In Sicilia potrebbe esserci una sfida tutta al femminile per la poltrona più alta della regione. È un’idea che balena nella mente di alcuni esponenti del centrodestra siciliano alla ricerca di una quadratura del cerchio per le prossime regionali. È chiaro che la scelta potrebbe, seppure in minima parte, essere influenzata dai risultati delle primarie del centrosinistra che a fine luglio decideranno il candidato di coalizione. Potrebbero scegliere la magistrata Caterina Chinnici, nome di spessore e anche con una certa esperienza amministrativa per essere stata una degli assessori del governo di Raffaele Lombardo.

Oppure l’ex presidente della commissione regionale antimafia Claudio Fava, molto conosciuto ed apprezzato soprattutto negli ambienti della sinistra. O, ancora, un’altra donna, la sottosegretaria M5s Barbara Floridia. Se prevarrà Chinnici, presentata dal Partito democratico, c’è chi dice che nel centrodestra, per contrastarla, potrebbe prendere piede la candidatura di Stefania Prestigiacomo, siracusana, ex ministra dei governi Berlusconi e sua fedelissima da decenni.

I nomi del centrodestra

Ma le dinamiche che scuotono il centrodestra siciliano in questa lunga campagna elettorale sono costellate da anfratti, dove si celano mille variabili. Si dice anche che la discesa in campo di Prestigiacomo potrebbe servire per mitigare lo strapotere che finora ha avuto il presidente dell’Assemblea regionale siciliana (Ars), Gianfranco Micciché, considerato il governatore ombra di Nello Musumeci e oggi suo acerrimo rivale. Il presidente Ars continua a sostenere che il candidato di coalizione deve essere palermitano e di sesso maschile.

Un chiaro profilo che corrisponde alla sua persona o a quello dell’ex presidente del Senato Renato Schifani. Sempre nella “rosa” di Forza Italia, sul tavolo di Berlusconi, si fa anche il nome dell’attuale assessore alle Infrastrutture, Marco Falcone, se non altro perché è persona molto gradita anche al governatore uscente, quindi anello di congiunzione niente male. L’unica nota stonata su Falcone? Il fatto che Micciché sembra lo detesti proprio per la sua vicinanza a Musumeci.

Con una possibile presidente azzurra le mire e il potere di Micciché andrebbero sicuramente mitigati. Questo scenario sarebbe visto di buon occhio anche da alcuni partiti della coalizione, non ultimo dalla Lega che con il “mister preferenze”, il catanese Luca Sammartino, migrato in pochi anni dal Pd a Renzi e infine approdato da Salvini. Alle passate regionali era stato eletto con 32mila voti e ora mira ad ottenere posizioni di prestigio nel prossimo panorama governativo, magari in alternativa proponendo anche il segretario regionale Nino Minardo.

Ma le variabili nel centrodestra sono tante. Sempre se la candidata di centrosinistra sarà Chinnici, nella coalizione si fa avanti anche un altro nome di prestigio, quello del magistrato Massimo Russo. Anche Russo è stato nel governo Lombardo in veste di assessore alla Sanità. Entrambi sono magistrati e quindi il livello della sfida conoscerebbe scenari inediti.

I dubbi di Giorgia Meloni

Se lo scenario dovesse prevedere una sfida Chinnici-Russo allora entrerebbe in gioco anche il peso dell’ex governatore Raffaele Lombardo, che dopo avere ottenuto l’assoluzione piena dalle accuse di voto di scambio con la mafia, adesso sta tessendo la sua tela che lo vede già vincitore alle recenti amministrative in molti paesi della sua terra natia. Ovvero in quell’area catanese che va da Caltagirone sino ai confini con la provincia messinese di Taormina: un bacino di oltre un milione di abitanti. E qui la posta in gioco è alta, perché Lombardo sia con la Chinnici sia con Russo ha avuto rapporti stretti nel suo governo.

