Non sono gli enormi trattori piazzati dalla mattina davanti all’edificio dell’Europarlamento di Strasburgo. È la presidente della Commissione europea in persona a passare la ruspa sopra il suo stesso Green Deal.

Ursula von der Leyen non sacrifica solo i provvedimenti per ridurre l’uso di pesticidi, come ha annunciato questo martedì dai banchi dell’Europarlamento. «Sacrifica le sue credenziali verdi, nonché la sua unica eredità», come commenta il giurista europeo Alberto Alemanno. Tutto ciò per orizzonti «di partito» ed elettorali.

La retromarcia di von der Leyen sul fronte climatico è un successo di Manfred Weber – il presidente dei popolari europei – il quale chiedeva lo scalpo del clima anche per facilitare l’avvicinamento del Ppe alle destre estreme. Va letto in questo contesto l’annuncio di trionfo da parte di Giorgia Meloni, che rivendica il sabotaggio della proposta pro clima come una «vittoria anche italiana».

La segretaria dem Elly Schlein – che ha iniziato la sua settimana proprio a Strasburgo – ha accusato «la destra che nega gli effetti dei cambiamenti climatici sugli agricoltori», e ha rilanciato con «un confronto col mondo agricolo che si terrà il 16 febbraio».

Passi indietro sul clima

Che von der Leyen si stesse riallineando con Weber e le destre estreme – le quali hanno fatto dell’attacco al Green Deal la propria bandiera elettorale congiunta in vista del voto di giugno – era già chiaro da tempo. A settembre, nel discorso annuale della presidente sullo stato dell’Unione, il piano verde risultava già subordinato alle priorità delle imprese.

Questo martedì ad ogni modo i segnali si sono moltiplicati: una accelerazione che corrisponde all’avvicinarsi delle elezioni europee e all’approssimarsi dell’annuncio di von der Leyen sulla sua ambizione a restare presidente dopo l’estate.

Le mosse sui dossier arrivati in settimana a Strasburgo erano già in costruzione, ma questo martedì la serie di sabotaggi al green è apparsa nella sua evidenza: non solo niente taglio ai pesticidi, ma deregolamentazione degli ogm, deroghe per l’agroindustria, spinta sul nucleare, riduzione delle ambizioni climatiche.

La Commissione europea ha ad esempio annunciato questo martedì pomeriggio la sua proposta per gli obiettivi climatici da raggiungere entro il 2040; nulla che possa tramutarsi in un concreto iter legislativo prima del voto di giugno, eppure persino la teoria delude gli ambientalisti.

Il piano al 2040 servirebbe a tracciare obiettivi intermedi per il taglio delle emissioni già regolato in vista del 2050. Questo martedì Bruxelles ha escluso l’agricoltura da questo piano intermedio, e non solo: «C’è un enorme buco nero sul versante dei combustibili fossili; l’Europa si decida a decretarne la fine, per ora questo piano è un’ingiustizia climatica» secondo Colin Roche di Friends of the Earth Europa.

Nella comunicazione di Bruxelles sull’obiettivo di tagliare le emissioni di gas serra del 90 per cento entro il 2024, compare anche un piano industriale a favore dei mini reattori nucleari; va ricordato che i piani di Emmanuel Macron per classificare il nucleare come “green” avevano già scatenato battaglie ambientaliste all’epoca del dibattito sulla cosiddetta tassonomia, e già allora von der Leyen aveva preferito i governi al green.

Anche il dibattito d’aula di questo martedì sulla deregolamentazione degli ogm ha origine in un piano della Commissione von der Leyen per aprire quel varco.

Lo scandalo dei pesticidi

E che dire dei pesticidi? Era stata in origine von der Leyen, che nel 2019 aveva messo il Green Deal in cima alla sua agenda, a proporre un regolamento “sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari” (SUR) e quindi il piano di dimezzare l’uso di pesticidi entro il 2030.

Invece questo martedì la presidente ha dichiarato che «la proposta è diventata simbolo di polarizzazione»; in realtà proprio Weber ha contribuito a polarizzare in Ue il dibattito sul clima, aggregando Ppe ed estreme destre contro alcuni capitoli del Green Deal. «La proposta è anche stata respinta dall’Europarlamento», ha aggiunto von der Leyen, confermando indirettamente quest’ampia intesa a destra. «Quindi ne proporrò il ritiro», ha concluso.

L’annuncio – motivato da von der Leyen con il desiderio di andare incontro agli agricoltori – realizza ciò che l’industria dei pesticidi, con la sua intensa attività lobbistica, tentava da tempo. «Questo è uno scandalo», commenta Hans van Scharen del Corporate Europe Observatory, l’osservatorio che ha tracciato le spinte di corporation come Bayer-Monsanto, Basf, Syngenta e Corteva, nonché della lobby dell’agroindustria (Copa Cogeca) per influenzare il dossier.

«È un insulto per gli agricoltori presentare questa scelta in nome loro», tuona Philippe Lamberts, il capogruppo dei Verdi europei. «I piccoli agricoltori lamentano un sistema che li mette nell’angolo, e von der Leyen che fa? Risponde dando potere alle multinazionali dell’agrochimica». Lega e Fratelli d’Italia dichiarano vittoria.

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