I microfoni devono essere puntati verso il Palazzo, pronti a carpire ogni palpito propagandistico di Giorgia Meloni e della sua squadra. Con lo scopo di diffondere nell’etere i messaggi della destra al potere. Così si spiega la spesa totale di oltre 5 milioni di euro per la macchina da guerra della propaganda del governo. A cominciare dalla presidenza del Consiglio fino ai ministeri meno influenti.

Un massiccio impiego di risorse pubbliche tra uffici stampa e portavoce (che drenano la maggior parte dei soldi), con una miriade di figure – spesso social media manager e spin doctor sotto mentite spoglie – arruolate per offrire l’immagine sfavillante ai cittadini. Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e il collega alla guida dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, sono tra i meno parsimoniosi quando si tratta di comunicatori. Non si fa mancare nulla nemmeno il ministro Francesco Lollobrigida, che di recente ha assunto Paolo Signorelli come capo ufficio stampa al posto di Antonella Giuli, passata all’ufficio stampa di Montecitorio.

Tra la portavoce Barbara Catizzone, da sempre vicino al mondo della destra a Roma, e i vari collaboratori e consulenti nell’ambito comunicativo, il Masaf sborsa qualcosa come 200mila euro. Al governo si conferma un verbo comune: apparire. L’ultima settimana ha manifestato il malcelato fastidio della maggioranza verso l’indipendenza e il pluralismo. Fratelli d’Italia ha rilanciato la proposta, sul disegno di legge diffamazione, del carcere per i giornalisti, contraddicendo l’essenza stessa della riforma che voleva smussare le pene per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Il carcere c’è e ci sarà secondo il progetto della destra meloniana. Nelle stesse ore è terminato l’assalto alla propaganda, dando mano libera ai ministri in campagna elettorale: i componenti del governo avranno un tempo extra rispetto agli altri prima delle europee.

Propaganda Chigi

Così i vari professionisti, di cui si circondano i ministri, potranno lavorare con maggiore serenità, lo spazio diventa quasi illimitato. Quasi la metà dei 5 milioni di euro – poco più di 2 milioni – è drenata da Palazzo Chigi, dove sono di stanza la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, i due vice, Matteo Salvini e Antonio Tajani, oltre ai sottosegretari Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano, e tutti i ministri senza portafogli. I conti vanno quindi divisi in due tronconi.

Per la parte relativa alla premier e alla presidenza nel senso più ampio l’esborso relativi agli staff di comunicazione ammonta a poco meno di un milione e mezzo di euro. I nomi più in vista sono quelli di Giovanna Ianniello, storica portavoce di Meloni che è assunta alla presidenza del Consiglio come «coordinatrice degli eventi di comunicazione», e quello di Fabrizio Alfano, diventato capo ufficio stampa dopo il siluramento di Mario Sechi. Ci sarebbe Patrizia Scurti, che risulta come segretaria, ma di fatto è una factotum. Compresa lo storytelling. Ma chi in questi anni ha scalato la gerarchia, e aumentato lo stipendio a colpi di post e filmati, è il golden boy della comunicazione di Meloni, Tommaso Longobardi, l’uomo dei social. Nel settore è considerato l’erede di Luca Morisi, l’ideologo della “Bestia”, la macchina propagandistica di Salvini.

Il nuovo Morisi

Longobardi ha iniziato a seguire la leader di Fratelli d’Italia quando era ancora alla guida di un partitino di opposizione. All’inizio di questa legislatura aveva un contratto da 80mila euro lordi all’anno, dal dicembre 2023 è stato premiato e ha ricevuto un upgrade per un totale (sommando le varie voci) di 120mila euro. Il 33enne guru del digital è stato l’ideatore di alcuni dei video più noti della premier, tra cui quello del primo maggio dello scorso anno, un piano sequenza per promuovere il decreto Lavoro. Nello stesso campo, però, agisce Alberto Danese, che per 30mila euro figura come «esperto di sito internet, web e sociali media e contenuti multimediali», che con Longobardi condivide un’antica passione per FdI: risulta tra gli autori dell’house organ del partito, La Voce del Patriota.

Da Carmelo Dragotta (75mila euro) a Stefania Gallo (50mila euro), è poi ricco il parterre di collaboratori stampa a Palazzo Chigi, con Gabriella Oppedisano mente della comunicazione economica alla presidenza.

