«Il governo italiano non ha fatto nessun passo indietro rispetto all’attuale normativa in tema di aborto, di diritti degli Lgbtq e compagnia cantante», ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa finale del G7 in Puglia.

Oltre a rilevare lo svilimento operato da Meloni con l’espressione “compagnia cantante”, va spiegato perché la sua affermazione non è del tutto vera.

Le associazioni pro-vita nei consultori

A fine aprile, è stata approvata una norma che dispone l’ingresso nei consultori di «soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità» (legge n. 56/2024). In buona sostanza, si tratta delle associazioni anti-abortiste. Secondo Meloni, la norma si limita ad attuare la legge 194.

Premesso che la legge andrebbe attuata consentendo davvero l'interruzione volontaria della gravidanza (ivg) alle donne che vogliano ricorrervi, cosa talora ardua, occorre fare alcune precisazioni.

Ai sensi della legge n. 194/1978, sulla «tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», la maternità deve essere «cosciente e responsabile», cioè conseguire a una libera determinazione della donna.

In questo quadro va inserito il ruolo dei consultori familiari (legge n. 405/1975). A essi la legge 194 assegna, tra l’altro, il compito di informare la donna in stato di gravidanza circa i «diritti a lei spettanti», i «servizi sociali, sanitari e assistenziali» che le sono «concretamente offerti» (art. 2, lett. a) e la «legislazione sul lavoro a tutela della gestante» (art. 2, lett. b); nonché di adoperarsi «attuando direttamente o proponendo (…) speciali interventi» per risolvere problemi derivanti dalla gravidanza o dalla maternità (art. 2, lett. c) e «contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza» (art. 2, lett. d). Si tratta di azioni tese a favorire la sua libertà di scelta, sia mediante indicazioni sulle leggi in materia sia con la risoluzione di problemi concreti.

Dunque, in base alle norme citate, i soggetti presenti nei consultori possono intervenire solo sulle cause “esterne” alla decisione di interrompere la gravidanza. Pertanto, è escluso possano effettuare attività di pressione morale o di altro tipo - attività spesso svolte dalle associazioni pro-life, come attestano le cronache – che sarebbero in violazione della legge, poiché estranee ai compiti che essa assegna ai consultori, nonché in contrasto con la garanzia della libera scelta della donna.

Un’ultima considerazione. La definizione dell’aborto come “omicidio”, cui talora ricorrono le citate associazioni, può rispondere alle loro convinzioni, ma deve restare fuori dai consultori, ove vale solo la qualificazione dell’ivg come atto legittimo, nel rispetto delle condizioni previste, scaturite dal bilanciamento normativo tra diritti e interessi coinvolti.

Le coppie omogenitoriali

Quanto ai diritti delle persone LGBTQIA+, da un lato, non è del tutto vero che il governo Meloni non li abbia intaccati; dall’altro lato, è senz’altro vero che il governo stesso non abbia posto in essere alcuni atti doverosi per la loro tutela.

Quanto al primo profilo, basti pensare alle coppie omogenitoriali che ricorrono alla gestazione per altri (gpa), pratica che il Parlamento sta vietando anche all’estero (in Italia è già vietata). Nel gennaio 2023, il Ministero dell’Interno, con una circolare ai prefetti, ha chiesto di uniformarsi a una sentenza della Cassazione del dicembre 2022, contraria alla trascrizione automatica degli atti di nascita con l’indicazione di due genitori dello stesso sesso. Di conseguenza, diversi sindaci hanno interrotto la registrazione di tali certificati, avvenuta fino a quel momento, e ci sono stati anche casi di impugnativa di quelli già registrati. Quindi, se è vero che il governo non ha cambiato norme di legge - una circolare ministeriale non è tale - ha comunque inciso sulle trascrizioni.

Quanto al secondo profilo, relativo agli atti non compiuti, l’esecutivo Meloni, come il precedente, non ha assolto al monito della Corte costituzionale che, nel 2021, invitava il legislatore a provvedere alla «ormai indifferibile individuazione delle soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore» nato da gpa. Tali interessi sono oggi garantiti solo dall’adozione in casi particolari, che per la Consulta è strumento inadeguato «al metro dei principi costituzionali e sovranazionali».

A ciò si aggiunga che il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, giorni fa, nel Consiglio Giustizia a Lussemburgo, ha espresso il parere negativo del governo italiano sulla proposta di regolamento per garantire il riconoscimento in tutti gli Stati della filiazione accertata in uno Stato membro, a prescindere dal legame biologico. Il regolamento costituisce un’azione chiave, tra l’altro, nella strategia «per l'uguaglianza LGBTIQ».

Dunque, l’affermazione di Meloni secondo cui sui diritti non si sono fatti passi indietro sembra non avere fondamento. Ma sarebbe meglio dire che sembra proprio una presa in giro.

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