«Siamo vivi e vegeti, alla faccia degli iettatori che dopo la tragedia dello scorso giugno ci davano per morti». Maurizio Gasparri rivendica il successo di Forza Italia in Abruzzo, dove gli azzurri hanno portato a casa il 13,4 per cento, pari a quasi 80mila voti. Cinque anni fa erano stati 54mila ed erano valsi al partito di Silvio Berlusconi il 9,1 per cento delle preferenze. Insomma, un vero boom che rimane fuori dalle oscillazioni a cui sono stati esposti Lega e Fratelli d’Italia, che nell’ambito della maggioranza si sono scambiati primo e terzo posto nel risultato regionale. È da qui – e dal risultato della Sardegna, dove FI due settimane fa ha totalizzato il 6,3 per cento, in lieve calo dall’8 di cinque anni fa – che gli azzurri vogliono ripartire verso le europee.

All’orizzonte c’è anche l’appuntamento in Basilicata, dove il presidente uscente di FI Vito Bardi è stato confermato ormai tre settimane fa come candidato del centrodestra ed è ancora in attesa di conoscere il nome del suo concorrente del campo largo. È difficile fare pronostici, ma già il fatto di aver mantenuto una candidatura che la Lega minacciava già di sfilare dalle mani dei forzisti porta ottimismo: il buonumore nel partito di Antonio Tajani cresce addirittura quando si parla del Piemonte, dove Alberto Cirio – uno dei quattro nuovi vicesegretari – è ancora privo di rivali giallorossi e ambisce a una riconferma con percentuali che non lascino spazio ai dubbi.

Secondo i dirigenti la posizione di Forza Italia esce rafforzata dal voto regionale soprattutto grazie a un accurato lavoro sul territorio. «Esattamente come faceva la Lega quando i tempi per loro erano migliori, abbiamo lavorato sulle candidature scegliendo nomi attraenti – spiega Gasparri – come quello dell’ex civico migrato in Forza Italia, Roberto Santangelo, o quello del presidente del Consiglio regionale uscente, Lorenzo Sospiri». Un antipasto di quello che succederà nelle prossime settimane, quando saranno compilate le liste elettorali per le elezioni europee.

Il punto di partenza è una solida presenza al centro sud, agevolata anche dalla perdita di attrattività del Movimento 5 stelle, che crolla anche in regioni che erano roccaforti storiche come l’Abruzzo (dal 20 al 7 per cento) e la Sardegna (dall’11 alle regionali, addirittura il 22 alle ultime politiche, all’8 per cento scarso). «Ma Forza Italia non vuole porsi limiti geografici» dice il capogruppo al Senato. Anzi. A guardare la strategia del partito in vista delle europee l’ambizione sembra piuttosto quella di insidiare la Lega al nord. Il partito di Matteo Salvini, schiacciato a destra di Fratelli d’Italia, vive una fase di sofferenza non indifferente e l’aggressione alle regioni del settentrione da parte di FI, benedetta da Giorgia Meloni, andrebbe a stringerlo in una manovra a tenaglia rischiosa per l’ex capitano.

Insidiare la Lega

Che l’attenzione degli azzurri sia rivolta a nord non è un segreto, lo dimostrano i nomi di peso che Forza Italia ha in mente di arruolare per le europee: per la circoscrizione nord ovest si fanno già quelli di Letizia Moratti e dell’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, ma le intenzioni sono quelle di dare priorità alla ricerca di candidature forti anche per il nord est. Nella medesima direzione, quella di rendere contendibili regioni che in passato erano feudo indiscusso della Lega, vanno anche i rumors di una candidatura dell’ex leghista Marco Reguzzoni.

Lo stesso vale per la disponibilità di Flavio Tosi, approdato in FI già anni fa, che da Verona ha lanciato segnali indiscutibili a Toni Da Re, il leghista veneto espulso dal partito dopo 42 anni di militanza per aver dato del «cretino» a Salvini. Con l’altra mano, FI lavora per consolidare l’asse con via della Scrofa: lo dimostra l’indicazione da parte di Tajani di Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei vicinissimo a Meloni, come migliore commissario europeo possibile per rappresentare l’Italia.

Forza Italia vuole essere alternativa alla Lega anche in termini di promesse elettorali: dove i salviniani si impegnano a fare opposizione durissima a un esecutivo europeo di cui quasi certamente non faranno parte, gli azzurri si pongono in maniera diametralmente opposta. «Il Ppe sarà la forza centrale del prossimo governo europeo – dice Gasparri – Quali altre forze si assoceranno è da vedere, ma noi ci saremo. E potremo mettere mano per esempio alle conseguenze del Green deal sull’agricoltura». Un chiaro appello rivolto a quelle categorie che negli ultimi mesi non si sono sentite rappresentate dal governo nel contrasto con Bruxelles e che a giugno potrebbero scegliere di investire il proprio voto su una forza che sarà sicuramente «in cabina di regia».

Per altro, sottolineano dal partito, con alla guida un segretario come Tajani che conosce Bruxelles come le sue tasche, essendo stato prima commissario e poi presidente dell’Europarlamento. Insomma, la resurrezione di Forza Italia avanza passo dopo passo a spese della Lega. Per dirla con Gasparri, «non facciamo fuochi artificiali, ma l’impianto elettrico c’è».

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