«Trent’anni fa se ne andarono Pippo Baudo e Mike Bongiorno e la Rai è sopravvissuta. Accadrà la stessa cosa stavolta». La notizia funesta (attesa, a dire la verità) è piombata sulla Rai a fine mattinata quando, in un incontro conclusivo con il dg Giampaolo Rossi, Amadeus ha annunciato il proprio addio all’azienda. Mentre in Rai dissimulano tranquillità – il dg viene descritto «dispiaciuto ma sereno» – il conduttore ha confermato il divorzio con un video pubblicato sui suoi canali social. Peraltro proprio su quel profilo Instagram aperto durante il penultimo Sanremo che ha fatto guadagnare alla Rai una multa per pubblicità occulta.

Nel post ringrazia per «l’autonomia e la serenità» con cui i dirigenti gli hanno permesso di lavorare e riconosce gli «sforzi importanti» compiuti dall’azienda per trattenerlo. Nessuna indicazione sulla destinazione, anche se sembra sempre più probabile che Amadeus possa approdare a Nove. E poi, nessuna smentita delle pressioni che i giornali hanno citato tra le cause dell’addio: la scelta di Mogol come direttore artistico del festival, l’inclusione di Povia nella lista dei big e di Hoara Borselli nella scaletta, o ancora il pranzo con Pino Insegno.

Il rapporto per la Rai si conclude con «rammarico». L’azienda pubblica una nota ufficiale dopo che, soltanto venerdì, aveva parlato di «ricostruzioni fuorvianti e dannose» e l’ad Roberto Sergio condannava «l’infinità di false notizie» sulla trattativa. Nel documento si ribadisce che all’azienda «resta la certezza di aver fatto ad Amadeus tutte le proposte possibili in termini economici ed editoriali nella piena garanzia della massima libertà artistica».

E quando si chiede se siano vere le voci intorno a richieste esplicite fatte al conduttore, da viale Mazzini rispondono che, proprio il rifiuto di Amadeus di accettarle, senza subire conseguenze, sarebbe la prova della libertà di cui ha sempre goduto. Certo, il bacio tra Fedez e Rosa Chemical e la scelta dello stesso Fedez di mostrare la foto del sottosegretario Galeazzo Bignami travestito da gerarca nazista per poi strapparla, sono ricordi indelebili per i Fratelli d’Italia (figurarsi per i dirigenti meloniani in Rai).

A fare la differenza per Amadeus sarebbe stata però l’impossibilità di innovare l’intrattenimento come avrebbe voluto. Oltre ai diversi dissapori che si racconta abbia avuto con qualche dirigente della squadra di Rossi. Emblematico l’episodio dell’Acchiappatalenti, idea proposta a viale Mazzini dal conduttore e rifiutata, salvo poi proporla a Milly Carlucci.

Ad aver contributo alla decisione finale ovviamente anche l’aspetto economico: la proposta di Discovery si muoverebbe sui 18 milioni per quattro anni, 4,5 a stagione. Una cifra che il servizio pubblico non può offrire, fosse anche solo per questioni di opportunità: l’offerta finale sarebbe stata di 3 milioni l’anno.

Il rischio emulazione

Resta il fatto che a lasciare, stavolta, non è un volto dell’intellighenzia di centrosinistra. Non si parla di Fabio Fazio o di Lucia Annunziata, ma del conduttore più nazionalpopolare del servizio pubblico, che sera dopo sera macina share record con Affari tuoi.

Mentre nei corridoi come erede per il game show dei pacchi viene già fatto, con una certa sicurezza, il nome di Stefano De Martino, non è da escludere che I soliti ignoti, l’altro gioco che Amadeus conduceva in Rai, possa migrare con lui verso Nove, visto che il contratto di Banijay con Rai è in scadenza. De Martino ha dalla sua la forza del suo agente Beppe Caschetto, che avrebbe assecondato l’approdo di Amadeus sul Nove – non troppo gradito all’altro suo protetto, Fabio Fazio – proprio per garantire un palco scenico più ampio all’ex ballerino. Per quanto riguarda Sanremo, invece, per la Rai sembra sempre più probabile la scelta dell’usato sicuro.

Il sindaco della cittadina ligure non ha mancato di notare che la convenzione con la Rai per il festival dura soltanto un altro anno, «poi chissà», ma sembra ormai molto quotato il ritorno di Carlo Conti. Un veterano, che ha già condotto il festival tra il 2015 e il 2017, e il cui I migliori anni lo scorso sabato si è fermato al 17 per cento di share. Certo, fanno notare, sarebbe una conduzione vintage, diversa dall’apertura al mondo degli artisti di Claudio Baglioni o dallo stile di Amadeus, capace di raccogliere davanti alla tv generazioni differenti di telespettatori.

Ma lo scenario per la Rai rischia di rivelarsi difficile anche nel quotidiano. Un eventurale game show del conduttore su Nove insidierà la fascia preserale dove finora Rai 1 la fa da padrone, ma potrebbe essere ancora più grave l’impatto di un talent in prima serata.

Intanto a viale Mazzini ci si interroga sul destino di Fiorello che, dopo aver anticipato la decisione di Amadeus per giorni e averlo invitato all’ultima puntata di Viva Rai2! – provocando non pochi mal di testa per il suo attivismo – dovrebbe restare, almeno per il momento. A settembre si vedrà. Giorgia Meloni di dubbi su chi siano i suoi in Rai non ne ha, pazienza se gli addii si contano a frotte. Lunedì 15 aprile ha detto che «i cittadini potranno giudicare se c’è un controllo politico sulla Rai» e, nel caso, se a loro piace questo servizio pubblico. Ad Amadeus evidentemente no.

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