È un “tana libera tutti!”. Se gli emendamenti inseriti nel decreto Agricoltura in discussione in queste ore non saranno ritirati o comunque modificati, la trentennale legge sulla protezione della fauna nel nostro paese – la 157/92 – sarà stravolta. Si aprirà la strada alle canne dei fucili in qualsiasi stagione, senza distinzione dei periodi di migrazione o del silenzio venatorio, si darà il via libera all’impiego dei richiami vivi, che invece andrebbero aboliti perché alimentano il bracconaggio e si impedirà ai comuni cittadini o alle associazioni di contestare i calendari venatori regionali.

Martedì 18 giugno infatti, la commissione Agricoltura del Senato nella sua ultima seduta ha ripreso l’esame del tanto discusso decreto Agricoltura. In questo frangente sono stati presentati 6 ordini del giorno e 693 emendamenti, di cui 16 dai relatori. Tra questi ci sono anche le modifiche alla legge nazionale sulla caccia, presentati in particolare dai senatori della maggioranza.

L’allarme era arrivato già le scorse settimane, quando le varie associazioni ambientaliste, visti gli emendamenti, affermavano che questi non avrebbero avuto nulla a che fare con le tematiche agricole e che, se approvati, avrebbero portato allo smantellamento della normativa italiana sulla tutela della fauna e la regolamentazione della caccia. «In Senato, nel silenzio generale, si sta consumando il più grave attacco alla fauna selvatica degli ultimi 30 anni», spiega Domenico Aiello, responsabile tutela giuridica della natura per il Wwf Italia.

«Con questa serie di emendamenti si vogliono demolire i pilastri che tutelano la nostra biodiversità, uno spregio alla Costituzione e alle norme europee, legalizzando il bracconaggio e i traffici che oggi arricchiscono le organizzazioni criminali». Non solo, ma si consentirebbe l’importazione e la vendita di carni prive dei requisiti di sicurezza per la salute, mettendo a rischio di zoonosi la popolazione.

Il nostro paese è tristemente noto per essere uno dei “punti caldi” del bracconaggio dell’avifauna a livello europeo e in tutto il Mediterraneo. Secondo le stime di Birdlife international, Italia, Egitto, Siria e Libano uccidono illegalmente 16 milioni di uccelli ogni anno. Non molto indietro, con mezzo milione di uccelli uccisi illegalmente, ci sono Cipro, Francia, Croazia, Grecia e Libia.

E ora, sfogliando rapidamente le specie inserite nel decreto, ce ne sono alcune particolarmente protette e rare, come la piccola taccola (Corvus monedula), la pittima reale (Limosa limosa), e il corvo (Corvus frugilegus), tutti uccelli protetti dalle convenzioni internazionali. «La gravità di questa iniziativa è almeno doppia», spiega la Lipu insieme alle altre associazioni. «Siamo di fronte alla violazione delle norme comunitarie che prevedono, tra l’altro, la speciale tutela degli uccelli migratori e la sostanziale dismissione della pratica dei richiami vivi».

Il caso ibis eremita

Alcune di queste modifiche sono mascherate dal cosiddetto “prelievo venatorio”, che dovrebbe servire anche per contenere l’espansione delle popolazioni di cervidi o suidi (come il cinghiale), che oggi viene comunque effettuata dopo il parere tecnico dell’Ispra, ma in realtà nasconde quelle che viene definito dal giornalista Stefano Apuzzo e dal presidente di Gaia Animali & Ambiente Edgar Meyer «un regalo alla frangia più estremista del mondo venatorio e ai bracconieri, che prevede la cancellazione di alcune tra le principali regole che sino ad oggi hanno consentito di garantire un minimo di tutela per la fauna italiana».

Non a caso il nostro paese è un attenzionato speciale da parte dell’Europa. L’Italia infatti, in materia venatoria, è oggetto di una procedura di infrazione e di una procedura Eu-Pilot i cui contenuti vertono su molti dei temi implicati dagli emendamenti. Le due notifiche da parte della Commissione europea hanno segnalato all’Italia un aumento insostenibile della pressione venatoria a carico delle specie protette. L’approvazione degli emendamenti andrebbe quindi ad aggravare le condizioni di inadempienza da parte del nostro paese.

Esempio lampante sono gli atti di bracconaggio nei confronti dell’ibis eremita, specie di uccello migratore scomparsa in Europa da quattrocento anni, ma che è oggetto di un importante progetto di reintroduzione e conservazione che vede il nostro paese come ospite della specie: dall’Austria, dove vengono istruiti al volo, gli uccelli migrano attraverso le nostre Alpi e la pianura padana per andare a svernare nell’oasi di Orbetello. Ma lungo il percorso incontrano spesso le canne dei fucili: ad oggi sono ben 52 i casi di bracconaggio registrati sul nostro territorio.

«Queste modifiche trasformeranno le aree verdi in parchi giochi per i cacciatori, riducendo la sicurezza pubblica e la libertà di circolazione dei cittadini», conclude Aiello. «La natura è un bene di tutti e delle future generazioni e non può essere mercificata per tornaconti elettorali. Ci appelliamo al senso di responsabilità dei senatori chiedendo loro di non consentire questo scempio».

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