La notte di San Valentino del 1984 è passata alla storia in Italia per la firma dell’accordo separato e il taglio della scala mobile che segnò la fine dell’unità sindacale e la divisione più violenta a sinistra tra il leader socialista Bettino Craxi, capo del governo e autore dello strappo, e il segretario del Pci Enrico Berlinguer, in quella primavera che si sarebbe conclusa drammaticamente con la sua morte sul palco di Padova, mentre era in campagna elettorale per il voto europeo.

L’Italia del 1984 era ancora un paese fondato sulla rappresentanza politica e sociale dei partiti e dei sindacati, lo scontro o l’accordo avvenivano nelle aule parlamentari e ai tavoli di concertazione, anche se il sistema cominciava a sfarinarsi, per dirla con Rino Formica.

Quarant'anni dopo si annuncia per la prossima settimana la marcia dei trattori a Roma, con in prima fila l’immancabile fascista in cerca di pubblicità. La disintermediazione porta ogni categoria, corporazione, lobby, all’arrembaggio di qualsiasi palcoscenico, dal teatro Ariston di Sanremo a palazzo Chigi, in una disgregazione degli interessi impossibili da governare, perché il metodo populista impone che ci sia sempre qualcuno che dice più uno.

Il “fattore Vandecchi”

Lo fa Matteo Salvini con Giorgia Meloni, lo farà l’ex sindaco di Terni Stefano Bandecchi con Salvini, leggere per capire lo studio-reportage di Alessandro Portelli Dal rosso al nero (Donzelli) su Terni, l’anatomia della caduta della città operaia dalla sinistra alla destra al nuovo sindaco che ha scavalcato in populismo FdI e Lega e che ora, da dimissionario, punta a fare lo stesso a livello nazionale.

È il fattore trattore o il “fattore Vandecchi”, un ircocervo a metà tra il sindaco Bandecchi e il generale Roberto Vannacci, i campioni della destra a destra della destra. Meloni punta a tenere queste pulsioni dentro il voto di Fratelli d'Italia, ma deve scontare la concorrenza della Lega.

La sfida europea

A livello europeo, sembrava aver imboccato un’altra direzione, l’asse politico e personale con Ursula von der Leyen, in corsa per un secondo mandato alla Commissione europea. Gli ultimi ingressi nell’Ecr, i conservatori europei di cui Meloni è leader, vanno però nella direzione opposta.

Viktor Orbán e ancor più il francese Éric Zemmour, leader di Reconquête, seguace della teoria della sostituzione etnica di cui si sono abbeverati in Europa i lupi grigi del terrorismo suprematista e nazista (Leonardo Bianchi ne parla in un libro-inchiesta sconvolgente, Le prime gocce della tempesta, edito da Solferino), rappresentano l’opposto dell’ideale europeo.

Eppure il disegno è portare queste forze dentro la futura maggioranza che governerà l’Unione nei prossimi cinque anni: uno scivolamento verso l'estrema destra dell'intera Europa, costruita su un disegno opposto di democrazia.

Ancora il giorno di San Valentino di quarant’anni fa, il 14 febbraio 1984, il parlamento europeo approvò con 237 voti su 311 a favore, solo 31 contrari e 43 astensioni, il Trattato sull’Unione europea, noto come “progetto Spinelli”.

Altiero Spinelli, eurodeputato indipendente eletto nelle liste del Pci, era partito dai nove riuniti nel club del Coccodrillo fin dal 1980, e alla fine aveva trascinato tutte le principali famiglie politiche europee, i democristiani, i socialisti, i liberali.

Chi ha seguito da vicino Spinelli, come Pier Virgilio Dastoli, ricorda come condusse quella battaglia, con un mix di realistica utopia (l’Unione europea) e di acume tattico, non privo di cinismo, nella scelta delle alleanze.

«Se le idee contenute in questo testo non fossero già esistite nella mente della grande maggioranza di questo parlamento, non sarebbe stato possibile inserirle in esso. Io ho solo messo in pratica, come Socrate, l’arte della maieutica. Sono stato l’ostetrica che ha aiutato a nascere questo neonato», disse Spinelli all’indomani dello storico voto che anticipava gli attuali trattati di decenni.

«Dobbiamo prepararci a uscire ancora una volta in mare aperto, predisponendo i migliori mezzi per catturare il pesce e per proteggerlo dai pescecani». Oggi i pescecani sono di nuovo in azione.

Se il Pd di Elly Schlein cercasse un programma per le elezioni europee dovrebbe trovarlo lì, in quella lezione del 14 febbraio di quarant’anni fa e in quel metodo, l’intransigenza degli obiettivi e degli ideali, il realismo della storia, costruire anche in Europa un’alleanza alternativa alle destre e svelare l’imbroglio di chi imbarca nel suo schieramento i peggiori pescecani del continente. Tornare in mare aperto.

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