benza piantandosi la pompa del gasolio nel sedere. «Divino femminile» canta intanto, forse pescando le parole da un cappello.

Poi sale su un monster truck e arriva in un sobborgo residenziale, dove lei e un’altra decidono di parcheggiare sopra all’unica macchina nel raggio di chilometri. Procede con atteggiamento minaccioso verso una delle ville, entra senza esitazioni, e dopo aver superato una signora che indisturbata trapianta del basilico con le perle al collo (“stupida borghese, entro in casa tua quando mi pare”?) sfonda una vetrata e si ritrova in giardino, dove una ragazza adolescente che indossa una maglietta “Feminine divine” sta registrando un balletto davanti a una ring light a forma di simbolo universale del genere femminile.

Dopo essersi unita al balletto, agguanta la ring light e come un maranza qualsiasi ruba il telefono di questa sconosciuta basita, che la guarda montare su un elicottero, o meglio all’esterno di un elicottero. Così, mentre si regge con un solo braccio al velivolo come fosse salita al volo su un treno indiano, Katy Perry si allontana nel cielo, lasciandoci molte domande e nessuna certezza, nemmeno quella di aver visto davvero questi tre minuti scarsi di video (l’ho riguardato alcune volte per accertarmi che non si trattasse di un’allucinazione da caldo, confermo che esiste).

Vorreiessereunaswiftie

Ferma al passato

In molti stanno commentando il ritorno di Katy Perry come un flop totale, e in effetti è difficile difendere un prodotto così platealmente malriuscito, a meno che il suo obiettivo non fosse fin dall’inizio quello di trollarci tutti. In quel caso, missione compiuta.

Più verosimilmente credo che Katy Perry sia una popstar di quarant’anni rimasta ferma al decennio precedente, forse consigliata male da persone che le hanno fatto fare la figura della mamma di Regina George in Mean Girls.

In Woman’s World si percepisce lo sforzo eccessivo e un po’ patetico di fare qualcosa di contemporaneo e intelligente, di stare sul pezzo e fare ridere, di essere figa come le sue colleghe più giovani ma sgamata come una donna della sua età. È tutto un po’ troppo. Ciò detto, qualcuno dovrà rimuovere chirurgicamente il ritornello dalla mia testa.

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