L’ex Bestia

Non è da meno, manco a dirlo, Salvini che ha ingaggiato una serie di professionisti. Il big è il suo storico portavoce Matteo Pandini, che si divide tra Palazzo Chigi e l’attività al ministero delle Infrastrutture. Alle spalle c’è la fila di aspiranti guru che devono affrontare l’immane sforzo di ridare nuova verve all’immagine salviniana, ormai appannata. A giugno dello scorso anno è stato preparato un contratto da 40mila euro per Marco Messa con il compito di curare contenuti multimediali. Stessa somma è stata elargita per Alessandro Pansera e Agostino Pecoraro, cresciuti proprio all’ombra di Morisi che risultano come semplici «esperti» della comunicazione.

Nel mare magnum dei ministri senza portafogli a Palazzo Chigi, che costano intorno a 900mila euro, spicca Nello Musumeci con 160mila euro suddivisi equamente tra l’ex compagno di partito, Carmelo Briguglio, e la portavoce, Silvia Cirocchi, con un ricco curriculum e anche compagna di Gianni Alemanno. Un po’ tutti, da Elisabetta Casellati a Paolo Zangrillo, veleggiano sopra i 100mila euro per accaparrarsi i professionisti necessari.

Ambiente costoso

Al di fuori del perimetro di Palazzo Chigi, è Pichetto Fratin a farla da leone in termini di spesa per la propaganda: dal Mase almeno viene investito, compresi i contratti stipulati dai sottosegretari Claudio Barbaro e Vannia Gava, circa mezzo milione di euro. Oltre all’accoppiata di portavoce, Emanuele Raco, e capo ufficio stampa, Fiorella Corrado, Pichetto Fratin ha pescato professionisti legati ai suoi predecessori.

Per questo ha messo in conto i 50mila euro annui per il contratto di Salvatore Bianca, con un cursus honorum legato al ministero dell’Ambiente: ha collaborato con i ministri Gian Luca Galletti e Corrado Clini. A lui è affidata la mansione di consulente per la comunicazione ambientale. Altri 50mila euro sono stati destinati a Nicola Bonaccini, docente ed esperto di comunicazione pubblica, con la mansione di suggerire le strategie per l’immagine istituzionale. Il suo accordo è scaduto solo di recente, a gennaio. Va meglio a Davide Russo (65mila euro), già alla Sogesid società che gravita nell’orbita del ministero, e tuttora rinforzo di esperti al Mase. Finita qua? Per niente. Pichetto Fratin ha avvertito la necessità di avere con sé pure una consulenza per la comunicazione sulla transizione ecologica da 30mila euro. La destinataria è Alessandra Vitale, a sua volta già presente nella squadra di Roberto Cingolani.

E di mezzo ci sono altri piccoli contratti per esperti di vario genere nella comunicazione, incluso l’accordo da 50mila euro per Crescenzo Mariniello, a cui sono stati affidati i social, e i 15mila euro per Tommaso Sciannimanica, anche lui esperto social ma in particolare per la COP28 e il G7.

Consulenti di ritorno

L’altro ministro Valditara non è da meno. Tra i consulenti figura peraltro Giovanni Sallusti, che ha lasciato il ruolo di portavoce per trovare una consulenza da 20mila euro con lo scopo di garantire «il rafforzamento della comunicazione istituzionale». In totale ci sono altre 6 persone assunte per compiti tra ufficio stampa, monitoraggio e strategia social. Il conto? 150mila euro. A cui si aggiungono i compensi di portavoce e capo ufficio stampa, attualmente in fase di ricerca dopo l’uscita di Giuseppe Braga.

Il ministro della Difesa è altrettanto munifico quando si tratta di costruire un team per l’immagine. Già la sua segretaria particolare, Cristina Cortella, ha un curriculum orientato alla comunicazione. A completare il gruppo ci sono i cronisti Ettore Colombo e Maria Floris, oltre al portavoce ufficiale, il generale Filippo Fulco. Anche in questo caso l’esborso va ben oltre i 200mila euro. Una pratica del resto comune, con poche eccezioni: quasi nessuno spende meno di 100mila euro, dal ministero dell’Interno di Matteo Piantedosi alla Salute presidiata da Orazio Schillaci. Tra queste l’unica una delle poche è la ministra del Turismo, Daniela Santanchè. Tanto attenta a se stessa da badarci in prima persona. Rinunciando addirittura ai maestri della propaganda.

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