C’è chi dice che non è da escludere a priori che Lombardo, se non dovesse trovare l’accordo nel centrodestra, alla fine potrebbe scegliere di stare con la Chinnici, magari per rinverdire quel progetto politico che per alcuni anni del suo cammino alla regione lo hanno visto governare con l’appoggio di una parte dell’allora Pd. Tutto questo sempre se dovesse vincere alla primarie Chinnici, perché altrimenti con Fava o con Floridia tutti gli scenari sarebbero possibili. E Fava e Floridia alle primarie non sono affatto da sottovalutare.

Ma le dinamiche nel centrodestra non finiscono qui. A tenere banco ci sono sempre i “mal di pancia” in Fratelli d’Italia che finora con La Russa ha difeso a spada tratta il governatore uscente Nello Musumeci. Fino a pochi mesi fa Musumeci andava dicendo che lui era al di fuori dei partiti tradizionali, ma ora invece si ritrova armi e bagagli sotto l’ombrello della leader Giorgia Meloni. Quest’ultima ancora non ha sciolto le riserve, forse per due motivi. Il primo è che Meloni vorrebbe prima giocare la partita nel Lazio col suo candidato in pectore, Francesco Lollobrigida. Se lì dovesse avere campo libero dalla coalizione per il suo candidato, siamo sicuri che continuerebbe a insistere su Musumeci?

E difatti qualche primo segnale di cedimento Meloni l’ha avuto in un recente colloquio a Roma proprio con Musumeci al quale avrebbe detto che. Gli avrebbe detto non farà un altro nome alternativo al suo, ma anche che all’incontro con Berlusconi e Salvini non romperà la coalizione e non si straccerà le vesti. Sorvolando sul fatto che ancora molti esponenti di Fratelli d’Italia si chiedono quale sia la molla che spinge la leader a insistere sul governatore uscente, l’altro motivo per cui Meloni non avrebbe finora proposto alla coalizione il nome dell’europarlamentare Raffaele Stancanelli quale possibile candidato unitario è forse dettato da un timore che serpeggia in Fdl.

Quello di presentare un candidato che potrebbe alla fine non essere vincente, visto che Stancanelli, in effetti, non è un politico che sta sulla cresta dell’onda. Ha invece sempre lavorato in sordina, testa in giù su una scrivania. Ma siamo sicuri che sia questa la motivazione che spinge il partito oggi più forte della coalizione a sprecare un nome che potrebbe essere una garanzia quantomeno di unità?

Nemici nel partito

Stancanelli, che già lavora sottotraccia, è colui che cinque anni fa è riuscito a unire tutto il centrodestra e a far vincere Musumeci. Quando invece è stato sindaco di Catania per cinque anni ha fatto camminare sull’orlo del dissesto la città senza mai farla precipitare nel baratro. È un politico che sa fin dove può arrivare per non bruciarsi ed è abilissimo nell’intrecciare rapporti e nel fare accordi. Ma deve in primis fare i conti all’interno del suo partito dove, come lui ha avuto modo di dire più volte ai suoi fedelissimi «si celano i più acerrimi oppositori alla mia candidatura».

L’europarlamentare Fdl, però, ha una freccia al suo arco: quella di tentare di convincere Cateno De Luca, ex sindaco di Messina denominato “Scateno” e l’ex M5s Dino Giarrusso a rinunciare alle loro candidature fuori dal centrodestra, magari con alcune promesse elettorali e di rappresentanza governativa. De Luca finora si è smarcato dal centrodestra, ma ha più volte detto che non sarebbe mai andato con la coalizione se questa avesse deciso di ricandidare Musumeci.

Ma allora con un altro candidato la partita assumerebbe connotati diversi? A quel punto Stancanelli, forte di un accordo insperato, avrebbe maggiori possibilità nell’offrire la sua candidatura alla coalizione. Potrebbe farsi forte dell’appoggio di esponenti come lo stesso Raffaele Lombardo e Luca Sammartino che vedrebbero di buon occhio una sua discesa in campo. È comunque probabile che il nome del candidato di centrodestra per le prossime regionali di autunno sarà probabilmente indicato entro la fine del mese, al termine di un incontro tra Berlusconi, Meloni e Salvini previsto, guarda caso, in concomitanza con le primarie degli avversari. Fino a quel giorno le sorprese potrebbero essere ancora tante.

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