Oggi, 22 giugno 2023, sono trascorsi esattamente quarant’anni da quando la cittadina vaticana Emanuela Orlandi ha lasciato la sua casa tra le mura leonine per non farvi più ritorno, una sparizione che è diventata uno dei più grandi misteri d’Italia e del Vaticano.

Il promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, che ha avviato per la prima volta un’indagine della santa sede sul caso a gennaio, in occasione dell’anniversario ha comunicato di aver trasmesso gli atti alla procura di Roma. Sempre per la prima volta, ha «confermato alcune piste».

In mattinata è stata divulgata una nota: «In merito alla vicenda di Emanuela Orlandi, nei mesi scorsi questo ufficio ha raccolto tutte le evidenze reperibili nelle strutture del Vaticano e della Santa Sede, anche cercandone attestazione tramite conversazioni con le persone responsabili di alcuni uffici all'epoca dei fatti». Sono stati direttamente tirati in ballo personaggi interni.

Quindi «ha proceduto all'esame del materiale confermando alcune piste di indagine meritevoli di ulteriore approfondimento e trasmettendo tutta la relativa documentazione, nelle scorse settimane, alla procura di Roma, perché questa possa prenderne visione e procedere nella direzione che ritiene più opportuna». Il Promotore, assicura poi, proseguirà la sua attività nei prossimi mesi, e dopo gli scontri con la famiglia di Orlandi e l’avvocata Laura Sgrò si dichiara «vicino al dolore della famiglia di Emanuela e consapevole della sofferenza che si prova per la scomparsa di un congiunto».

Rispondendo su Rai1, Diddi ha riferito che «abbiamo trovato dei dati che non erano mai stati lavorati e credo che adesso sia il momento per portare a compimento questo nuovo filone di indagini». La famiglia, che ha chiesto le indagini per anni, vorrebbe un supporto pubblico da parte di papa Francesco in occasione del prossimo Angelus, e il fratello Pietro Orlandi si augura che il Vaticano collabori ancora: «Sono tante le cose da chiarire, mia sorella merita verità e giustizia».

Il caso

Negli anni, le piste si sono susseguite intrecciandosi ai depistaggi. Per primo papa Giovanni Paolo II ha fatto presagire che Orlandi fosse stata effettivamente rapita nel giugno del 1983, e papa Francesco dieci anni dopo rivolgendosi al fratello Pietro ha detto: «Emanuela sta in cielo». La famiglia ha sempre ritenuto che il Vaticano potesse avere informazioni preziose.

Quello che è certo è che la figlia quindicenne del commesso del palazzo apostolico uscì dall’appartamento in cui viveva con la famiglia per andare a lezione di flauto traverso, e da allora non è più tornata.

Dal sequestro di matrice terroristica, a un ricatto legato alla crisi dello Ior, tramite il diretto coinvolgimento criminale della Banda della Magliana, fino ad adesso non è mai arrivata la parola fine alle presunte ricostruzioni che si intrecciano alle ipotesi di pedofilia che nel tempo hanno gettato un’ombra persino sul papa santo Wojtyla. Da ultimo ha fatto scalpore un audio di un ex socio della Banda della Magliana che arriva ad accusarlo direttamente.

Un insieme di storie che ruotano attorno alla Santa sede e approdate al suo interno nel 2017, quando Emiliano Fittipaldi – direttore di Domani – ha pubblicato un documento inedito proveniente da una cassaforte vaticana: una sorta di elenco di note spese dello stato pontificio per l’allontanamento domiciliare di Emanuela Orlandi dall’anno del rapimento, fino alla fine degli anni ‘90. Documento che il Vaticano si è affrettato a definire «falso e ridicolo».

L’auspicio adesso è che il santo padre «ricordi con parole di speranza la prossima domenica, durante l'Angelus, Emanuela, una sua cittadina che manca da quaranta anni. Sarebbe un gesto importante, di carità, in pieno spirito evangelico, che metterebbe fine a ogni polemica e rafforzerebbe la volontà di tutti nel cercare la verità», ha detto l'avvocata Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, nel quarantennale della scomparsa di Emanuela.

In parlamento

Mentre proseguono le due indagini, nella procura vaticana e in quella di Roma, il Senato sta discutendo se avviare una commissione di inchiesta parlamentare. La Camera ha già dato il suo via libera all’unanimità, ma la maggioranza in Senato ha iniziato a rallentare e ha deciso di proporre di ridurre la sua durata.

Diddi, convocato in parlamento a inizio giugno, ha detto che il lavoro delle camere sarebbe «un’intromissione perniciosa» e Fratelli d’Italia ha rinviato ancora la decisione. La maggioranza valuta di approvare emendamenti al testo, di fatto un ulteriore rinvio. L’anniversario è arrivato senza l’approvazione del disegno di legge, e se la settimana prossima dovessero passare le modifiche, il testo tornerebbe alla Camera portando ancora a uno slittamento della la commissione.

Carlo Calenda, che con il suo Terzo polo e gli altri partiti di opposizione spinge per l’istituzione, ribadisce l’urgenza. Anche perché quattro decenni sono già passati: «La scomparsa di Emanuela Orlandi, 40 anni dopo, rimane ancora una ferita aperta che lede la dignità dello stato italiano e dei suoi cittadini».

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