IL Tar del Lazio ha bocciato il cartellone dei prezzi medi dei carburanti voluto dal ministro Adolfo Urso, per il tribunale il suo decreto è illegittimo. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy, dopo settimane di polemiche sulle presunte speculazioni e la decisione del governo di mettere in campo un decreto legge, ha emanato lo scorso 31 marzo il decreto ministeriale attuativo, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 maggio.

Il testo stabiliva le regole per l’esposizione dei prezzi medi di benzina, gpl, gasolio, nei punti vendita carburanti, in modo che i clienti, secondo i piani dell’esecutivo, potessero valutare meglio il prezzo finale.

I benzinai però, rappresentati dalle sigle Fegica e Figisc, hanno fatto ricorso, e hanno vinto. Molte le motivazioni per cui il decreto a loro giudizio non poteva essere valido, ma al giudice amministrativo ne è bastata una: il Tar, si legge nella sentenza, ha stabilito che il decreto è una norma e non un regolamento in quanto presenta tutti i caratteri di una fonte normativa. In questo caso però sono mancati due passaggi necessari, ovvero la preventiva comunicazione alla presidente del Consiglio dei ministri e il parere preventivo del Consiglio di Stato: «Si deve, pertanto, concludere per la illegittimità del decreto in parola».

La doglianze

Le doglianze del settore sono state di fatto accontentate lo stesso. Nel ricorso le sigle specificavano: «Il decreto ministeriale impone l’adempimento di obblighi (di esposizione e di aggiornamento del prezzo medio) sproporzionati, ingiustamente afflittivi e irragionevoli, costituendo il prezzo medio un dato assolutamente inutile rispetto alle scelte di consumo degli utenti e non rappresentativo delle dinamiche concorrenziali del settore».

Inoltre il decreto legge da cui deriva «nel prevedere precisi obblighi di comunicazione e di esposizione a carico dei distributori di carburante» per loro violerebbe la Costituzione e così «determinerebbe una ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento a danno di una sola categoria di operatori (i distributori di carburante) in regime di libera concorrenza rispetto ad altri soggetti economici nelle medesime condizioni». Su questi temi il giudice non ha risposto, ma intanto il decreto ministeriale, che aveva avuto il solo via libera della Corte dei conti, è stato invalidato.

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