Philippe Lamberts è capogruppo dei Verdi europei e grande regista delle operazioni che riguardano la presenza verde in Italia. Lamberts ha una certezza: fosse per lui, Elly Schlein dovrebbe essere nei Verdi. Lo diceva prima che diventasse segretaria del Pd, e continua su questa linea anche ora che «la cosa per lei non è sul tavolo. Ma se volesse, le porte sarebbero aperte». Una dichiarazione di amore (politico) incondizionata. La cosa forse non farà piacere a Giuseppe Conte, che spinge per entrare nel gruppo dei Verdi europei. Intanto le europee 2024 si avvicinano, e con il Ppe che coopera con Meloni, gli ambientalisti di Lamberts rischiano di ritrovarsi in una maggioranza che guarda ancora più a destra.

Farete entrare i Cinque stelle nel gruppo entro le europee? A che punto è il dialogo con Giuseppe Conte?

Procede, abbiamo avuto incontri con Conte, un ampio dibattito nel gruppo, e ora siamo al passaggio successivo: analizziamo convergenze e divergenze e presto inizieremo il negoziato.

So che Lei non ha perso i buoni contatti con Elly Schlein anche dopo che è diventata segretaria del Pd.

Dovrebbe essere con noi. Avrebbe da sempre dovuto essere con noi. Ha fatto una scelta, guarda ai socialdemocratici, e non mi aspetto che il Pd a breve entri nei Verdi. Non è sul tavolo quindi. Ma se volesse sarebbe la benvenuta.

Ha perlomeno chiesto a Conte che – qualora entri nel suo gruppo – sia in coalizione con Schlein nel 2024?

Sì ma penso sia ovvio, in Italia bisogna unirsi se si vogliono vincere le elezioni.

Non è così ovvio: Cinque stelle e Pd alle scorse politiche sono andati divisi.

Non è stato Conte a rompere il campo largo, è stato Letta. Lui direbbe che Conte ha aperto la sequenza che ha portato alla caduta del governo, ma ciò non significa necessariamente far saltare l’alleanza.

Come mai è così certo della sua ricostruzione?

Ero in Italia nei giorni delle dimissioni di Draghi, ho incontrato sia Conte che Letta.

La destra prepara le europee. Ritiene plausibile che i popolari di Manfred Weber provino ad allargare l’attuale “maggioranza Ursula” a Meloni?

Sì, ne sono convinto. Lo schema di gioco del Ppe è sempre stato questo: tentare di essere i più grandi. Dai tempi di Wilfried Martens presidente: la sua linea era «se non sei comunista né socialista allora benvenuto». Dunque per il Ppe anche l’estrema destra è benvenuta.

Lei definisce Meloni estrema destra, in Italia molti non lo fanno. Come se lo spiega?

Quando sento parlare di «governo di centrodestra» penso: ma stanno scherzando? La coalizione è composta da estrema destra (FdI), estrema destra (Lega) e da destra (la componente più piccola, FI). Il centro dov’è? Mi sfugge.

In questa larghissima coalizione – con Meloni dentro – voi entrereste?

Se il Ppe vuole conservare la presidenza della Commissione penso che Ursula von der Leyen – la presidente del Green Deal – sia il miglior modo per riuscirci. Per noi è indispensabile chi fa il programma e di che tipo. Il clima è la priorità e finora i conservatori hanno fatto opposizione al pacchetto fit for 55. Dobbiamo creare una coalizione per rendere più ambiziosi i piani climatici.

Non immagina una sorta di Nupes – l’unione francese di sinistra ecologista - su scala europea?

No. La Nupes è uno strano animale, un artefatto pensato per il sistema elettorale francese, ma se ci fosse il proporzionale neppure in Francia esisterebbe. Non considero questa opzione in Ue perché ci sono troppe differenze.

Con Meloni al governo, in sede Ue voi verdi avete già lamentato gli attacchi alla libertà di stampa – Domani compreso – e ai diritti delle famiglie arcobaleno. Teme una erosione dello stato di diritto in Italia?

Non sono affatto sorpreso di quel che sta accadendo. Forse dirà di esserlo chi vuol ignorare la vera natura di FdI e Lega, chi prova a normalizzarla. Meloni dice: «Siamo conservatori». Ma è estrema destra.

Tra le mosse del governo c’è quella della criminalizzazione degli attivisti climatici. Dalle colonne di Domani persino l’Onu ha espresso preoccupazioni su questo, individuando una tendenza europea. Del resto da mesi il ministro dell’Interno francese parla di «ecoterroristi». È in corso un attacco ai difensori del clima?

Sì, sono preoccupato, il governo francese è arrivato a usare armi da guerra per combattere i movimenti, come è successo a Sainte-Soline.

Eppure in Europarlamento non c’è stata maggioranza per condannare questi abusi.

Se fossero state Ungheria o Polonia, la Commissione europea sarebbe intervenuta, ma alla Francia si tende a perdonare, ed è valso anche in passato su temi fiscali.

In Italia c’è chi pur sostenendo la causa ambientalista si domanda se le tattiche di lotta utilizzate da una fetta di movimento – penso alle vernici di Ultima generazione – siano utili alla causa o sia meglio usare altre strategie. Che ne pensa?

Credo che la disobbedienza civile non violenta sia parte delle azioni legittime. Le vernici sui quadri, se sono protetti dal vetro, non distruggono nulla peraltro.

Questa settimana l’Europarlamento sta varando provvedimenti importanti sul clima. Sono abbastanza ambiziosi e equi?

Questo è il momento in cui l’Ue comincia a prendere l’azione climatica sul serio. Chiaramente produrre beni e servizi più sostenibili per società e ambiente è anche più costoso e si riflette nei prezzi che i consumatori pagano.

Il riequilibrio va fatto intaccando i profitti con regole fiscali e altre iniziative ma questo spetterà anzitutto ai governi per questione di competenze. Penso che il passo attuale sia un passo importante.

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