L’azzeramento del Reddito di cittadinanza lascia senza supporto, e in attesa di formazione, circa 350mila famiglie. Nuclei che vivono in attesa dell’attivazione effettiva delle politiche attive e quindi sono privati al momento anche del mini-sussidio da 350 euro, che teoricamente spetterebbe a chi avvia un percorso formativo. A certificarlo è lo stesso ministero del Lavoro con la risposta all'interrogazione del Movimento cinque stelle, a prima firma del deputato Dario Carotenuto.

La richiesta era quella di capire quante persone siano state prese in carico dal Supporto formazione lavoro (Sfl), avviato lo scorso 1 settembre, destinato ai cosiddetti occupabili, le persone adulte tra 18 e 59 senza figli minori, disabili oppure over 60 nel nucleo famigliare. E quante stiano effettivamente percependo il sostegno.

I numeri sugli occupabili

La platea è di 400mila nuclei, stando alla stima dell’ufficio parlamentare di bilancio. «Risultano presenti nei sistemi 49.656 domande accolte, al netto di quelle decadute e revocate», ha riferito il sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon. «Per 44.858 domande», ha aggiunto l’esponente della Lega, «risulta presente un patto di servizio, mentre sono complessivamente 24.927 i soggetti presi in carico che risultano avente una politica attiva in corso o avviata successivamente all’accoglimento della domanda».

Cosa significa? Un dato è certo: la fumosità della risposta. A oggi non è noto quante persone percepiscano l’assegno di 350 euro. La stipula del patto di servizio, a cui fa riferimento Durigon, non garantisce l’erogazione automatica delle risorse economiche. Resta che a quattro mesi dal lancio dello strumento, almeno 350mila occupabili non hanno provveduto a inserire la richiesta, creando interrogativi anche sull'efficacia dell'informazione fornita dallo stato. Sono lasciati a bagnomaria. Hanno perso il Reddito di cittadinanza e non hanno altro a cui appigliarsi.

«L’unico obiettivo sin qui raggiunto dal governo è stato quello di abbandonare al proprio destino centinaia di migliaia di famiglie in povertà assoluta, tagliando 2 miliardi l’anno nella lotta alla povertà» dice a Domani Valentina Barzotti, capogruppo del Movimento cinque stelle in commissione lavoro alla Camera.

Politiche non attive

Il problema è anche nell’azione pratica per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro degli ex percettori del Reddito di cittadinanza. La ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, in un’intervista al Sole 24 Ore, ha parlato di «stop ai sussidi a pioggia». Descrivendo una strategia orientata sulle politiche attive. In realtà, tra i 24mila soggetti “presi in carico”, molti non stanno svolgendo attività di reale formazione.

Le tabelle dell’Anpal rivelano che circa 18mila sono fermi alla fase “di inventario”, ossia sottoposti all’analisi delle competenze oppure hanno affrontano la skills gap analysis, quindi lo studio delle mancanze a cui supplire. Sono due voci generiche inserite ad arte nella tabella delle politiche attive. Si tratta solo di un passettino verso la formazione.

Per fare qualche esempio: in Campania 5.894 persone hanno completato il bilancio di competenze, mentre solo 8 hanno fatto la formazione per l’acquisizione di un diploma, a malapena 4 hanno seguito il percorso per ottenere una qualifica e 34 hanno svolto un tirocinio. Numeri simili ci sono in Sicilia: 1.769 persone hanno affrontato il bilancio delle competenze e 3.744 si sono sottoposte alla skills gap analysis. Anche in Piemonte 1.118 occupabili hanno solo fatto il bilancio, altri 727 in Lombardia, a dimostrazione che la questione non è solo meridionale.

Lo smantellamento del Rdc, incalza ancora Barzotti del M5s, «è avvenuto per il martellamento continuo di FdI, Lega e FI sulle truffe e sui percettori “divanisti”», che però stando alle cifre fornite dallo stesso governo, «rappresentano appena l’1,6 per cento del totale delle risorse erogate», chiosa la deputata. Intanto l'opera del governo è compiuta, esaltando le 50mila richieste inserite nella piattaforma governativa. In attesa di avere un quadro chiaro sull’assegno di inclusione, la misura parallela introdotta per i più poveri considerati “non occupabili”.

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