La linea di Mario Draghi sui tamponi per chi viaggia in Italia dai paesi Ue passa senza troppe rimostranze al Consiglio europeo, dopo le tensioni dei giorni scorsi. La gestione della pandemia e della variante Omicron è il primo punto discusso dai capi di stato e di governo, durante un Consiglio con molti nodi da sbrogliare: non solo il Covid-19, ma il caro dell’energia, la Bielorussia con la sua “guerra ibrida” e le tensioni in Ucraina, come pure le frontiere esterne e la “bussola strategica”, cioè il piano per irrobustire una difesa comune europea. La recente scelta del governo italiano di introdurre i test anche per vaccinati ha creato qualche imbarazzo in Europa, per due motivi. Il primo è che «la decisione non ci è stata notificata», ha fatto notare la Commissione europea. Le scelte condivise a livello europeo infatti non escludono l’introduzione di misure ulteriori, purché proporzionate e giustificate, ma c’è l’obbligo di informare Bruxelles di questa scelta. Scelta che rischia di incrinare il sistema del green pass a livello europeo. Ed è questa l’altra, più profonda, ragione di dibattito per i leader: quando è stato concepito, il pass serviva proprio per assicurare una interoperabilità tra i sistemi dei vari paesi e doveva quindi garantire una fluida circolazione. Con l’obbligo del tampone per viaggiare, il principio del meccanismo salta.

Va avanti la linea Draghi

A parole, il Consiglio nelle sue conclusioni invoca una gestione coordinata delle misure introdotte dagli stati membri. Sempre la stessa parola chiave, cioè «coordinamento», torna anche in fatto di validità del certificato vaccinale: «Approccio coordinato», insiste il Consiglio. «Bisogna continuare con gli sforzi coordinati», assicurare che «qualsiasi restrizione non comprometta in modo sproporzionato la libera circolazione tra stati membri o la possibilità di viaggiare all’interno dell’Ue», è la dichiarazione sottoscritta dai leader. Alcuni fra loro, come il premier belga Alexander De Croo, si sono esposti sul caso italiano: «Se ciascun paese torna ad agire per conto suo, le cose si faranno sempre più difficili. Dobbiamo mantenere un approccio omogeneo in tutta Europa». Ma nella realtà, Draghi va avanti indisturbato. Al vertice difende la sua scelta e le motivazioni, che ricapitola così: l’Italia, da quando la pandemia è iniziata, ha pagato un costo molto alto sia in termini di decessi, 135mila, che sul piano economico, con una caduta pari al 9 per cento del Pil. Ma al momento, grazie all’alto tasso di vaccinati, circa l’85 per cento, il paese ha un buon vantaggio; per ora la variante Omicron è meno diffusa in Italia che in altri stati membri. «Occorre mantenere questo vantaggio a protezione del nostro sistema sanitario nazionale», dice Draghi. E nello stesso giorno in cui l’Economist sceglie l’Italia come paese dell’anno, e incorona il premier in quanto «rispettato a livello internazionale», le obiezioni dell’Europa non si traducono in azioni incisive.

La debolezza dell’Unione

Non è la prima volta che l’Unione europea, dopo aver predicato una linea omogenea, si arrende alle scelte difformi dei governi. Un caso lampante è quello di inizio anno. L’Unione europea aveva battezzato le sue raccomandazioni: proprio per salvaguardare la libertà di circolazione, Bruxelles chiedeva agli stati di non imporre controlli alle frontiere interne dell’Ue per la pandemia, a meno che non fossero proporzionate all’emergenza. Berlino, all’epoca governata da Angela Merkel – quello di questo giovedì è stato il primo Consiglio con Olaf Scholz cancelliere – a inizio 2021 ha però comunque agito per conto proprio. Proprio per l’arrivo di nuove varianti ha sigillato le frontiere verso Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia. A febbraio i leader europei si sono sperticati in dichiarazioni, hanno detto di temere un effetto domino, ma Bruxelles alla fine non ha mai preso provvedimenti né ha avviato una procedura di infrazione, uno scenario che pure rientrava tra le possibilità in mano all’Ue.

Cosa succede ora

Nel frattempo anche altri governi intervengono sulla scia dell’Italia; la Grecia ha deciso di chiedere l’esito negativo del test Covid a chiunque entri nel paese, e la misura entra in vigore da questa domenica. Mentre Bruxelles si attiva per far scadere i certificati vaccinali dopo nove mesi, così da spingere gli europei a fare il richiamo, intanto aumentano i paesi nei quali la prova di esser vaccinati non basterà più per poter entrare. E come intenda in concreto l’Ue garantire «coordinamento» e «libertà di viaggiare», è ancora da definire. Certo è che anche nel vertice di questo giovedì, nonostante l’esperienza di Omicron, i leader non hanno fatto passi avanti per garantire l’accesso globale ai vaccini, che è la strada per evitare il proliferarsi di varianti. Dalle conclusioni del Consiglio, ancora promesse di donazioni, nessun accenno alla deroga sui brevetti.

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