Dove non è arrivato Fleximan, il “giustiziere” dai dubbi princìpi che ha segato decine di autovelox nel nord Italia, arriva un avvocato di Treviso dal passo troppo svelto. La battaglia contro i controlli di velocità segna un punto a favore degli automobilisti dopo una sentenza della Cassazione che potrebbe inondare i comuni di una valanga di ricorsi. Ora le amministrazioni, da nord a sud, temono che le multe fatte con gli autovelox siano annullate perché le macchine di rilevazione non sono omologate.

Il caso è scoppiato a Ca’ Sugana, sede del municipio di Treviso, nel nord-est delle rotonde e dei dissuasori a raffica. Il precedente che potrebbe dare il via ai ricorsi è quello di un avvocato del posto che il 19 aprile ha vinto un ricorso in Cassazione presentato dal comune veneto. L’uomo era stato multato perché viaggiava a 97 chilometri l’ora su un tratto di strada dove il limite è di 90 orari.

La rilevazione era stata effettuata da un apparecchio “approvato” ma non “omologato”, così come non lo sono altre migliaia di autovelox sulle strade di tutto il paese. Il tribunale aveva ritenuto la violazione nulla in primo grado e la scorsa settimana la Corte suprema ha confermato che il verdetto rispetta il Codice della strada.

A velocità limitata

Per il Regolamento d’attuazione del Codice, l’approvazione degli autovelox consiste nell’autorizzazione del prototipo secondo determinati standard. L’omologazione, invece, accerta che il macchinario rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa e ne consente la riproduzione in serie. In altri punti della legge, però, si parla dei due concetti come fossero interscambiabili. La pronuncia della Corte ha adesso stabilito che c’è una «differenza netta e sostanziale».

La paura che la sentenza proietta sui comuni deriva dal fatto che le multe per eccesso di velocità sono rilevate su tutte le strade italiane tramite apparecchi uguali a quelli adottati a Treviso. Si teme quindi l’effetto domino, con i giudici di pace che potrebbero basarsi sulla sentenza della Corte per annullare le multe nei casi in cui gli autovelox siano approvati ma non omologati. Con chiare conseguenze per le casse comunali.

Per quanto riguarda le finanze pubbliche del Veneto, le sanzioni per violazioni al Codice della strada valgono 50 milioni l’anno e la quota riscossa a Treviso è di poco inferiore ai 4 milioni. Del resto, l’Italia è il paese europeo con il maggior numero di autovelox: nel 2021 erano attivi 14.297 sistemi di rilevamento della velocità, più che in Gran Bretagna, Germania e Francia. E il 76 per cento è al nord, soprattutto in Veneto, Lombardia e Piemonte.

Spegnere gli autovelox?

Il pasticcio che ne è uscito necessita di una soluzione rapida. Così a Roma si pensa di reintrodurre nel nuovo Codice della strada, approvato alla Camera e in discussione al Senato, l’equiparazione tra autorizzazione e omologazione. «Siamo preoccupati per la sicurezza stradale, oltre che per i milioni già messi a bilancio dai comuni e che rischiano di saltare: oggi (23 aprile, ndr) abbiamo una videoconferenza con i tecnici del ministero per risolvere il problema» dice a Domani Mario Conte, sindaco di Treviso e presidente di Anci Veneto.

La sentenza degli Ermellini ha invece dato fiato a chi si batte contro i rilevatori. È il caso dell’associazione Migliore tutela, una piccola realtà con sede nel Vicentino che da anni contesta «l’uso indiscriminato» degli apparecchi: «Una sentenza di questo tipo era prevista. Più volte abbiamo fatto presente alle istituzioni che c’è un gap tra autorizzazione e omologazione, ma non ci hanno mai dato ascolto» denuncia a Domani Emanuele Dalla Palma, presidente dell’associazione.

«Ora chiediamo ai comuni di sospendere gli autovelox usati a fini sanzionatori, in modo da evitare conseguenze sotto il profilo amministrativo e risarcitorio» aggiunge Dalla Palma. Più bellicosa è l’associazione Altvelox: «Ci aspettiamo che i prefetti intervengano per fare giustizia. Non vogliamo vedere una sola multa datata dopo il 19 aprile, altrimenti scatteranno le denunce» ha minacciato il portavoce Gianatonio Sottile.

Da Ca’ Sugana fanno però sapere che per ora non toglieranno la macchinetta incriminata. «La teniamo accesa perché mi rifiuto di credere che non ci sarà un intervento immediato da parte del parlamento. I comuni non pensano solo a fare cassa: con l’autovelox sulla tangenziale abbiamo azzerato la mortalità in quel tratto di strada» dice ancora Conte, leghista in quota Zaia che – in nome dell’«autonomia dei sindaci» – si è schierato con il sindaco di Bologna nella disputa con Salvini sul limite dei 30 orari.

Le multe da pagare

La pronuncia della settimana scorsa, in verità, rischia di alimentare false speranze su possibili annullamenti di massa delle sanzioni. Cauti su questo sono gli stessi comitati di cittadini, che non si illudono troppo sugli effetti della sentenza: «La decisione arrivata da Roma difficilmente porterà a una raffica di ricorsi e a pronunce favorevoli. Bisogna cambiare il sistema, non si può andare avanti con azioni legali di singoli automobilisti» avverte Dalla Palma.

La legge stabilisce criteri e tempi precisi per impugnare le sanzioni. Dalla data di notifica della violazione ci sono 60 giorni per rivolgersi al prefetto, con un ricorso gratuito che implica il pagamento di una multa doppia qualora l’istanza venga respinta. Oppure 30 giorni per interpellare il giudice di pace, versando il contributo unificato. Per le sanzioni già pagate o per cui sono scaduti i termini non si può proporre ricorso.

«Se c’è ancora tempo per contestare la multa, per avere certezze sullo stato dell’autovelox va presentata istanza d’accesso presso il comune dove è installato. E, una volta ottenuti gli atti, bisogna analizzare le specifiche tecniche dell’apparecchio interessato» conclude Dalla Palma. Un iter non proprio semplice e che comunque non assicura l’annullamento della sanzione.

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