Non si fermano le proteste per le strade di alcune delle principali città del Kenya, nonostante il presidente in carica William Ruto abbia deciso di non firmare la legge che prevede un aumento delle tasse di diversi beni, tra cui quelli di prima necessità. Le manifestazioni sono iniziate martedì 18 giugno ma hanno raggiunto il culmine la settimana successiva, quando i manifestanti sono riusciti ad arrivare alle porte del parlamento e ad appiccare il fuoco in una parte dell’edificio. Nello stesso giorno, la stampa locale ha certificato la morte di almeno otto manifestanti, con decine di feriti e arresti.

È stato anche accertato che la polizia abbia utilizzato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti. Non solo. La Commissione per i diritti umani del Kenya ha condiviso un video in cui gli agenti di polizia sparavano sulla folla, affermando che saranno ritenuti responsabili delle loro azioni.

La proposta di legge

Le proteste in Kenya sono esplose a seguito dell’approvazione della controversa proposta di legge finanziaria del 2024. Il piano del governo mira a raccogliere 2,7 miliardi di dollari per ridurre il deficit di bilancio e l’indebitamento statale. Attualmente, il debito pubblico del Kenya si attesta al 68 per cento del Pil, ben oltre il 55 per cento raccomandato dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale. All’inizio del 2024, il governo keniota si è impegnato a rispettare i propri obblighi sul debito internazionale, scegliendo di aumentare la pressione fiscale piuttosto che ridurre i servizi pubblici.

La proposta di legge introduce una serie di nuove tasse che hanno scatenato l’indignazione popolare. Tra le misure più contestate rientrano dei nuovi prelievi sui beni di prima necessità come pane, olio vegetale e zucchero, una tassa di circolazione sui veicoli a motore, fissata al 2,5 per cento del valore dell’auto da pagare annualmente, una “tassa ecologica” su numerosi prodotti manifatturieri usa e getta, tra cui i pannolini. Questo passaggio è stato particolarmente criticato in un paese con il tasso di natalità pari a 26,6 nati per 1.000 abitanti, che corrisponde a 3,34 figli per donna, secondo un dato del 2021. Inoltre, viene proposto l’aumento di imposte sulle transazioni finanziarie, in concomitanza con un incremento delle tasse anche per servizi di telefonia e accesso alla rete internet. Il governo ha dichiarato che le misure fiscali sono indispensabili per finanziare i programmi di sviluppo e risanare i conti del paese.

Sebbene la legge sia passata con 195 voti favorevoli e 106 contrari, la politica non aveva previsto le proporzioni del malcontento che quest’ultima avrebbe potuto generare. La mobilitazione di gran parte della popolazione non si è fatta attendere: migliaia di persone sono subito scese in piazza per dimostrare il proprio dissenso. Le violente proteste hanno così costretto il governo e il presidente a fare marcia indietro su alcune misure. In particolare, sono state rimosse le accise del 16 per cento sul pane e del 25 per cento sull’olio vegetale, l’imposta del 2,5 per cento sul valore delle autovetture e l’ecotassa sui beni prodotti localmente. La legge, con queste modifiche, è stata infine approvata dal parlamento. Tuttavia, queste concessioni non sono state sufficienti a placare la rabbia dei manifestanti, che ne hanno richiesto l’abolizione totale.

Proprio per questa ragione, Ruto ha assicurato che non firmerà la legge. Non avendo ottenuto l’approvazione del presidente, la finanziaria è stata quindi rinviata al parlamento per una sua nuova discussione. Secondo la Costituzione, una legge approvata dal parlamento entra in vigore 21 giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, a meno che la legge stessa non specifichi un’altra data di entrata in vigore. Dal momento che la finanziaria è passata il 20 giugno, il parlamento avrebbe tempo solo fino alla metà del mese di luglio per riunirsi e apportare le eventuali modifiche. I lavori però sono attualmente fermi, visto che il parlamento è in vacanza. Questo ha ulteriormente intensificato le proteste, dato che i manifestanti sanno della poca probabilità che i parlamentari si possano riunire e della sempre più tangibile possibilità che la legge possa passare in maniera automatica.

I giovani chiedono ascolto

Sono principalmente i giovani a scendere in piazza. E quindi sono principalmente i giovani e subire violenze, arresti, e a rimanere vittime delle proteste.

Nelle scorse elezioni del 2022, che avevano visto William Ruto vincere per un soffio, con il 50,5 per cento di preferenze contro lo sfidante Raila Odinga, i giovani avevano deciso la tornata elettorale. Questo anche perché il 75 per cento della popolazione ha un’età compresa tra i 18 e i 35 anni. Nonostante, infatti, la partecipazione da parte dei giovani non fosse stata alta, quelli che erano andati a votare erano stati conquistati dalle promesse di Ruto.

Descrivendosi come un’alternativa altra rispetto alle dinastie politiche precedenti, prometteva di abbattere la disoccupazione e portare avanti nuovi progetti di sviluppo economico. Le aspettative del suo giovane elettorato erano già state messe in discussione con l’approvazione della legge finanziaria dello scorso anno: c’erano state manifestazioni e non erano mancati scontri con la polizia, morti e feriti. La storia si ripete dopo un anno, anche se, secondo i dati di Al Jazeera, sono state superate le trenta vittime e si contano decine di “sparizioni involontarie”

Le denunce di Amnesty

La vera domanda ora riguarda le sorti del paese, nel caso in cui la legge passasse senza ulteriori modifiche. È molto probabile che assisteremo a un pericoloso aumento delle proteste. Già la scorsa settimana, dopo il culmine delle stesse, il presidente aveva parlato alla nazione: «Le proteste legittime sono state dirottate da un gruppo di criminali organizzati. Gli eventi di oggi segnano un punto critico su come rispondiamo alle minacce alla nostra pace. Faremo in modo che una situazione di questa natura non si ripeta». Non è andata così.

Dopo una settimana, le proteste continuano. Amnesty International, nel suo sito, ha denunciato una serie di violazioni che il suo personale ha subito nel corso degli ultimi giorni: «Il personale medico è stato attaccato, arrestato da funzionari statali e le liste dei pazienti sono state rubate dai centri di emergenza mobili che si occupano dei feriti. Agli avvocati è stato negato l’accesso ai loro clienti, sono stati arrestati e intimiditi da funzionari statali per abbandonare i casi. I giornalisti che seguivano le proteste hanno avuto le loro telecamere confiscate, e sono stati arrestati e picchiati in pieno giorno. Il personale che gestisce le linee di assistenza e i fondi istituiti per supportare la rappresentanza legale e l’assistenza medica ha dovuto affrontare diverse esperienze».

Cosa succede ora?

Questa settimana Nairobi e diverse altre città sono state scenario di nuovi scontri, nelle giornate da martedì 2 luglio a giovedì 4 luglio. Nuove manifestazioni sono state annunciate per la prossima settimana. Quelle che erano iniziate come proteste guidate dai giovani contro la legge finanziaria sono diventate dimostrazioni contro il presidente Ruto. Una delle maggiori critiche che ora vengono avanzate, infatti, riguarda l’uso della violenza da parte della polizia durante le proteste e l’incredibile aumento di arresti e “sparizioni involontarie” di giovani manifestanti. La strategia di questi ultimi allora è di coinvolgere un numero sempre maggiore di kenioti nelle proteste, perché, come ha affermato un manifestante ai media alla domanda se fosse spaventato: «Ora ho paura. Ma il governo deve capire che può innescare la paura dentro di noi, ma non può ucciderci tutti».

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