Mentre sono tutti accalcati a osservare il pas de deux, il ballo a due tra meloniani e popolari, è sfuggito finora all’attenzione un passo fondamentale. La presidenza del partito dei conservatori europei espugnata da Giorgia Meloni nell’autunno 2020 era in realtà in attesa di un rinnovo da aprile. Restare da premier oppure abdicare al trono?

Un passaggio chiave. Che dopo mesi di proroghe va verso risoluzione questo lunedì: c’è un summit romano in preparazione per sancire ciò che già è consensuale nel partito, e cioè che Meloni resterà alla guida. Le ragioni sono due. Per lei, restare salda al trono nel passaggio delle europee 2024 vuol dire poter gestire l’alleanza coi popolari da una posizione di forza, e mantenendo le briglie dei conservatori. Per questi ultimi, e specialmente per chi come spagnoli e polacchi ha le elezioni imminenti, la leader arrivata a governare l’Italia è un brand vincente da spendersi con l’opinione pubblica.

Il trono, il bivio e il bis

A settembre 2020 Giorgia Meloni ha assunto la guida del partito europeo con spirito da scalatrice: assieme alle tessiture con la destra americana e ai rapporti con Manfred Weber, la leadership dei conservatori è uno scalino fondamentale per la presa del potere di Fratelli d’Italia. Il mandato è però arrivato agli sgoccioli questa primavera.

Restare alla guida del partito o far spazio ad altri in cerca di un podio? Lo snodo di aprile era molto atteso tra i corridoi di Bruxelles. I weberiani ad esempio speravano che Meloni abdicasse al trono conservatore con l’alibi dei troppi impegni di governo, e con la reale motivazione di prepararsi a sciogliere Fratelli d’Italia dentro il Ppe. Tra gli eurodeputati meloniani c’è però la consapevolezza che la vera forza di Meloni sta anche nel suo potere negoziale, ovvero nell’avere altri con sé. Il boicottaggio meloniano del gruppone sovranista che ha definitivamente sbloccato le porte del Ppe a Raffaele Fitto e agli altri Fratelli d’Europa è stato possibile perché i meloniani erano dentro il gruppo conservatore e hanno potuto così dirottarne le intenzioni.

La questione del rinnovo è stata gestita fino a oggi a colpi di proroghe, mantenendo un regime di “prorogatio tecnica”. Questo fino all’inizio della prossima settimana, quando verrà decretato il regime Meloni-bis. Nel weekend frotte di conservatori europei confluiranno a Ischia per un evento di partito – lo Ecr Party Culture Weekend dedicato al turismo – e subito dopo, cioè lunedì, a Roma si terrà la riunione del Consiglio Ecr nella quale interverrà anche Meloni stessa.

Il «brand Meloni»

I meloniani parlano di «probabile riconferma» perché l’acclamazione deve ancora avvenire, ma la sostanza politica è stata già predisposta. «Abbiamo lunedì il consiglio dello Ecr Party, il partito conservatore europeo, e affronteremo questo passaggio proprio in quella sede. Contiamo sul consenso generale delle altre delegazioni», dice il capogruppo dei Conservatori europei all’Europarlamento, il meloniano Nicola Procaccini. Anche i polacchi del Pis, per i quali il Ppe dove siede il loro oppositore Donald Tusk è al momento una soluzione indigeribile? «Sì, perché il fenomeno Meloni è attraente».

È un brand, dicono i meloniani d’Europa. Non appena la leader di Fratelli d’Italia ha trionfato alle elezioni, le destre estreme del resto d’Europa si sono in effetti galvanizzate: ecco, lei al governo ci è andata, hanno concluso. E spera di replicare l’operazione Vox, che strattona i popolari spagnoli per un accordo dopo il voto del 23 luglio, mentre già sperimenta lo schema negli enti locali. I polacchi a loro volta votano in autunno, e per il premier Mateusz Morawiecki la sua omologa italiana è uno slogan perfetto di estrema destra pro Kiev al governo.

In tutto questo Meloni guadagna il controllo pieno dei conservatori – lei al partito, i meloniani al gruppo europarlamentare – per poter gestire le europee di giugno, e soprattutto, i passaggi a due che verranno dopo.

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