Non sono nuove le incursioni del giornalismo d’inchiesta in quel mondo sommerso ma esuberante che è il popolo dell’estrema destra. Non stupisce quindi che in quelle anguste latitudini si abbondi in compiaciuti riferimenti ai simboli e alla retorica del nazifascismo, almeno là dove l’autocensura si rilassa.

Il mio dubbio, tuttavia, è se inchieste e denunce (encomiabili, s’intende), anziché innescare uno sdegno diffuso, non fungano piuttosto da cassa di risonanza. Oggi più che qualche decennio fa, il rischio a me pare concreto. La cultura politica odierna, in effetti, non è puntellata da quelle risorse immunitarie che un tempo le derivavano dalle grandi contrapposizioni ideologiche. Nell’arena politica di oggi non si articolano posizioni sotto il segno di immagini contrapposte dell’esistenza collettiva. Ci si muove perlopiù sulla base di interessi puntiformi di gruppi puntiformi, più o meno organizzati, che avanzano rivendicazioni sotto forma di diritti.

In un’ottica corpuscolare, più che corporativa, tassisti, balneari, partite Iva, minoranze sessuali, congregazioni religiose, assieme a gruppi di altra composizione, invocano riconoscimento, tutele, sostegni. In chiave di protezione delle libertà economiche e d’impresa, da una parte, e di tutela dei diritti civili, dall’altra, negli ultimi tre decenni destra e sinistra hanno parimenti favorito l’eclissi delle grandi visioni comuni.

Ed è proprio in queste condizioni che quell’idra ansimante e spietata che è il fascismo riesce nell’impresa di mobilitare l’emotività pubblica. Da che mondo è mondo, il fascismo è sempre stato un guscio vuoto in grado di appropriarsi con rapace eclettismo di idee non sue, e soprattutto non compatibili tra loro. Mette assieme ciò che assieme non sta al solo fasullo scopo di contrabbandare una trasognata unità oltre ogni divisione. In tal senso, la sua azione ha sempre avuto una natura fantasmatica, perché affresca quella scena allucinata e compulsiva che dà al soggetto l’illusione di un abbraccio collettivo, confortante e virile.

Senso d’appartenenza

Oggi questo fascismo fantasmatico nostrano, spartano nel senso meno edificante del termine, sparge il suo venefico afrore proprio mentre (o forse proprio perché) si dimostra poco credibile: guasconate di ragazzi nati un cinquantennio dopo la caduta del fascismo, quindi per ciò stesso non fascisti. Eppure, braccia tese e grida in coro danno quell’inconsistente senso di appartenenza a un destino comune che tanto conforta chi è in debito di identità.

Ieri come oggi, il fascismo fa quella spavalda promessa che mai poté mantenere perché irrealizzabile: conforto e solidarietà di un popolo che si arroga il diritto di pensarsi come eletto dalla storia.

Né vale l’argomento, diffuso tra la stampa e a sinistra, secondo cui in Europa la nuova sbornia nazionalista produrrà divisione tra gli egoismi di Stato: l’internazionale fascista degli anni Trenta del Novecento fu possibile perché il fascismo, ora come allora, sa accogliere i principi tra loro più stridenti e non crede a nulla se non a quel che al momento conviene.

Per questa ragione, non bisogna confondere la destra conservatrice ben piantata, ideologicamente discutibile eppure dotata di una filosofia di tutto punto, con il fascismo, che sa annidarsi ovunque, non importano né il colore di sfondo né le idee di chi è sensibile alla sua allure. Il fascismo fantasmatico è quel non detto subliminale che a ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, nello scrigno impenetrabile del nostro cuore, ha fatto desiderare la presenza di una qualche figura carismatica e risoluta che decidesse per noi e ci donasse la quiete voluttuosa dell’irresponsabilità.

Nel panorama politico odierno, giovani e meno giovani si trovano proprio in questa condizione d’animo. È dunque il caso di abbandonare l’incantato convincimento per cui si nega ancora che il fascismo eserciti una notevole forza di attrazione su una fascia non troppo ridotta della popolazione.

E sarà pure quel tipo di attrazione che sui lettori di H. P. Lovecraft esercita lo Cthulhu, entità recondita che accomuna il mostruoso e il divino, tale e tanta è la sua familiarità col prodigio. Ma è comunque consigliabile non dimenticare che il fascismo, proprio come lo Cthulhu, si colloca nel dominio indomabile dell’incubo. E che, proprio come lo Cthulhu, il fascismo, pur catturato in una sorta di sonno non dissimile dalla morte, è nell’attesa dell’opportuna congiunzione astrale che lo ridesti in tutta la sua portentosa mostruosità.

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