Una stanza di preghiera solo per i musulmani, il divieto di agitare le bandiere nero-rosso-oro e il divieto di allattare in pubblico per non offendere. Le fake news che sono fiorite intorno alla zona fan organizzata nei pressi della porta di Brandeburgo per i sostenitori delle squadre dell’Europeo arrivate a Berlino sembrano incredibili, eppure stanno circolando moltissimo negli ambienti di estrema destra che vivono intorno ad AfD.

Tutte notizie che non hanno attinenza con la realtà: effettivamente a Berlino una stanza di preghiera c’è, ma è aperta a tutte le confessioni. Si dà solo il caso che sia dotata di tappeto di preghiera per i praticanti musulmani, che avrebbero difficoltà a portarsi ciascuno il suo. Anche portare le bandiere è permesso, salvo che non siano dotate di un’asta che potrebbe ferire qualcuno: le foto che ritraggono i tifosi senza bandiere sono state scattate nei momenti in cui si seguiva il gioco: quando c’era da esultare le bandiere c’erano eccome.

Lo stesso vale per l’allattamento: l’organizzazione ha predisposto una stanza accessibile per chi ha esigenze mediche o ha bisogno di riposo. Anche in questo caso, nessuna preclusione, neanche per esigenze di “rispetto”. Ma il torneo nelle ultime settimane è diventato lo stesso la fiera del gesto nazionalistici.

Dall’esultanza da lupo grigio del turco Merih Demiral – gesto diffuso nel codice dei nazionalisti turchi – dopo il secondo gol all’Austria che ha provocato la convocazione dell’ambasciatore turco in Germania al ministero degli Esteri all’ormai tristemente famoso coro Ausländer raus intonato sulle note di L’amour toujours di Gigi D’Agostino dai tifosi austriaci. A molto poco è servito l’appello di Michael Gregoritsch: l’attaccante austriaco ha chiesto ai suoi tifosi di non cedere alle tentazioni nazionaliste. «Dovremmo tenere il più possibile la distanza dai precetti della destra e tenere presente quanto sia importante l’eguaglianza, siamo tutti a disposizione del nostro paese» ha detto a Servus Tv.

Le sanzioni

Le manifestazioni di orgoglio nazionale degenerato in razzismo verso gli altri tifosi non si contano. I fan tedeschi si sono prodotti in cori razzisti e saluti romani (che in Germania vengono puniti con una solerzia generalmente maggiore rispetto all’Italia), quelli albanesi hanno sventolato la bandiera della cosiddetta Grande Albania, che descrive un territorio più ampio di quello contemporaneo e hanno urlato ingiurie di stampo etnico fomentati dal campo per bocca di Mirlind Daku. Hanno anche augurato la morte ai serbi, causa condivisa dai sostenitori croati, che pure non hanno esitato a inneggiare alla guerra in Jugoslavia e al criminale di guerra Slobodan Praljak, che dopo essere stato condannato per la pulizia etnica in Bosnia si è suicidato davanti al giudice bevendo del veleno in diretta.

I fan sloveni si sono portati la croce celtica, gli ungheresi hanno esposto striscioni che recitavano “anti-antifa”: una rassegna di comportamenti problematici che né Uefa né federazioni nazionali sembrano in grado di contenere. Per il momento gli organizzatori hanno multato la federazione albanese e quella serba per 10mila euro ciascuna perché i loro sostenitori avevano diffuso «messaggi provocatori» inadatti all’evento: nello specifico gli eventi che hanno provocato la decisione sono stati l’esposizione di una bandiera raffigurante la Serbia che include anche il Kosovo e i cori razzisti dei tifosi albanesi intonati già durante la partita con l’Italia.

Gli effetti di tornei internazionali come gli europei non sono prevedibili: gli osservatori tedeschi per esempio citano “l’effetto Özil”, dal nome del trequartista di origine turca che aveva acceso le speranze dei fan nel 2010, quando una Mannschaft specchio della società ormai multietnica della Germania aveva conquistato i cuori dei tifosi. Il sentimento nei confronti della Nazionale è ben diverso oggi: nei mesi che hanno preceduto il torneo, un sondaggio ha rivelato che per il 21 per cento degli intervistati è troppo poco bianca.

Le origini variegate dei giocatori continuano ad agitare gli animi dell’estrema destra, che a più riprese ha scaricato la propria insofferenza su Antonio Rüdiger. Il fatto che il difensore si sia fatto ritrarre sul suo account Instagram con l’indice alzato ha stimolato la fantasia di alcuni detrattori che hanno associato il gesto alla simbologia dell’Isis. A poco è servita la difesa del giocatore musulmano, che ha attribuito al suo dito un significato di unità e unicità di Dio.

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