Con alle spalle un romantico prato verde e uno smagliante sorriso rivolto alla telecamera, Alice Weidel, leader nazionale dell’AfD, ha chiesto pochi giorni prima delle elezioni-tsunami in Sassonia e in Turingia il «blocco totale dell’immigrazione», la chiusura delle frontiere, l’espulsione degli irregolari afgani, siriani e iracheni ed una moratoria di «almeno cinque anni» di ogni forma d’accoglienza.

Questa è l’ultradestra in Germania, paese la cui cartina dopo il voto del primo settembre mostra il nuovo muro che divide l’est dall’ovest della Repubblica federale: l’ex Ddr è tutta blu, la Germania ovest quasi tutta nera. Blu è il colore dell’AfD, nero quello della Cdu, il partito che fu di Angela Merkel e che oggi è nelle mani di Friedrich Merz, che proprio sui temi delle migrazioni sembra aver imboccato la stessa via dei concorrenti all’estrema destra.

Un quadro che spinge il politologo tedesco Johannes Kiess, docente a Lipsia, a parlare di veri e propri rischi per la democrazia.

Professor Kiess, la domanda che si sente ripetere in questi giorni è se il “muro di fuoco” che finora gli altri partiti tedeschi hanno eretto per isolare l’ultradestra rischi di cedere dopo il voto in Sassonia e Turingia, dove l’AfD ha conquistato oltre il 30 per cento dei consensi.

Il muro in alcune località ha già mostrato tutte le sue friabilità. Il percorso intrapreso dai leader di Cdu-Csu, Friedrich Merz e Markus Söder, porterà inevitabilmente a un’ulteriore normalizzazione dell’AfD, la quale stando ai numeri prima o poi arriverà a raggiungere anche i cristiano-democratici. A quel punto il firewall sarà finito, la Cdu sarà distrutta. La nostra democrazia subirà un danno molto, molto grave.

Eppure non è certo sorprendente questo esito elettorale. Da dove arriva il successo dell’AfD? La storia basta a spiegare l’avanzata dell’ultradestra nell’ex Ddr oppure questa ha che vedere anche con i risentimenti che l’est cova nei confronti dell’ovest della Germania?

Certamente hanno un ruolo l’esperienza della Ddr e soprattutto l’aver vissuto negli anni Novanta il cedimento strutturale del sistema, la disoccupazione e il declassamento: sono esperienze presenti anche nella memoria collettiva dei più giovani. Il fatto è che negli ultimi anni queste esperienze vengono “armate”, per così dire. Il rancore è profondo e ribollente, ha cause più profonde che risiedono nelle condizioni sociali: le persone vanno a lavorare, si vedono negati i desideri ma non vedono progressi. Questo senso di impotenza viene mobilitato dall’AfD e sempre più da altri attori e incanalato nell’odio contro gli altri, i migranti, i Verdi, l’Occidente e la modernità in generale.

Come spiega la fascinazione delle giovani generazioni verso le destre estreme?

Tra i giovani c’è un maggior grado di volatilità elettorale, non hanno ancora un orientamento politico stabile, la fedeltà ai partiti è in calo in tutte le società occidentali. Una volatilità che facilita l’approccio, in particolare tramite TikTok: qui l’AfD è abile nel presentare offerte inizialmente “non politiche” e nel posizionarsi come una “alternativa” del tutto normale. È una strategia che consiste nel presentarsi come realtà apparentemente innocua, ma che in certi momenti è accompagnata dalla provocazione… È simile a quella di Fratelli d’Italia e della Lega, no?.

L’altra grande trionfatrice delle elezioni è Sahra Wagenknecht, leader del primo partito personalistico della Germania dal dopoguerra ad oggi, il BSW (Alleanza Sahra Wagenknecht). Si tratta davvero di una formazione populista e filorussa dalla quale è meglio prendere le distanze, oppure va vista come l’unica alternativa all’AfD?

Il BSW non può ancora essere classificato in modo definitivo, ma l’orientamento populista e filorusso è evidente. Si tratta di un problema davvero grave, che nel lungo periodo minerà la solidarietà con l’Ucraina. E le “proposte” populiste del BSW causeranno ulteriore frustrazione tra la popolazione perché non potranno essere attuate. D’altronde, il BSW non attira gli elettori dell’AfD. Al contrario: ha indebolito soprattutto la Linke (il partito della sinistra, ndr) ma ha preso voti da altri partiti, tra cui la Cdu, così come ha conquistato molti consensi nell’astensionismo. Allo stesso tempo, la sua posizione anti immigrazione, filorussa e populista contribuisce a normalizzare ulteriormente l’AfD.

Poi ci sono gli errori del cancelliere Olaf Scholz e del governo “semaforo”. Com’è possibile che siano in particolare i partiti progressiste ad allontanare gli elettori della Germania orientale?

Penso che liberali dell’Fdp portino una responsabilità non indifferente nell’attuale clima con la sua opposizione all'interno della coalizione – in alcuni casi fino al punto di sabotare la politica del governo – e in effetti il cancelliere e la Spd non sono riusciti a domare il loro partner di coalizione. Naturalmente non c’è mai un solo attore da incolpare: i partiti progressisti devono tutti assumersi la responsabilità per i deficit di comunicazione e la mancanza di una visione con cui entusiasmare i cittadini. I continui cedimenti in tema migrazione – lo stesso presidente federale, socialdemocratico, è arrivato a chiedere una “soluzione” alla migrazione, che è un’espressione assolutamente populista perché la migrazione non deve essere “risolta”, ma “gestita” – dimostrano una mancanza di strategia a lungo termine. Questo stato d’animo e lo spostamento a destra della Cdu sotto Merz stanno avvelenando il clima politico. Credo che la Cdu finirà come la Dc in Italia, come junior partner di un partito post-fascista sotto altre spoglie.

«Quelli che erano troppo vigliacchi durante la dittatura ora si ribellano senza rischi alla democrazia. Si lamentano delle comodità della dittatura, ma le fatiche della democrazia sono loro estranee». Queste cose le ha dette in un’intervista alla Zeit il grande cantautore e poeta Wolf Biermann. È d'accordo?

Biermann ha esposto in modo molto chiaro le ipoteche storiche in ballo, che ancora oggi non sono completamente elaborate. Ho poco da aggiungere, se non che l’eredità storica rende l’AfD ancor più pericolosa degli altri partiti di estrema destra in Europa.

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