«A Bologna può esserci il vero centrosinistra a trazione progressista che si dovrebbe costruire nel resto del paese». Matteo Lepore, classe 1980, assessore alla Cultura, al turismo e all’immaginazione civica del comune di Bologna, ci tiene a precisare di non essere ancora il candidato sindaco – né ufficiale né in pectore – del Partito democratico per le elezioni amministrative della città. Ma sa già quale percorso intraprendere, se la coalizione dovesse convergere sul suo nome. Nome che è al momento il più quotato, soprattutto da quando l’attuale sindaco di Bologna, Virginio Merola, l’ha investito esplicitamente per la corsa alla successione («a Lepore la campanella di sindaco, senza primarie») e il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, l’ha definito «giovane e capace».

Del resto secondo Lepore a Bologna bisognerebbe replicare proprio il “modello Bonaccini” delle regionali 2020: una coalizione ampia che va dalla sinistra di Elly Schlein al centro del leader di Azione, Carlo Calenda. Lo stesso che dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti qualcuno vorrebbe esportare a via del Nazareno portando il presidente dell’Emilia alla guida del Pd.

Per costruire questa coalizione ampia, l’assessore alla Cultura, chiede una «fabbrica del programma», come quella lanciata da Romano Prodi per le politiche del 2006 – che al tempo non era una metafora, ma un autentico capannone industriale in cui cittadini, esperti e politici potevano confrontarsi sui contenuti. Finché la pandemia non permetterà diversamente, la fabbrica 2.0 di Lepore – particolarmente attivo su tutti i social – non potrà che essere virtuale. 

Tormenti democratici

Il percorso, prima di arrivare alla coalizione, andrà intanto chiuso all’interno del Partito democratico bolognese e l’esito non è affatto scontato. «Se non si trova l’accordo su un’unica candidatura, ci saranno le primarie – dice Luigi Tosiani, segretario del Pd di Bologna – soprattutto con il rinvio delle amministrative all’autunno». Nel Pd bolognese il prossimo momento di confronto sulle candidature sarà la direzione cittadina che dovrebbe svolgersi nei prossimi giorni.

Le Sardine

Guardando la situazione dall’esterno, il leader delle Sardine Mattia Santori sintetizza così: «Il Pd deve prima risolvere le proprie magagne interne, poi noi valuteremo che ruolo avere», proprio al pari di una «forza di coalizione». Il movimento sarà in ogni caso della partita, perché a Bologna le Sardine ci sono nate, il 14 novembre 2019, ed è lì che hanno mostrato quanto e come una mobilitazione civica possa spostare voti in campagna elettorale. Secondo Santori, nel capoluogo emiliano il centrosinistra potrebbe permettersi «un progetto più coraggioso» ed evitare una coalizione ampia «con i moderatissimi e con gli ex democristiani». Non esattamente la strada che vogliono percorrere i democratici.

Il Movimento 5 stelle

Il tema dell’alleanza con il M5s, urgente e intricatissimo a Roma, nel centrosinistra bolognese, in verità, non è molto sentito. Non c’è nessuna chiusura, ma nemmeno la «necessità di replicare alleanze precostituite a livello nazionale», precisa il segretario del Pd bolognese Tosiani. Per una questione di rapporti di forza: alle regionali di gennaio 2020, il candidato dei Cinque stelle è arrivato al 3,5 per cento, la coalizione di Bonaccini al 51. «L’ex segretario Zingaretti ha detto che ogni territorio potrà decidere sulle alleanze», ribadiscono sia Tosiani che Lepore. «Noi faremo la nostra proposta programmatica». Come a dire: poi toccherà agli altri dirci se ci vogliono stare.

Il Movimento 5 stelle bolognese è attraversato da profonde divisioni ancor più di quello nazionale. Massimo Bugani, capogruppo M5s in comune a Bologna e contemporaneamente capo dello staff della sindaca Virginia Raggi a Roma, ha già aperto alla possibilità di un’alleanza con il Pd, senza porre veti nemmeno su Italia viva. Il metodo non è piaciuto alla consigliera regionale Silvia Piccinini, a cui è sembrata un’imposizione calata dall’alto: «Bugani è disposto a svendere il Movimento pur di ricollocare sé stesso, ha cercato la spaccatura dentro il gruppo anziché accompagnarlo verso il dialogo con il centrosinistra».

Tuttavia, anche Piccinini si dice a favore dell’asse con il Pd, precisando che «le alleanze non si fanno a tavolino».

Bugani, dall’altra parte, rifiuta di tornare su «storie trite e ritrite», lascia intendere che si tratti di argomenti pretestuosi e ricorda che una parte del Movimento di Bologna voleva la sua espulsione anche solo per «aver partecipato a una Festa dell’Unità» a settembre 2020. «Gli attacchi verso Bugani sono continui e personali da parte di chi vuole solo avere visibilità», commenta Danilo Di Lorenzo, attivista bolognese del M5s, vicino al capogruppo. La contesa, come ha già anticipato Bugani, verrà probabilmente risolta con un voto sulla piattaforma Rousseau. Ma non è escluso che gli scontenti, anche dopo la consultazione, possano proporre una loro lista civica senza il simbolo del Movimento 5 stelle.

Il centrodestra

Andrea Ostellari, deputato leghista a commissario del Carroccio in Emilia ha parlato in un’intervista al Resto del Carlino di «Stati generali della Lega con le forze civiche» per le comunali bolognesi. Nel centrodestra più che un candidato si fa strada un profilo: un moderato, una figura non aggressiva, che non spaventi una città tradizionalmente più spostata a sinistra. Alla descrizione corrisponde il nome, spesso evocato, di Gian Luca Galletti, ex ministro dell’Ambiente nei governi Renzi e Gentiloni. Galletti, ex Udc, a ottobre ha fondato l’associazione “Bologna civica”, con Giancarlo Tonelli, direttore di Confcommercio Ascom nel capoluogo. Per ora l’ex ministro non vuole parlare di candidature potenziali e lascia che siano altri a farlo al suo posto.

 

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