Domani ha appreso che il report sullo stato di diritto che certificherà gli attacchi alla libertà dei media nell’èra Meloni finirà ufficialmente nell’agenda della Commissione europea per una sua pubblicazione solamente il 24 luglio. La data è politicamente rilevante: significa che il dossier che smaschera il governo italiano e che crea imbarazzi anche a Ursula von der Leyen trapelerà pubblicamente soltanto dopo che i leader avranno deciso sul pacchetto di nomine (nel Consiglio europeo del 27 e 28 giugno) e dopo un eventuale voto dell’Europarlamento il 18 luglio su un secondo mandato von der Leyen. 

Il caso del report

I report sullo stato di diritto vengono stilati dalla Commissione europea ogni anno in particolare da quando – durante la pandemia – Bruxelles si è dotata di un meccanismo che permette di condizionare la erogazione dei fondi europei al rispetto della “rule of law” (lo stato di diritto, appunto). Proprio questa leva aveva consentito di congelare fondi all’Ungheria di Viktor Orbán.

Quest’anno il dossier è diventato particolarmente scottante politicamente perché la presidente di Commissione europea in cerca di secondo mandato ha giustificato la sua propensione a cooperare con Meloni anche sulla base dell’aderenza della premier a tre criteri, tra i quali la rule of law. Nel frattempo la vicepresidente della Commissione Věra Jourová – cioè colei che in Ue si è resa protagonista di uno sforzo inedito per tutelare la libertà dei media, lanciando lo European Media Freedom Act e la legge Ue anti querele bavaglio – aveva sotto mano la bozza del dossier. Sollecitata dalla federazione europea dei giornalisti (Efj), dall’Fnsi e dalle più importanti organizzazioni per la libertà di stampa, Jourová aveva già anticipato le «tendenze negative» dell’Italia.

Mentre la società civile le chiedeva un’indagine, la vicepresidente rispondeva: la abbiamo già. Si tratta del report sullo stato di diritto, appunto. A inizio giugno il suo staff aveva confermato a Domani che la pubblicazione «è al momento prevista a inizio luglio, ma è solo indicativo». Poi la deflagrazione del caso: nel giorno del summit informale tra i leader per discutere le nomine, ovvero il 17 luglio, Clothilde Goujard scrive su Politico che «stando a quattro funzionari le indagini sui media in Italia, cioè il report annuale, pur attese per il 3 luglio, sarebbero rinviate finché la nuova presidenza di Commissione è nominata. Il ritardo pare motivato politicamente: von der Leyen sta cercando il supporto dei leader come Meloni per assicurarsi il secondo mandato».

Come Domani ha appreso, e come ha potuto verificare anche dai documenti ufficiali della Commissione europea, ora il dossier piomba sul tavolo del collegio dei commissari soltanto mercoledì 24 luglio. Cioè – nelle speranze di von der Leyen – dopo una sua riconferma.

Qui tutti i dettagli sul caso e sull’allerta per gli attacchi ai media

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