Una carriera iniziata con il giornalismo made in Mediaset e proseguita in politica tra le fila delle formazioni del suo proprietario, Silvio Berlusconi. Giovanni Toti è stato prima europarlamentare, e poi presidente di regione per due mandati. Con partiti politici diversi, ma sempre nel perimetro del centrodestra. Fino agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione e alla sospensione dalla guida della Liguria.

L’esordio nel giornalismo

Toscano di nascita ma ligure d’adozione (è nato a Viareggio nel 1968 ma dai primi anni 2000 è residente in provincia di La Spezia), Toti entra in Mediaset nel 1996 come stagista e ci rimarrà per quasi 20 anni, fino al 2014. Un anno dopo il suo arrivo passa a Studio aperto, nel 2001 va in Kosovo come inviato di guerra e, nel 2006, l’anno in cui diventa giornalista professionista, entra a Videonews, la testata del gruppo che si occupa di programmi di approfondimento e di informazione.

Quella di Toti, all’interno di Mediaset, è una scalata rapida. Nel 2007 diventa vicecapo dell’ufficio stampa. Ma il vero balzo in avanti lo compie nel 2010 quando diventa direttore di Studio aperto (dall’anno prima era il vice). Nell’azienda di Cologno Monzese diventerà l’erede di Emilio Fede, perché nel 2012 assumerà anche la direzione di Rete 4 per due anni.

La carriera politica

La carriera politica di Toti (il «moderatissimo», come lui stesso si definisce) è fatta di un puzzle di formazioni politiche diverse ma sempre nel perimetro del centrodestra. Dopo una breve parentesi giovanile nel Partito socialista di Craxi, la vera «discesa in campo» è a fianco di chi anni prima lo aveva assunto come giornalista, Silvio Berlusconi, che lo nomina consigliere politico di Forza Italia in vista delle europee, dove poi verrà eletto, e inizia a far parte del coordinamento del partito. Ormai a pieno titolo nel cerchio magico berlusconiano, con più del 50 per cento dei voti diventa nel 2015 presidente della regione Liguria e lascia Bruxelles.

Nel 2019 il primo strappo con Berlusconi, quando Toti lascia il partito in cui aveva iniziato a fare politica e fonda Cambiamo!, una nuova formazione che accoglie fuoriusciti da Forza Italia. L’anno successivo, nel 2020, con il 57 per cento di voti e un alto gradimento personale viene confermato governatore della Liguria.

La scommessa di Cambiamo! dura poco: tra maggio e luglio 2021, Toti fonda con il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, il partito Coraggio Italia, che voleva essere un Terzo polo ante litteram, prima che fossero Renzi e Calenda a provarci. Anche quest’esperienza avrà vita breve. Perché dopo la caduta del governo Draghi e in vista delle elezioni del settembre 2022, Toti correrà in un cartello elettorale assieme all’Udc e a Noi con l’Italia. Fino a diventare presidente del consiglio nazionale di Noi Moderati di Maurizio Lupi, nell’alveo della maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni e nel partito che alle prossime europee correrà in alleanza con Forza Italia.

Alle porte della scadenza del suo secondo mandato da governatore (la fine naturale della legislatura, in Liguria, è prevista nel 2025), Giovanni Toti è stato nelle ultime settimane tra i più interessati all’approvazione del terzo mandato per i presidenti di regione. Ma con la bocciatura in più occasioni di questa disposizione (in primis da parte di Fratelli d’Italia), per ora la carriera di Toti si ferma – cronologicamente – alle accuse di corruzione per cui, dal 7 maggio, è agli arresti domiciliari.

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