Per il Papa la caratteristica fondamentale della democrazia è la partecipazione, intesa come capacità di mettere insieme idee, energie e punti di vista diversi per cercare di risolvere i problemi e le questioni sociali e politiche del nostro tempo.

Secondo il pontefice, insomma, «la democrazia ha insito un valore grande e indubitabile: quello dell'essere “insieme”, del fatto che l'esercizio del governo avviene nell'ambito di una comunità che si confronta, liberamente e laicamente, nell'arte del bene comune, che non è altro che un diverso nome di ciò che chiamiamo politica».

Complessità e democrazia

Così, Francesco, atteso domenica a Trieste per chiudere la 50esima edizione delle Settimane sociali dei cattolici in Italia, ha voluto osare un assaggio dei temi che intende toccare di fronte ai tanti delegati presenti e ai rappresentanti dell'associazionismo cattolico, nell'introduzione a un 'antologia dei suoi discorsi, curata dalla Libreria editrice vaticana e dal quotidiano triestino “il Piccolo”, dal titolo: “Al cuore della democrazia” che è pure il titolo dell'evento in corso a Trieste.

Nel testo, il pontefice mette in guardia dallo «scetticismo democratico», che porta fatalmente al populismo, alla semplificazione artificiale di temi complessi che hanno invece bisogno di una partecipazione più ampia e condivisa per essere affrontati.

La democrazia, spiega il papa, è «una forma di governo che, se da un lato si è diffusa in modo globale negli ultimi decenni, dall'altro pare soffrire le conseguenze di un morbo pericoloso, quello dello "scetticismo democratico”.

La difficoltà delle democrazie nel farsi carico della complessità del tempo presente – si pensi alle problematiche legate alla mancanza di lavoro o allo strapotere del paradigma tecnocratico – sembra talvolta cedere il passo al fascino del populismo».

Tuttavia è proprio nella parola “partecipare” che troviamo il senso autentico di ciò che è democrazia, di ciò che significa andare al cuore di un sistema democratico. In un regime statalista oppure dirigista nessuno partecipa, tutti assistono, “passivi” è l'analisi del pontefice.

Il monito ai cattolici

«La democrazia invece – prosegue nel suo ragionamento il vescovo di Roma – richiede partecipazione, domanda di metterci del proprio, di rischiare il confronto, di far entrare nella questione i propri ideali, le proprie ragioni. Di rischiare. Ma il rischio è che il terreno sia fertile e germogli la libertà.

Mentre invece “balconare”, guardare la finestra di fronte a quanto accade intorno a noi, non solo non è eticamente accettabile ma anche, egoisticamente, non è né saggio né conveniente».

Se da una parte, dunque, le parole del papa sono in forte sintonia con quelle pronunciate sempre a Trieste qualche giorno fa dal capo dello Stato Sergio Mattarella in merito al valore e al significato stesso dei sistemi democratici, allo stesso tempo Francesco sembra spingere il laicato cattolico – protagonista di questa edizione delle Settimane sociali – a prendere il largo, a uscire dalle aule dei convegni per ritrovare il senso di una presenza attiva nella società italiana.

Il papa nel suo scritto ha abbozzato anche una sorta di agenda sociale per il cattolicesimo impegnato sul piano sociale (ampiamente tracciata del resto dal cardinale Matteo Zuppi all'apertura dei lavori mercoledì scorso): «Sono tante le questioni sociali sulle quali, democraticamente, siamo chiamati a interagire: pensiamo a un'accoglienza intelligente e creativa, che cooperi e integri le persone migranti, fenomeno che Trieste conosce bene in quanto vicino alla cosiddetta rotta balcanica; pensiamo all'inverno demografico, che colpisce ormai in maniera pervasiva tutta l'Italia, e in particolare alcune regioni; pensiamo alla scelta di autentiche politiche per la pace, che mettono in primo piano l'arte della negoziazione e non la scelta del riarmo. In sintesi, quel prenderci cura degli altri che Gesù continuamente ci indica nel Vangelo come l'autentico atteggiamento nell'essere persone».

L'intesa con Mattarella

Il cardinale Zuppi, rispondendo ai giornalisti, è tornato, da parte sua, sul discorso pronunciato da Mattarella: «L'intervento del nostro capo dello Stato ha raccolto tanta sapienza di quella democrazia che la generazione dei padri costituenti e quella di coloro che hanno vissuto la guerra ci hanno affidato: la democrazia non è qualcosa di conquistato una volta per tutte, e quindi richiede tanto impegno».

A sua volta, monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara e presidente della Fondazione Migrantes, ha osservato, secondo quanto riporta l'Adnkronos, come nel corso dei lavori sia «stato espresso da parte di tutti la preoccupazione che le autonomie indeboliscano i diritti fondamentali delle persone. Andare toccando gli equilibri che ci sono, con riforme nuove, come ad esempio il premierato, rischiano di intaccare quegli equilibri tutelati dalla nostra Costituzione. Anche in questa direzione ci sono stati diversi interventi».

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