La politica dei condoni non può continuare, perché alimenta «ulteriori iniquità». Il governo Meloni è avvisato. A mettere nero su bianco tutte le perplessità è stata la corte dei conti, nella relazione sul rendiconto generale dello Stato. Pur attingendo dal tradizionale lessico istituzionale, la magistratura contabile è stata severa in materia di «sanatorie fiscali».

Un argomento noto all’esecutivo. Nell’ultima legge di Bilancio sono infatti state introdotte varie misure dal taglio condonistico. Svetta la rottamazione delle cartelle sotto i mille euro, comprese negli anni dal 2000 al 2015. Ma non è da meno la cosiddetta risoluzione delle controversie pendenti, che consente di chiudere i contenziosi al primo grado di giudizio con uno sconto.

Tensioni in maggioranza

Un’altra grana per Palazzo Chigi, nonostante la linea sia stata quella del silenzio, che fa il paio con la strategia del rinvio adottata sugli altri dossier scottanti, come il Mes e il caso Santanchè. E la Lega ha riservato un buongiorno non proprio amichevole alla ministra del Turismo.

«Se si dovessero verificare i fatti e dovessero succedere delle evidenze per cui ci sono irregolarità o illeciti, è giusto che il ministro si prenda le sue responsabilità», ha detto il vicesegretario del partito, Andrea Crippa. I leghisti pretendono una spiegazione convincente, anche perché in vari ambienti della maggioranza si teme che «Santanchè non possa reggere».

A conferma di un quadro in deterioramento è arrivato il via libera a un ordine del giorno al decreto lavoro, presentato dal Pd alla Camera, in cui si chiede di fare chiarezza sull’uso «appropriato della cassa straordinaria Covid». E nel testo, passato con i voti della maggioranza, viene menzionata la vicenda-Visibilia che riguarda la ministra. «L’hanno scaricata prima che vada in aula», è la tesi dei dem.

Così tra bocciature di organismi esterni e tensioni tra alleati, la premier Meloni ha preferito dedicarsi ai comizi in parlamento per innalzare una cortina fumogena. Ma non è servito a molto. La relazione della corte dei conti inchioda il governo, sottolineando che gli «effetti negativi di una politica fiscale basata su frequenti e reiterati condoni sono molteplici», perché «rischia di sollecitare aspettative di ulteriori condoni futuri, resi necessari proprio dalle medesime difficoltà finanziarie».

Viene insomma attivata una spirale negativa. E non solo. Secondo i magistrati contabili, la politica dei condoni «mina alla radice la credibilità del sistema, sottraendo alle imposte il loro significato di strumento democratico di finanziamento della cosa pubblica».

Parole che a Palazzo Chigi e dintorni non sono state ascoltate con piacere, benché nessun ministro si sia esposto in maniera ufficiale. Il colpo è stato incassato in silenzio nell’ottica del “troncare e sopire”. Anche se dall’opposizione la presidente dei deputati del Pd, Chiara Braga, ha rilanciato: «I condoni sono un’ingiustizia. Il governo vi ricorre sperando di fare cassa. Ma alla fine le entrate sono sempre sotto la soglia del dovuto». 

Delega con sanatoria

E se quello che è stato fatto è ormai in archivio, resta aperto il capitolo futuro, di cosa farà il governo nei prossimi anni. La delega fiscale, in esame in commissione finanze alla Camera, contiene misure che alimentano la logica della sanatoria.

«Con il principio del confronto preventivo, si favorisce la tentazione di dilazionare i pagamenti, alimentando di conseguenza la tendenza all’attesa del condono. Proprio quello che ha evidenziato oggi la corte dei conti», dice a Domani Toni Ricciardi, vice capogruppo del Pd alla Camera «Il governo dice di voler aiutare i contribuenti in difficoltà. Ma in realtà prevede le misure in maniera indistinta e così con le proprie scelte invita scientemente a rinviare i pagamenti o addirittura occultare i redditi facendo affidamento sulla sicurezza di un prossimo condono», aggiunge il capogruppo del Movimento 5 stelle in commissione finanze, Emiliano Fenu.

Una presa di posizione, quella della corte dei conti, che ha allontanato le previsioni di una relazione soft dopo le tensioni con il governo. La limitazione dei poteri sul Pnrr non ha scalfito l’inflessibilità dei magistrati contabili. E anzi sul tema il presidente della corte, Guido Carlino, ha rivendicato la centralità dell’organismo: «Si manifesta con particolare intensità, nel delicato circuito democratico, il ruolo di garanzia della magistratura contabile a salvaguardia dei principi costituzionali che presidiano la sana gestione finanziaria».

Un concetto ribadito con altrettanta forza dal procuratore generale Angelo Canale: «Il 'controllore' non opera per sé, ma esclusivamente nell'interesse pubblico, di tutti e di ciascuno di noi. Opera in ossequio alla Costituzione e nell’interesse dei cittadini». Così, nemmeno il tempo di incassare la bacchettata sul “condonismo”, ecco che sul tavolo piomba l’altra questione scottante: il Mes. Domani a Montecitorio è prevista la discussione generale. La via d’uscita è lo slittamento. Non il miglior biglietto da visita per il consiglio europeo.

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