Da un lato la delega fiscale chiusa in corsa entro la pausa estiva con lo slogan del «fisco amico» delle imprese. Dall’altro l’abolizione del reddito di cittadinanza per 169mila persone di cui la maggior parte in Sicilia, Campania e Lazio e rinvio del salario minimo. Sintetizzate così, le politiche del governo di Giorgia Meloni indicano una traiettoria chiara: la premier guarda al nord e parla a imprenditori e partite Iva, mentre è disposta a sacrificare il centro e soprattutto sud.

Sulla carta la scelta sembra poco in linea con quello che viene considerato l’elettorato storico di Fratelli d’Italia, che è nato come piccolo partito romanocentrico e che si è allargato al sud incorporando ciò che rimaneva della destra sociale. Leggendo i sondaggi, invece, emerge come Meloni stia assecondando quello che sta diventando il suo elettorato di riferimento.

«La presidente del Consiglio ha molto più consenso al nord che al sud», spiega il presidente esecutivo dell’Istituto Piepoli, Livio Gigliuto. Secondo le ultime rilevazioni, infatti, «attualmente la fiducia media nei suoi confronti è al 50 per cento. Ma scorporando il dato per aree territoriali emerge che la media si compone di un 42 per cento di consenso nel sud e isole e del 58 per cento al nord, con un picco nel nord est».

Segno che i quasi dieci mesi di governo hanno fatto perdere a Meloni quella netta connotazione capitolina che effettivamente emergeva nei sondaggi di qualche anno fa e che hanno preceduto la sua elezione.

E le scelte politiche verso cui ha orientato il governo sono interpretabili come una conseguenza: grande attenzione nei confronti del tessuto produttivo con sgravi fiscali e delle libere professioni. Certo, la delega fiscale resta per ora una cornice e ci vorrà del tempo per riempirla di contenuti attraverso la scritture dei decreti attuativi. Ma il segnale rimane forte e chiaro. Ed è indirizzato a una specifica platea di elettori settentrionali.

Del resto il partito della premier ha avuto una rapidissima crescita nell’area del nord, come hanno dimostrato da ultimo anche le elezioni regionali in Lombardia, dove Fratelli d’Italia ha guidato la coalizione di centrodestra con uno schiacciante 25 per cento contro il 16 della Lega. Anche questo dato, però, è il frutto di una tendenza esplosa con le politiche dello scorso settembre, quando FdI ha raccolto il 27 per cento in Lombardia e Piemonte, e anche di più nel nord est, con il 32 per cento in Veneto e Friuli-Venezia Giulia, dove è diventato il primo partito.

Il nord-est

Proprio il Triveneto e il nord est sta diventando il forziere di voti di Fratelli d’Italia, sulla scia del trend di settembre 2022. Si racconta che all’epoca la stessa Meloni non credesse alle promesse dell’attuale ministro alle Imprese, Adolfo Urso, plenipotenziario del suo partito in Veneto, che le prometteva di surclassare la Lega.

Invece la scommesa l’ha vinta Urso ed è stato exploit in una delle regioni simbolo del partito di Matteo Salvini. A favorire la crescita di Fratelli d’Italia in un territorio storicamente leghista e senza avversari credibili sul fronte del centrosinistra, è stata soprattutto la crisi di identità della Lega e il tentativo di trasformare il “partito del nord” in una forza politica nazionale.

Così, l’elettorato che alle regionali si è schierato in massa con il leghista di vecchia scuola autonomista Luca Zaia, alle politiche ha preferito, al sovranismo salviniano, il piglio di Meloni.

E il trend favorevole a FdI non si sta esaurendo, anzi. «I sondaggi collocano Fratelli d’Italia intorno al 30 per cento a livello nazionale. La classifica territoriale dei consensi vede il centro Italia al primo posto, seguito però proprio dal nord est, poi nord ovest e sud e isole come fanalino di coda», aggiunge Gigliuto. Secondo i sondaggi, questo processo sarebbe iniziato nel periodo finale del governo Draghi e Meloni, arrivata a palazzo Chigi, lo ha cavalcato.

Anche questo spiegherebbe l’abbandono delle politiche per il sud, dai tagli al Pnrr alla cancellazione del reddito di cittadinanza, evidentemente considerate sacrificabili rispetto alle richieste del ceto medio del nord. Meloni ha preferito buttarsi sul cosiddetto elettorato produttivo, «che ha risposto al profilo più internazionale ed europeista con cui la premier si è presentata nelle prime uscite pubbliche da capo del governo», conclude Gigliuto.

Con il rischio, però, di mettere in discussione quella che è stata la cifra storica di Fratelli d’Italia, e le sue radici nella destra sociale, allargando la forbice tra meridione e settentrione che proprio il Pnrr dovrebbe ridurre.

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