Nel centrodestra siciliano è in corso una guerra tra fazioni politiche e in palio ci sono le due candidature che contano: quella a presidente della regione Sicilia e a sindaco di Palermo.

La Sicilia è da sempre considerata regione sentinella, dove le fibrillazioni politiche nazionali si sentono prima che altrove e l’avvisaglia deve servire da avvertimento.

Per questo il segretario della Lega, Matteo Salvini, ha deciso di andare all’attacco: il «primo esperimento di federazione di centrodestra», da verificare alle amministrative di fine maggio. L’annuncio è arrivato ai fedelissimi durante il consiglio federale: allo studio c’è una lista dal nome Prima l’Italia, che dovrebbe servire da contenitore per le «varie sensibilità» del centrodestra, tra cui la Lega, gli autonomisti, i partiti centristi come l’Udc e le liste civiche.

Salvini lo avrebbe definito un tentativo di allargare il perimetro, «con un modello inclusivo» sia per le comunali che per le regionali. In realtà, il primo effetto rischia di essere quello che tutti immaginano già da mesi: l’esclusione, per fatti concludenti, di Fratelli d’Italia dal centrodestra. Tanto più se l’intento è di sperimentare sull’isola e poi esportare il modello sul piano nazionale.

In questo modo si sbloccherebbe l’impasse tra i due partiti – Lega e FdI – che nei fatti sono già divisi ma formalmente nessuno dei due se ne è voluto assumere la responsabilità.

I problemi per la Lega, però, arrivano anche dall’altro pezzo di ex alleanza. Forza Italia, da sempre molto radicata in Sicilia, gode di grande autonomia rispetto al partito nazionale ed è dilaniato da uno scontro interno.

Infatti, non appena la notizia di Prima l’Italia è trapelata, fonti del partito hanno immediatamente precisato che Forza Italia sarà presente con la sua lista alle amministrative di Palermo e Messina. Tradotto: nessuna federazione imbastita in modo unilaterale. Anche dagli autonomisti di Raffaele Lombardo la risposta è tiepida: sì alla federazione, ma alle amministrative di Palermo si presenteranno con tre liste e un loro candidato.

Il caos Palermo

Se anche la lista Prima l’Italia, fortemente sponsorizzata dal leader regionale della Lega Nino Minardo, si facesse, il problema principale rimane uno: manca il nome del candidato sindaco. O meglio, ce ne sono troppi.

Il problema è tutto interno a Forza Italia, dilaniata tra due fazioni: una fedele al commissario regionale Gianfranco Miccichè, l’altra invece – di cui uno dei simpatizzanti sarebbe Marcello Dell’Utri – molto critica con la sua gestione dell’isola.

Risultato: in lizza per il centrodestra ci sono almeno cinque nomi. La deputata Carolina Varchi per Fratelli d’Italia, il deputato leghista Francesco Scoma appoggiato dalla Lega e da una parte di FI; l’ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana Francesco Cascio, candidato ufficiale di FI sponsorizzato dall’area Miccichè; il rettore dell’università Francesco Lagalla in lizza per i centristi; il deputato regionale Totò Lentini per gli autonomisti. Da capire ora è se il lancio di Prima l’Italia possa servire a sfoltire la rosa oppure se sarà un altro tentativo andato a vuoto di ricomporre l’unità. Sono ore febbrili di incontri e di tattiche, con telefonate sul filo Roma-Palermo per tentare di sbloccare la situazione.

Intanto, però, il tempo stringe e il rischio è di arrivare con il fiato cortissimo in campagna elettorale: esattamente l’errore che Matteo Salvini aveva giurato di non ripetere dopo la disastrosa sconfitta delle comunali dello scorso autunno.

Il problema Musumeci

Il vero origine del problema, però, è la regione Sicilia, che andrà ad elezioni in autunno. Il nome che ha spaccato il centrodestra è quello del presidente uscente: Nello Musumeci.

Giorgia Meloni vuole assolutamente ricandidarlo presidente, sulla scia della regola non scritta che gli uscenti hanno sempre un secondo mandato da giocarsi. Musumeci si prepara a una campagna comunicativa a tappeto in cui illustrare la sua attività di amministratore e lanciarsi la volata. Tutti starebbero aspettando una serie di sondaggi commissionati appositamente per vincere le resistenze di Lega e Forza Italia (fazione Miccichè), che sono contrari alla ricandidatura. La ragione? «Con lui si perde», dice una fonte forzista. A non essere piaciuto di Musumeci sarebbe il suo carattere decisionista, poco portato alla condivisione con gli alleati, che gli avrebbe inimicato buona parte di Forza Italia. Per ora, altri nomi non sarebbero sul tavolo ma non sarebbe difficile trovarne, a partire da quello del coordinatore leghista Minardo. Un altro livello dello scontro riguarda poi la logica del pacchetto: la Lega vuole ragionare in contemporanea sulle candidature alle comunali e in regione, Fratelli d’Italia invece vuole separare i due voti proprio perché non considera in discussione la candidatura di Musumeci.

La sensazione, però, è che la Lega non sia più disposta ad aspettare. «La lista Prima l’Italia sarà anche alla base delle regionali d’autunno», ha detto Minardo. L’obiettivo del progetto è quello di «costruire una casa per quegli amministratori locali e quei partiti di centrodestra che non riescono a formare una lista per le elezioni locali. La Lega è già riferimento nazionale di tutti questi mondi, vuole intercettare anche il voto di preferenza alle amministrative».

Le divisioni rimangono tutte aperte. In mancanza della solida alleanza del passato servirebbe un soggetto federatore: la Lega si è candidata, ma le risposte non sembrano incoraggianti e il timore interno è che i sondaggi possano continuare a scendere.

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