Secondo il rapporto annuale del Civil liberties union for Europe (Liberties), un’organizzazione a difesa dei diritti umani con sede a Berlino, la libertà di stampa all’interno degli stati membri dell’Unione europea è in serio pericolo.

Nel nuovo rapporto, compilato grazie al supporto di 37 associazioni e organizzazioni della società civile in 19 paesi, sono evidenziate tendenze allarmanti nonostante l’approvazione del nuovo Media freedom act, la nuova legislazione europea in materia.

Le criticità

Secondo l’organizzazione, il settore presenta una serie di criticità non indifferenti: dalla forte concentrazione della proprietà dei media in mano a pochi editori, a norme inadeguate sulla trasparenza delle proprietà, senza considerare le numerose minacce all’indipendenza e ai fondi dei media pubblici. Per quanto riguarda invece i giornalisti, questi continuano a subire minacce, intimidazioni e violenze in diversi stati membri. 

Nel 2023 si sono verificate violenze in Croazia, Francia, Germania, Grecia e Italia, mentre in Ungheria e Slovacchia i giornalisti hanno dovuto affrontare abusi e minacce da parte di politici. In Romania e Svezia, la polizia non è riuscita a indagare adeguatamente sugli attacchi ai giornalisti, sia per mancanza di risorse che per mancanza di volontà, mentre in Francia e Bulgaria gli stessi agenti di polizia hanno attaccato i giornalisti.

«La libertà dei media è chiaramente in costante declino in tutta l’Ue – in molti paesi a causa di danni deliberati o negligenza da parte dei governi nazionali», ha affermato Eva Simon, responsabile senior per la difesa dei diritti presso Liberties. «Il declino della libertà dei media va di pari passo con il declino dello stato di diritto. C’è una stretta correlazione tra i due. Questo è il programma dei regimi autoritari».

Secondo il rapporto l’Italia rimane tra i paesi in cui vengono eseguite il più alto numero di Slapp, ovvero le querele temerarie per mano di politici o imprenditori che hanno l’obiettivo di scoraggiare il lavoro giornalistico.

Il caso Domani

Nel rapporto – basato sui dati del 2023 – vengono citati anche gli attacchi al nostro giornale per mano di membri del governo. «A marzo, Claudio Durigon, sottosegretario al ministero del Lavoro e degli Affari Sociali, ha avviato una procedura legale per diffamazione nei confronti della redazione di Domani – si legge nel documento – Gli agenti di polizia hanno consegnato un ordine di sequestro di un articolo di Domani che esaminava i presunti legami tra Durigon e i membri di un'organizzazione criminale di Latina, a sud di Roma».

A questo si somma la recente inchiesta di Perugia sulla presunta fughe di notizie in cui sono indagati, tra gli altri, tre giornalisti del nostro quotidiano.

Le proposte di legge

Il rapporto menziona anche la nuova normativa italiana che limita la libertà di stampa: «L’Italia ha creato una norma che rende difficile, se non impossibile, la verifica di alcune notizie. Essa impone il divieto di pubblicare qualsiasi contenuto sui motivi dell'arresto o del procedimento giudiziario o sui contenuti delle ordinanze di custodia cautelare, almeno fino al termine dell'udienza preliminare».

«I giornalisti italiani – continua il testo – hanno definito il divieto una “legge bavaglio” e un duro colpo al diritto alla libertà di stampa. Il parlamento italiano ha presentato cinque proposte di legge per riformare il regime della diffamazione. È preoccupante che alcuni di questi emendamenti abbiano spostato l'attenzione dalla necessità di proteggere i giornalisti dalle querele abusive alla necessità di salvaguardare i querelanti e dare priorità ai loro diritti di reputazione rispetto alla libertà di espressione».

Mani sulla Rai

L’Osservatorio sul pluralismo dei media 2023 ha collocato l’Italia tra i paesi in cui l’indipendenza dei media del servizio pubblico è maggiormente minacciata. «Nella primavera del 2023, l’attuale gabinetto ha apportato significativi cambiamenti alla gestione interna della Radiotelevisione italiana (Rai), l’azienda radiotelevisiva nazionale italiana di radiodiffusione, che ha portato alle dimissioni dell’amministratore delegato dell’emittente pubblica», si legge nel rapporto.

«Il successivo amministratore delegato, Roberto Sergio, ha rapidamente attuato una svolta editoriale che si è dimostrata molto più in linea con l'agenda della coalizione di governo», si legge nel rapporto.

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