L’iniziativa comune di Identità e democrazia, il gruppo sovranista europeo nel quale siede la Lega, e dei Conservatori europei, la cui presidente è Giorgia Meloni, è pronta per il lancio. C’è un terzo componente, la scintilla che ha acceso la nuova alleanza, ed è Fidesz di Viktor Orbán. Da quando il premier ungherese è finito fuori dai popolari europei, ha innescato la ricomposizione delle destre in Europa.

E proprio a Budapest, dove ad aprile si sono incontrati Matteo Salvini e i premier di Ungheria e Polonia, in questi giorni vengono costruite le basi della nuova famiglia. Prima ancora della fusione politica tra gruppi all’europarlamento, si concretizza quella ideologica e culturale, a colpi di venture fondazioni e di alleanze valoriali. La capitale ungherese in questi giorni accoglie tanto salviniani quanto meloniani. Mentre Orbán approva la nuova legge anti Lgbt, la ministra della Famiglia, sua fedelissima, Katalin Novák, discetta di valori cristiani con il leghista Lorenzo Fontana.

Fondazioni cristiane

C’è un documento che traccia un progetto concreto, quello per un Istituto cristian-democratico (“Kereszténydemokrata Intézet”), il nuovo avamposto culturale e ideologico che Fidesz ha progettato di collocare a Buda, cuore della capitale. Il giornale Népszava, un quotidiano indipendente ungherese, ha ricostruito che questo think tank «dovrebbe essere alimentato con il denaro dei contribuenti, nonché con possibili donazioni, quote associative e sovvenzioni per progetti internazionali». Per fare cosa e con chi? Fidesz, ormai fuori dal Ppe e ancora senza casa all’europarlamento, vuole stringere i legami con i partner oltre confine. Come Orbán ha detto dal principio, la base ideologica della nuova alleanza della destra europea sarà «la famiglia tradizionale».

Non è un caso allora che nel progetto della nuova fondazione figuri come responsabile Affari internazionali un italiano: l’ex ministro leghista Lorenzo Fontana, che di recente infila un incarico dietro l’altro. Salvini lo ha arruolato come responsabile Affari esteri della Lega alla vigilia dell’incontro di aprile a Budapest, al quale Fontana ha ovviamente partecipato. Lui in un gruppo unico sovranista-conservatore ha sempre creduto; nel 2019 il piano non è andato in porto, ma questo è il momento. Fontana ha anche un altro asso nella manica per sviluppare le liaison a destra; lo si intuisce dai suoi profili social – una collezione di santini – ma sono soprattutto i rapporti che coltiva e la sua storia a parlare.

A marzo 2019, da ministro della Famiglia, Fontana non solo partecipa, ma patrocina a Verona il World Congress of Families, network ultracristiano, antiabortista e omofobo i cui finanziamenti e radici teoriche attingono tanto alla destra religiosa americana quanto alla Russia degli oligarchi. Un filo lega questa rete a organizzazioni come la fondazione polacca Ordo Iuris, ispiratrice delle iniziative antiabortiste e anti Lgbt di Varsavia, come pure dell’idea di uscire dalla convenzione di Istanbul; proposte accolte come “ispirazioni” dal partito di governo Pis, che è nel gruppo conservatore (Ecr) ma è tra quelli che dialogano per la nuova “famiglia europea”. Questo milieu ideologico culturale è lo stesso nel quale si muove la ministra ungherese Katalin Novák. Lei non solo ha la delega alla Famiglia, ma ha fatto della «famiglia tradizionale» il leit motiv; ed è su temi come questo che fluisce lo scambio con Fontana. I due a fine aprile hanno inaugurato la piattaforma della Conferenza sul futuro dell’Europa discettando di «cristianità da preservare» e di «matrimonio e famiglia tradizionale come basi della società».

Le delfine di Orbán

Novak proviene dalla borghesia di Szeged, ha studiato a Parigi, e con il mondo politico francese – ma non solo – coltiva fitti rapporti internazionali. Orbán, che la ritiene una sua emanazione, non ha esitato ad affidarle incarichi di governo già sette anni fa e, dal 2017, la vicepresidenza del partito. La famiglia tradizionale è la personale crociata di Novak, e questo coincide coi desideri del premier ungherese ancor di più ora, che lui vuol fare della comunità Lgbt il nuovo nemico identitario, sulla scia di quanto già fatto da Andrzej Duda alle presidenziali polacche un anno fa. La ministra si contende il ruolo di delfina – e di possibile successora di Orbán in un futuro lontano – con la collega di governo Judit Varga; i più maliziosi d’Ungheria ritengono Varga persino l’amante del premier, quel che è certo è che lei è la più spinta difensora della “rule of law in stile ungherese”: per lei, l’Ue non deve osare intromettersi nel modo in cui il paese intende la democrazia. E cioè, a detta dello stesso Orbán, come «democrazia illiberale». Entrambe le ministre di questi tempi hanno un gran da fare con la destra italiana. Non solo Lega, pure Fratelli d’Italia.

Ideologie conservatrici

Giorgia Meloni. La rivoluzione dei conservatori è il libro che Francesco Giubilei, presidente della fondazione Tatarella, ha scritto dopo che Meloni ha assunto la presidenza dell’Ecr. Non rappresenta il partito ma per quel mondo costruisce relazioni culturali. Dove si trova ora? A Budapest per una fellowship al Matthias Corvinus Collegium, il cui presidente, Balázs Orbán, è uno degli ideologi di Fidesz. Anche il Danube Institute, il think tank budapestino ultraconservatore fondato da John O’Sullivan, ex braccio destro di Margaret Thatcher, ha avuto fra i relatori l’italiano Giubilei. Che guarda caso ha da poco incontrato Novak e Varga. «L’est è cruciale, dobbiamo ragionare come macro-area», dice; lancerà una rete di think tank coi paesi di Visegrad. I cardini, «le radici cristiane e l’Europa delle nazioni». Il coordinamento politico tra Id ed Ecr debutterà, intanto Lega e Fratelli d’Italia a Budapest hanno già le costruzioni identitarie.

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