«È bastato un solo secondo perché una singola bomba distruggesse la città di Hiroshima e la vita di 140mila persone. Avevo 6 anni e stavo andando a scuola. Il 6 agosto 1945 tutti i miei compagni e compagne di classe furono uccisi».

Con queste parole Toshiko Tanaka, 84 anni, apre i lavori del Forum parlamentare per l’eliminazione delle armi nucleari, organizzato nell’ambito del G7 da Ican, la campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari che nel 2017 ha ottenuto il premio Nobel per la pace.

La sua storia racconta il dramma di chi ha vissuto in prima persona l’impatto devastante della bomba atomica. Li chiamano “Hibakusha”, i sopravvissuti, che per anni furono ignorati dal governo giapponese e discriminati dalla popolazione per paura di possibili “contagi” radioattivi. Alcuni di loro, tra cui Tanaka, per molto tempo sono stati in silenzio perché non avevano la forza di parlare dell’accaduto, né in famiglia né in pubblico.

«Ho iniziato a testimoniare e condividere la mia storia all’età di 70 anni, quando ho capito di avere la grande responsabilità di far conoscere al mondo come le armi nucleari possono distruggere l’umanità», dice di fronte a parlamentari giapponesi e di Paesi del G7.

A Hiroshima e Nagasaki – città dove morirono più di 70mila persone – oltre alle perdite causate dall’esplosione, vi furono anche quelle dovute alle radiazioni, i cui effetti si sono protratti nel tempo. In migliaia si ammalarono di leucemia, di tumori alle ossa, alla tiroide, di malattie gastrointestinali e degli organi riproduttivi. Altri non furono in grado di lavorare a causa di una perdurante mancanza di forze. Molti di loro morirono a distanza di tempo.

Una profonda rabbia

«Oggi Putin minaccia l’uso di quelle bombe: per una persona come me che ha vissuto quella disumana tragedia e ne porta i segni, è inaccettabile e provoca una profonda rabbia. Il mondo deve fare tutto il possibile per fermare questo oltraggio che potrebbe condurre alla distruzione totale», dice in modo accorato Toshiko Tanaka rivolgendosi ai parlamentari presenti.

E l’obiettivo dell’incontro, come stabilito nella dichiarazione finale, è proprio quello di spingere i leader del G7, che si incontreranno a Hiroshima dal 19 al 21 maggio, a condannare la minaccia dell’uso delle armi nucleari, a includere tra le loro priorità la loro eliminazione, e a riconoscere l’importanza del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), in vigore dal 2021 – non ancora sottoscritto dai membri della Nato, inclusa l’Italia - come strumento per giungere al disarmo globale.

Oggi più che mai tutti i paesi dovrebbero impegnarsi a raggiungere questi risultati. Credo che chiunque abbia avuto la possibilità di parlare con un Hibakusha, come ho fatto io con Toshiko Tanaka che mi ha consentito di conoscere i passaggi della sua difficile esistenza e di vedere i suoi quadri dedicati all’esplosione, si senta ancora più motivato a fare la propria parte nella battaglia per l’abolizione di questi strumenti di morte.

Nel 1945 due sole bombe atomiche uccisero 210mila persone, oggi l’arsenale nucleare in mano a paesi grandi e piccoli ha un volume impressionante: si stima in circa 13mila testate, di gran lunga più potenti di quelle di allora. Ciò implica che non vi sarebbe scampo per l’intera umanità.

«Preoccupa – dice Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana Pace e Disarmo, presente al Forum di Hiroshima – che si parli di bombe nucleari tattiche come di ordigni meno pericolosi. Abbassare la soglia di inibizione del loro uso può indurre a renderlo possibile e questo provocherebbe reazioni a catena dagli esiti letali».

Un futuro di pace

E dire che le armi nucleari siano utili a scopo di deterrenza è falso: fosse vero, non ci sarebbero oggi oltre 60 conflitti in corso nel mondo. Ho appena scritto una lettera alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni chiedendole di prendere al G7 una posizione chiara contro l’uso delle armi nucleari, e di fare in modo che l’Italia sia presente come Paese osservatore all’incontro degli Stati parte del TPNW che si terrà a New York il prossimo novembre.

Inoltre, sarebbe un gesto di grande valore incontrare a Hiroshima gli ultimi testimoni del disastro nucleare. Collaboriamo tutti affinché “mai più”, come si disse allora, nessuna città possa venire spazzata via da una gigantesca nuvola a forma di fungo, e nessuna persona debba vivere l’amara sorte riservata agli Hibakusha.

Mai siamo stati così vicino a una catastrofe, il mondo oggi non può sottovalutare questo rischio. Chi ha potere lo usi per cambiare rotta e assicurare un futuro di pace e sicurezza alle nuove generazioni. E questo si ottiene liberandoci dalle armi nucleari.  

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