Solo alla fine della conversazione, nel suo ufficio di via Lazaretská a Bratislava, Beata Balogová si concede una confessione: dopo mesi di attacchi da parte del premier in persona, dopo valanghe di insulti ricevuti, «capita il giorno in cui si crolla. Ho dovuto prendere medicine contro gli attacchi d’ansia». Balogová non è solo la direttrice del più importante quotidiano slovacco, Sme, e una giornalista pluripremiata sia nella sua Slovacchia che a livello internazionale (ha vinto lo European Press Prize). È pure il simbolo della lotta per la libertà di informazione in Slovacchia. O altrimenti detta: è il bersaglio prediletto di Robert Fico, che è tornato al governo da neppure un anno e sta già lasciando il segno profondo di una deriva illiberale. «È partito dalla tv pubblica; fanno tutti così», racconta Balogová. Per «tutti» si intende pure Meloni, e l’ispiratore Orbán, che la direttrice conosce bene (proviene dalla minoranza ungherese).

Nel 2018 Fico aveva dovuto dimettersi dopo l’assassinio di un giornalista, Ján Kuciak. Ora attacca i media pure più di prima?

Gli attacchi non sono mai stati intensi e personali quanto oggi. Fico è sempre stato un nemico della stampa perché i giornalisti portavano alla luce le connessioni tra il suo partito e gli oligarchi. Ci chiamava «serpenti, cretini»; usava le conferenze stampa per attaccarci. Prima dell’assassinio di Kuciak e della sua fidanzata, la sua retorica era brutale, il clima pesante; Fico mandava il messaggio che noi giornalisti fossimo nemici della nazione. Dopo l’omicidio, è stato costretto a dimettersi per le proteste di piazza, e cosa ha fatto? Ha tratto qualche lezione dal fatto che un giornalista fosse stato ucciso? Tutt’altro. Anzi ha accusato i cronisti di incitare le proteste.

Anche Meloni inquadra i cronisti scomodi come nemici della patria.

Lo fa Meloni, lo fa Fico, lo fa Orbán, lo fanno tutti loro.

Vede uno schema comune? Ci sono contatti diretti per concertarlo?

Sicuramente tra Fico e Orbán sì: il premier ungherese manda persino i suoi consulenti a quello slovacco. L’ispirazione orbaniana mi è apparsa chiara per la prima volta quando Fico ha fatto sua la narrazione anti Soros, sostenendo che Soros pagasse le proteste e noi. Da allora ha usato tutto il playbook orbaniano. Non arriva allo stesso grado di controllo perché è all’inizio, e perché qui l’ambiente mediatico è meno dipendente dalla pubblicità statale. Ma per certi versi Fico è andato persino oltre Orbán, che non scende mai sul piano personale quando attacca i giornalisti.

In che modo il premier slovacco ha attaccato lei e il suo giornale?

Già prima di questo governo, il gruppo Penta – dunque non direttamente la politica ma oligarchi come intermediari – ha comprato metà delle quote e ha detto di volerci utilizzare per assicurarsi influenza politica. Siamo poi riusciti a salvare il giornale. Prima di vincere le ultime elezioni, Fico ha attaccato Sme pesantemente ed è arrivato a dire che «l’acqua calda sta bollendo per voi». Poi, dopo l’attentato contro di lui, il premier ha sùbito usato l’episodio per accusare esplicitamente i media critici Sme, Denník N e Aktuality. In modo martellante, ha mandato al suo elettorato il messaggio che ci fossimo noi dietro. In quella fase il volume di messaggi di odio che io e il mio giornale abbiamo ricevuto – già alto – ha raggiunto livelli senza precedenti. «Tu, troia, vuoi Fico morto», mi scrivevano; oppure mi hanno paragonata a un maiale augurandomi di andare al macello. Messaggi simili tra loro, fatti con lo stampino: sono convinta che fossero coordinati, penso che alcuni provenissero da troll. Gli attacchi personali contro le giornaliste donne sono particolarmente virulenti. Intanto il premier rifiuta di farsi intervistare dal mio giornale, ci attacca sistematicamente, va a dire nelle conferenze stampa che io sono una traditrice che danneggia la Slovacchia all’estero.

Il governo Meloni ha esordito con il «cambio di narrazione» in Rai, pure Fico ha iniziato dalla tv pubblica: la deriva illiberale inizia dal controllo del servizio pubblico?

Anche qui da noi il controllo di Fico sulla tv pubblica rappresenta uno snodo cruciale. Il premier lo dice spudoratamente: i giornalisti non sono qui per controllare il potere ma per riportare le cose buone che il governo fa. Inizialmente il governo ha voluto una legge che avrebbe imposto sul servizio pubblico un vero e proprio organo deputato a vagliare i contenuti: sì insomma, a censurarli. Dopo che la Commissione Ue si è mossa, questo organo è stato espunto dalla bozza, ma Fico ha potuto comunque facilmente assumere il controllo della tv pubblica. È sempre stata soggetta all’andamento della politica ma ora è un vero e proprio dipartimento governativo della propaganda: diffonde le parole d’ordine del premier. Un esempio: i pro ucraini diventano “guerrafondai”. Il governo sta rendendo la vita difficile pure alla tv privata Markíza, che di conseguenza ha licenziato la star Michal Kovačič; lui ha lanciato a quel punto una piattaforma video indipendente e l’opinione pubblica slovacca ha donato quasi mezzo milione perché il progetto potesse partire.

Fico è sulla scena politica da tempo. Cosa rende questa fase particolarmente pericolosa in termini di svolta illiberale?

In questa fase per Fico restare al potere è diventato indispensabile per poter aggirare le indagini che coinvolgono figure importanti del suo partito; ormai i suoi problemi di corruzione sono talmente evidenti che il premier - in stile Orbán - vuol far credere che si tratti di un sistema accettabile. Mentre Fico si radicalizza, anche l’attacco ai media si intensifica. E si svolge su più fronti: il controllo politico sulla tv pubblica, il tentativo di controllo su quella privata attraverso leve economiche; le campagne di odio e di delegittimazione contro i giornali liberi, che fanno inchieste. Ho appena appreso che il governo ha acquistato un sistema di sorveglianza e probabilmente è proprio Pegasus (già usato dal governo ungherese per spiare anche i giornalisti). In tutto ciò non va sottovalutato il ruolo della disinformazione. Fico sta legittimando (con tanto di finanziamenti pubblici) portali propagandistici che diffondono contenuti cospirativi, e almeno nel caso di alcuni di essi c’è un comprovato legame con Mosca. Il premier sta trasformando radicalmente il rapporto tra la società slovacca e la verità.

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