Silenzio stampa e «massima collaborazione con la procura» in relazione al presunto stupro compiuto da Leonardo La Russa ai danni di una ex compagna di liceo. Questo è tutto quel che filtra dalla galassia del presidente del Senato Ignazio La Russa, dopo le violente polemiche dei giorni scorsi in seguito alla nota stampa sull’interrogatorio con assoluzione del figlio e la reprimenda della premier Giorgia Meloni. «Io non sarei intervenuta», ha detto la presidente del consiglio: poche parole ma pesanti come macigni su La Russa, che già aveva capito di aver travalicato i limiti istituzionali e di aver creato un problema politico oltre che, in quanto seconda carica dello stato, uno strappo con il Quirinale.

Del resto, in casi delicati come questo, il clamore mediatico e la circolazione di ricostruzioni parziali non giova né alla vittima né all’indagato. Ora la priorità della famiglia La Russa è quella di procedere in modo da tutelare il ragazzo, che avrebbe continuato a ripetere che il rapporto sessuale con la ragazza c’è stato ma che sarebbe stato consenziente.

Venerdì sera Leonardo è stato convocato dalla polizia, dove è arrivato accompagnato dalla madre e dall’avvocato Adriano Bazzoni. É in questa occasione che gli è stato chiesto di consegnare il telefono e lui l’ha subito fatto.

La richiesta ha riguardato il telefono ma non la sim, però, perchè quella risulta intestata allo studio legale del padre e dunque risulta coperta dall’immunità di cui godono i parlamentari, per cui per il sequestro è necessaria l’autorizzazione del Senato.

Tuttavia, gli smartphone contengono un mare di informazioni anche senza la scheda telefonica: foto, chat e messaggi sono reperibili direttamente dal dispositivo e verranno copiati dai periti, anche se dovranno essere esclusi interlocutori coperti da garanzie costituzionali, come appunto il padre. Tuttavia, risulta a Domani che dalla famiglia emergerebbe grande tranquillità su quello che potrà essere rinvenuto sul cellulare e non ci sarebbe la volontà di impugnare il sequestro. Si procederà con la perizia la prossima settimana, così da lasciare il tempo all’indagato di nominare un proprio perito.

La difesa

Intanto, sul fronte della difesa, si starebbe lavorando per ricostruire i fatti e individuare eventuali prove a sgravio. Il problema principale ha a che vedere con le tempistiche: la denuncia è stata presentata quaranta giorni dopo la notte dei fatti, tra il 18 e il 19 maggio, anche se la ragazza si è recata al centro antiviolenze della clinica Mangiagalli già il giorno successivo. Questo lasso di tempo comporta che oggi non dovrebbero esistere più sono immagini reperibili: quelle dei locali vengono cancellate in genere dopo 24 ore, quelle invece in luoghi pubblici dopo sette giorni. Non resta che cercare testimoni oculari.

Leonardo avrebbe garantito al padre che la ex compagna di scuola lo avrebbe seguito volontariamente a casa e che non dava segni di disagio, per questo fonti di Domani hanno spiegato che – in assenza di immagini – gli avvocati difensori stanno valutando di ascoltare gli agenti della scorta di La Russa, che stazionano davanti alla sua casa di Milano e che potrebbero aver visto i ragazzi entrare in casa, in modo da dare informazioni sulle condizioni di lei. Proprio loro, infatti, potrebbero essere in grado di ricostruire lo stato di eventuale alterazione dei protagonisti di quella serata e portare informazioni utili.

Nello stesso modo si stanno muovendo anche gli inquirenti, che stanno cercando altri frequentatori del locale Apophis dove La Russa e la ragazza si sono incontrati, per ricostruire le ore precedenti al loro ritorno a casa. Secondo l’Ansa, un conoscente della presunta vittima che quella sera si trovava all’Apophis ha detto agli investigatori che lei a inizio serata non sembrava «particolarmente alterata».

Non solo. Il figlio di La Russa ha sempre detto di non aver mai assunto droghe, e ora il collegio difensivo vorrebbe sottometterlo a esami medici per dimostrarlo. Qualcuno ipotizza che i risultati possano essere già depositati nei prossimi giorni. Un’ulteriore prova da portare ai giudici per ricostruire il profilo del ragazzo e la sua intenzione di mettersi a disposizione della procura.

La scelta difensiva, però, è quella della collaborazione più completa e del silenzio mediatico. Nessuna intervista agli avvocati, dopo che quello della presunta vittima ne ha rilasciate molte sui giornali tanto da far muovere l’Ordine degli avvocati di Milano, che ha richiamato i doveri deontologici e i principi di «equilibrio e misura». Tutto per far calare il silenzio su una vicenda complessa con al centro due giovani e una tempesta mediatica e politica intorno.

 

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