«Abbiamo ricevuto centinaia di reclami», ha ammesso questo martedì la procuratrice europea Laura Kövesi.

Da tempo Ursula von der Leyen ha accentrato sempre più potere nelle sue mani – che si trattasse di negoziare con le grandi imprese o di gestire le nomine – e ora il suo stile di governo si ritorce contro le sue stesse ambizioni. Un boomerang si dirige contro un suo bis alla guida della Commissione Ue.

Questo martedì, nei corridoi di Bruxelles – che fosse per una audizione della procuratrice europea o per uno scambio di lettere al vetriolo tra i commissari e la presidente – non si poteva non parlare degli scandali presidenziali.

Uno cova sotto traccia da anni e riguarda la gestione a dir poco personalistica delle negoziazioni per gli acquisti di vaccini. C’è chi lo chiama “scandalo Pfizer”, “PfizerGate”, “SmsGate”, o persino “DeleteGate”, alludendo ai messaggini – tuttora irreperibili – scambiati dalla presidente col ceo di Pfizer.

Poi c’è uno scandalo recente che porta il nome di Pieper (quindi “PieperGate”) come Markus Pieper, fresca nomina di von der Leyen fatta compiacendo la propria parte politica, ma innescando uno scontro micidiale col proprio collegio di commissari, scavalcati in questa scelta controversa.

Le lettere al vetriolo scambiate tra commissari di spicco liberali e socialisti (il macroniano Thierry Breton, l’italiano Paolo Gentiloni, il candidato presidente socialista Nicolas Schmit, il socialista spagnolo Josep Borrell) e la presidente (candidata al bis da un Ppe già poco compatto a riguardo) sono il tema del momento.

Che von der Leyen segua le proprie priorità più che gli iter condivisi, non è certo una novità. Ma ora che le nomine estive sono vicinissime – perché dopo il voto dei primi di giugno ci sarà un summit dei leader a metà mese – i nemici della presidente hanno di che recriminarle.

Non importa che l’obiettivo finale sia farle saltare il bis, oppure indebolirla così da condizionarlo il più possibile: per von der Leyen è il momento del redde rationem.

Von der Leyen e la Procura

Questo martedì due commissioni dell’Europarlamento, che si occupano di libertà civili (Libe) e di controllo del bilancio (Cont), hanno potuto interloquire con Laura Kövesi, la stimata magistrata romena che è alla guida della Procura europea (Eppo).

Un paio di eurodeputati hanno colto l’occasione per chiedere delle indagini in corso sui contratti dei vaccini, visto che Eppo ha preso in mano le carte di una indagine belga su «ingerenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di sms, corruzione e conflitti di interesse» che riguarda proprio la vicenda dello scambio di sms tra von der Leyen e il ceo di Pfizer.

L’eurodeputato verde François Thiollet ha anche ricordato che nella vicenda dei vaccini «alcune accuse riguardano le attività professionali del marito di von der Leyen»: il riferimento è a Heiko e «al finanziamento tramite fondi Ue di filiali dell’azienda per la quale lui lavora, Orgenesis». Un conflitto di interessi del quale si è scritto su Domani.

Kövesi ha detto che non è in condizioni di render pubblici nuovi elementi sulle indagini, ma la sua risposta fa cogliere la portata del dossier: «Abbiamo aperto un’indagine, ci stiamo ancora focalizzando sui fatti, non c’è al momento un sospettato ufficiale, il caso è complesso, dobbiamo controllare tutte le accuse». E ancora: «Abbiamo ricevuto centinaia di reclami».

Fa riflettere la condizione nella quale Eppo svolge il lavoro: dallo scambio di questo martedì emerge che (nonostante i successi e le attività siano in aumento, consentendo all’Ue di recuperare risorse) la Commissione sottofinanzia la struttura. Kövesi allerta: «Un bilancio adeguato serve a restare indipendenti».

Lo scandalo Pieper

Non ci sono solo le indagini della Procura europea, ma pure le furie dei propri commissari, a braccare la presidente. L’innesco è la nomina di Markus Pieper.

A settembre von der Leyen ha annunciato una nuova figura di sua invenzione, l’inviato per le piccole e medie imprese; è una delle tante mosse della presidente per imbonirsi la sua base. A fine gennaio è stato scelto Pieper, eurodeputato cristianodemocratico tedesco, compagno di partito della presidente, nonostante fosse ritenuto il più scarso tra i preselezionati per l’incarico.

Il Corporate Europe Observatory rileva pure che Pieper ha una storia di «politiche per i combustibili fossili, zeli di deregulation, attacchi alle ong e pressioni pro corporation», ritenendo che «la sua nomina accontenti l’ala destra».

Fatto sta che il vero patatrac si è generato perché il collegio di commissari non è stato neppure reso partecipe dell’operazione, così Breton – che fa il gioco di Macron – e i socialisti Borrell, Gentiloni e Schmit hanno contestato l’operazione.

La Matinale Européenne rivela uno scambio di lettere, coi quattro che scrivono a von der Leyen e lei che fa rispondere a un altro commissario, Johannes Hahn, tentando di schivare così lo scontro.

Ma anche gli eurodeputati sollevano lo scandalo del favoritismo. E quanti scandali potrà schivare von der Leyen da qui a metà giugno?

© Riproduzione riservata