«Meglio tardi che Bardi», è lo slogan di Piero Marrese, candidato presidente del centrosinistra in Basilicata, e c’è dell’autoironia: si riferisce al travaglio che ha condotto fino alla scelta del suo nome, dopo le rinunce di un candidato dopo l’altro, ognuno lanciato dal Pd e poi stoppato dai Cinque stelle.

Marrese è arrivato tardi, ma sta facendo il suo lavoro: è un amministratore stimato, sindaco di Montalbano Jonio, suggestivo paesino di settemila anime in cima a un cucuzzolo a cui il presidente Napolitano ha conferito il titolo onorifico di città; ma è soprattutto il presidente della provincia di Matera. E, per il miracolo della vittoria del centrosinistra, è proprio a Matera che deve vincere Marrese, spiega chi fino a ieri ha battuto palmo a palmo la regione: «Bisogna vincere nella provincia di Matera, resistere in quella di Potenza, attaccare a pancia sotto Potenza città»: perché lì c’è Mario Guarente, sindaco leghista contestato anche dai suoi, per molti motivi, alcuni dei quali riassunti da un numero pubblicato dal Sole 24 Ore, l’87: è l’ultimo della graduatoria Governance Poll, il primo cittadino meno amato d’Italia.

La rincorsa

Ma la corsa del centrosinistra è tutta in salita. Con sette liste in appoggio, contro le cinque di Marrese, l’ex generale della Guardia di Finanza Vito Bardi, uscente forzista, ha l’aritmetica dalla sua. E poi ha dalla sua anche Marcello Pittella: l’ex presidente della regione, oggi capataz di Azione, finito a destra malgré soi, dopo essere stato escluso dal centrosinistra, su esplicita condizione di Giuseppe Conte. E se Pittella a Bardi non riuscirà a portare in dote tutto il quasi 10 per cento, anche solo un 5 varrebbe 6.500 voti. Che di là sarebbero raddoppiati e avrebbero fatto la differenza.

«Bardi, alto tradimento»

Ieri il centrodestra ha chiuso la campagna elettorale nel capoluogo, al cineteatro Don Bosco. Il giorno prima nella stessa sala c’è stata la segretaria del Pd Elly Schlein; quello prima ancora è arrivato a Matera il presidente del M5s Giuseppe Conte. Per Schlein e Conte, un’altra campagna a comizi rigorosamente separati. Impossibile fare diversamente: l’alleanza nata nei giorni dell’euforia per la vittoria sarda è finita nel gelo pugliese, dopo la fuoriuscita del M5s dalla giunta Emiliano e gli attacchi grillini sulla questione morale. Ricucire prima delle europee, più che difficile, è inutile. Con Schlein è arrivato anche Antonio Decaro, in campagna elettorale da vicecapolista nella circoscrizione Sud. Insieme o separati, nel centrosinistra oggi tutti fanno quello possono: sperando che non sia tardi.

Il giorno prima ancora, il 16 aprile, c’era stato Pier Luigi Bersani, leader carismatico e padre politico del mancato candidato naturale, l’ex ministro Roberto Speranza. Bersani, come sempre, ha allargato il cuore alla piazza e si è rivolto direttamente a Bardi: «È incredibile che questi presidenti di regioni del sud per obbedire al capo di Roma abbiano potuto tradire i loro cittadini. Un generale deve sapere cosa è l’alto tradimento».

Le pessime performance della sanità lucana e il futuro ancora peggiore causa autonomia differenziata sono i due cavalli di battaglia della campagna: Marrese ha promesso che, se vincerà, la prima cosa che farà sarà ritirare l’appoggio della regione allo “Spacca Italia”.

Ma crederci è un atto di fede. «Dipende da quanti elettori di destra restano a casa, schifati dall’accordo con Pittella, che ha fatto cinque anni di opposizione e che ha avuto la peggiore opposizione da Fratelli d’Italia», spiegano.

Solo che la Basilicata val bene una messa, per la destra: le ruggini sono miracolosamente sparite, tutto scordato persino per Bardi, che FdI voleva scalzare dalla poltrona, per poi deporre le armi solo dopo la sconfitta in Sardegna. La destra non è unita, giura a Radio 1 l’imprenditore Vincenzo Chiorazzo, il primo dei candidati presidenti a saltare e l’ultimo a rassegnarsi a Marrese. È vero che ieri alla kermesse potentina mancavano Calenda e Renzi, «li tengono nel sottopalco perché si vergognano». In effetti il manifesto dell’appuntamento sembrava un quiz: nella parte alta, i simboli delle liste: Moderati, Azione, Lega, FdI, Orgoglio lucano, Forza Italia, Basilicata Vera. Sotto, le foto dei leader: ma non le due dell’ex terzo polo.

Il Pd e la dead line lucana

La segretaria Pd ieri ha postato le foto del suo tour elettorale. «Dopo cinque anni di governo disastrosi della destra, che ha abbandonato i territori, messo in ginocchio la sanità pubblica e costretto i lucani a emigrare in altre regioni per curarsi. Il 21 e il 22 aprile è tempo di riaccendere la speranza per questa terra». Sperando nel miracolo di vincere l’unica altra regione contendibile del 2024, per lei questo voto è una dead line.

Domenica 21, a urne ancora aperte (scelta inconsueta, in genere evitata dagli altri segretari), ha convocato la riunione di direzione che lunedì si dovrebbe guadagnare i titoli dei giornali: si affronta finalmente la partita delle liste. E dovrebbe arrivare il fatidico via libera alla sua corsa per Bruxelles. Giocando in anticipo sull’annuncio di Giorgia Meloni. Schlein alla fine dovrebbe correre solo in due circoscrizioni, Isole e Centro, e solo da capolista. Con pazienza in molti le hanno spiegato che le combinazioni ipotizzate nelle altre circoscrizioni avrebbero danneggiato le altre candidate.

Non è detto che il voto di approvazione arrivi domenica stessa (lei ha assicurato che ci proverà). Certo è che in tanti le avevano sconsigliato di trascinare questa discussione oltre il termine del voto della Basilicata: il contraccolpo per una eventuale sconfitta non la rafforzerebbe.

Ma non tutto ancora è pacifico negli elenchi che in queste ore sta compilando Schlein. Oggi gli ultimi ritocchi. Per ora i nomi più solidi sono quelli in cima alle liste: al Nord-Est Cecilia Strada e Brando Benifei, al Nord-Ovest Stefano Bonaccini e Annalisa Corrado; al Centro lei stessa e Nicola Zingaretti (poi Camilla Laureti e Marco Tarquinio, poi in ordine sparso Dario Nardella, Matteo Ricci e Alessia Morani, niente candidatura per la romana Valeria Baglio); al Sud Lucia Annunziata e Antonio Decaro, e nelle Isole ancora Schlein e Pietro Bartolo.

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