Alla fine l’operazione per portare Elisabetta Belloni a Palazzo Chigi per occupare la casella lasciata vuota dall’ambasciatore Francesco Talò è in salita. Talò è stato l’unico a pagare per la gestione dilettantistica della burla telefonica ordita dai due comici russi, Vovan (Vladimir Kuznetsov) e Lexus (Alexey Stolyarov), abilissimi ad aggirare il muro di sicurezza attorno alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha parlato per una mezzoretta al telefono di affari di stato convinta che il suo interlocutore fosse il presidente della Commissione dell’unione africana, Moussa Faki.

Nella voragine che si è aperta, per il ruolo di consigliere diplomatico, la pazza idea di piazzare Belloni, attuale capo del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, ufficio strategico e di coordinamento dei servizi segreti italiani), come ipotizzato da Domani si è arenata presto. L’operazione nel cassetto di Alfredo Mantovano, sottosegretario con delega ai servizi segreti, sarebbe servita non tanto a premiare Belloni, con cui i rapporti sono tutt’altro che idilliaci, ma a liberare la casella, appunto, del Dis così da sistemare un fedelissimo di Mantovano.

Il governo deve fare i conti con un profilo autorevole come quello di Belloni, stimatissima da Meloni, che certo non ha tra le sue priorità l’uscita dal Dis. È anche vero però, che potrebbe decidere di lasciare, confermano qualificate fonti vicine al dossier, per un doppio ruolo arricchito con un incarico ulteriore rispetto a quello di consigliere di Chigi. Solo così peraltro riuscirebbe a colmare un gap di stipendio notevole: la carica di consigliere a Chigi non le garantirebbe la stessa cifra che percepisce al vertice del Dis.

Piano Mattei

Per questo, secondo le stesse fonti, il negoziato tra Mantovano e Belloni è avvenuto. Ma lei ha avanzato una richiesta «importante», la definiscono fonti di Chigi. Irricevibile per il governo perché avrebbe portato a una frizione con altri membri dell’esecutivo, che hanno mire per la stessa nomina proposta da Belloni.

Si tratta, cioè, della governance della struttura di missione del fantomatico piano Mattei sull’Africa, tanto mitizzato da Meloni. Un decreto ne stabilisce le linee guida, con la creazione di una struttura di missione e la previsione di ben tre direttori generali. Belloni, quindi, potrebbe accettare di prendere il posto di Talò, o quantomeno rifletterci sul serio, soltanto se il governo decidesse di affidarle anche la struttura di missione del piano Mattei. Un organismo che ha in dotazione ogni anno quasi tre milioni di euro e che diventerebbe il cuore pulsante della campagna d’Africa del governo. Secondo molti questa opzione non si realizzerà mai.

C’è chi fa notare, per esempio, che il ministro degli Esteri Antonio Tajani non permetterebbe mai l’approdo di Belloni nella struttura di missione: un po’ perché il feeling tra i due non è mai decollato, ma soprattutto perché ha intenzione di nominare una sua persona di fiducia. E visto che la delega è in mano sua, farà di tutto pur di imporre lui la sua scelta. «Potrebbe fare un passo indietro solo se Meloni decidesse di imporre Belloni, ma deve arrivare dalla premier, non da Mantovano», sottolinea una fonte della Farnesina. Se per alcuni la questione Belloni è chiusa, per altri la partita è ancora aperta. In queste ore, molti addetti ai lavori ricordano un fatto: Belloni rinunciò anche alla presidenza dell’Eni pur di stare al Dis.

Aisi nel mirino

Di certo però il tentativo non è passato inosservato all’interno del comparto dell’intelligence. Le tre agenzie Dis, Aise e Aisi sono concentrate a garantire la sicurezza nazionale in un contesto internazionale di guerre, interferenze esterne, rischio terrorismo islamico che ritorna dopo l’attacco di Hamas in Israele il 7 ottobre scorso. Lasciare scoperta una casella come quella del Dis in questo momento è ritenuto un azzardo. «Prevarrà la responsabilità», dice chi conosce bene il comparto. Anche perché Mantovano non avrebbe ancora trovato un nome autorevole da piazzare al posto di Belloni. È probabile che il governo aspetti dunque la scadenza naturale degli incarichi delle tre agenzie. Se a Belloni non verrà data la struttura di missione, e quindi non andrà neppure a Chigi, il suo mandato al Dis scadrà nel 2025. Quello di Giovanni Caravelli, invece, capo dell’Aise, il reparto di 007 che si occupa delle minacce esterne, finirà nel 2026. Cosa diversa è Mario Parente, il primo a terminare, a giugno 2024, dopo otto anni all’Aisi. Su questa nomina quindi si vedrà davvero la prima scelta di peso del governo.

I nomi in ballo sono molti, e la partita è ancora lunga. In pole, però, c’è certamente Giuseppe Del Deo, l’attuale vicedirettore, ex ufficiale dell’esercito molto vicino all’attuale ministro della Difesa. Non è detto che Mantovano condivida il suggerimento, difficile che non voglia giocare una sua partita, visto che Crosetto non ha neppure competenza su quell’Agenzia. Ma Del Deo è stimato trasversalmente dentro FdI (Salvini ha altri candidati). Si vedrà.

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